Che cosa succede se la spesa dello Stato diminuisce e le tasse, invece, aumentano o, bene che vada, restano immutate?

Elementare, Matteo.

Famiglie e imprese vedranno il rubinetto della spesa pubblica restringere la portata, e lo scarico delle tasse invece ingurgitare sempre lo stesso quantitativo di acqua, o anche un po’ di più: nel lavandino, dunque, la liquidità sarà ovviamente inferiore. Ergo, ci saranno meno soldi. Di qui: più disoccupati. Più aziende chiuse.

Il Documento Economia e Finanza presentato nei giorni scorsi dal governo Renzi, purtroppo – nonostante l’imponente rumore di fondo che lo dipinge come una “svolta”, addirittura, in sprezzo alle parole, “rivoluzionaria” – resta invece un passo che segue la maratona ultraventennale precedente. Nessun cambio di marcia, anzi: solo una nuova accelerazione nella stessa strada.

PIU’ TASSE (LO SCARICO) CON RENZI Ci affidiamo alle cifre ufficiali scritte nel documento e non a propaganda spicciola. La pressione fiscale prevista da Renzi-Padoan nel 2014, si legga pagina 21, sarà del 44%, in aumento rispetto al 43,8% del 2013. E persino per il 2015 non si prevede una diminuzione della tassazione complessiva: 44%.

MENO SPESE (IL RUBINETTO) CON RENZI Il taglio previsto in realtà è di dimensioni relativamente ridotte: il totale spese compresi gli interessi scenderebbe dal 51,2% del Pil al 51%.

IL DENARO SPARISCE. PERCHE’? Cosa accade al denaro (ricchezza finanziaria) che scompare? Se l’insieme delle tasse aumenta dello 0,2% del Pil e le spese diminuiscono per un ulteriore 0,2%, dove va a finire quello 0,4%? Nella nostra metafora della liquidità monetaria, lo 0,4% viene sottratto dall’economia reale (lavoratori, imprese, famiglie) che è la nostra vasca, e viene versato in un’altra vasca, quella finanziaria. Tecnicamente la seconda vasca di chiama “Avanzo Primario” e nel 2014 peserà per il 2,6% del Pil, rispetto al 2,2% del 2013. Più austerità, dunque. Pagina 21: da 34,72 miliardi a 40,68 miliardi. Significa che quasi il 3% di quel che produciamo scomparirà dalla circolazione economica, dai consumi e quindi dal lavoro (denaro che scompare davvero, non equiparabile alle mitologie della corruzione, della spesa pubblica improduttiva, dell‘evasione fiscale: in ogni caso questa è ricchezza che resta nel circuito economico).

Se inoltre capiamo che tutto il denaro circolante non è più, come ai tempi della lira, di proprietà monopolistica dello Stato (prima dei vincoli europei pre-euro) ma è gravato da un rapporto di debito/credito a cui anche lo Stato è direttamente sottomesso, ecco che altri 82 miliardi sono una spesa per interessi passivi non eliminabile né gestibile da nessun governo. L’Italia è una repubblica fondata sui mercati finanziari.

L’aumento dell’Avanzo Primario mette Renzi-Padoan in linea con i governi che li hanno preceduti (anzi: in ottima posizione) nei due decenni precedenti: stiamo parlando della più grande sottrazione di ricchezza reale da imprese, lavoratori e famiglie a cui sia stata sottoposta mai l’Italia. Le lancette dell’orologio girano all’indietro.

INVESTIMENTI CIAO L’unica nota positiva, purtroppo solo parzialmente, è quella degli investimenti pubblici, che salirebbero nel 2014 dal 2,7 al 2,9%. Parzialmente positiva perché nelle previsioni governative anche questa voce di spesa dovrà essere ridotta nel medio periodo (fino al 2,3% nel 2018). Il che contrasta – ma è solo uno dei tanti casi – con la Premessa dell’introduzione del Def: “Utilizzare tutti gli spazi di flessibilità esistenti nel Patto di Stabilità e Crescita e per rendere possibile, mantenendo le finanze pubbliche in ordine, un rilancio degli investimenti pubblici produttivi“. Un ossimoro utopico smentito, ovviamente, dagli stessi estensori.

EUROSTYLE Renzi il rivoluzionario ha dunque confezionato il pacco perfetto: gli impegni in sede europea dell’Italia sono ben più serrati di quelli con i quali si era concluso il governo Letta, tanto da rispettare non più il 3% di rapporto deficit/Pil, ma il 2,6% (dato privo di logica economica), e senza battere un colpo. Qui in Italia si parla di Senato, auto blu, stipendi dei manager. Un rumore di fondo dietro al quale si cela una nuova restrizione austera con le privatizzazioni finali, benedette infatti da Germania, Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale. Non a caso.

Purtroppo una volta che si accetta di fissare il rapporto debito/pil e si accetta di aumentare l’Avanzo Primario così come richiesto da Olli Rehn, il resto è solo maquillage. Non è un governo sovrano, è soltanto un funzionario burocratico che esegue altrui direttive.

E SE IL PIL Renzi-Padoan fanno di conto stimando una crescita del Pil dello 0,8%. Un rimbalzino dopo quasi tre anni di recessione che però tutte le altre fonti stimano minore (il Fmi, ad esempio, è allo 0,6%: e anche il Fmi, in questi anni, è stato spesso molto ottimista). Ad ottobre il governo aveva una previsione del +1,1% sul 2014. Va avanti così da anni: previsioni gonfiate e poi riscritte. Il problema è che se una nazione viene vincolata con margini di deficit così stringenti, una minima variazione, quasi indifferente per chi è fuori dall’euro, costringerà a manovre correttive nel corso dell’anno. Seppur ridotte.

MODERAZIONE SALARIALE Che l’austerità sia la stella polare di Padoan – è come dire che la disco music sia la musica preferita di Tony Manero – è fuor di dubbio. Nel Def infatti si auspica più volte che i salari non crescano. Virgolettiamo: “La crescita della produttività, unitamente alla prosecuzione della moderazione salariale, favorirebbero il rallentamento del costo del lavoro per unità di prodotto”. La moderazione salariale è un requisito essenziale per sopravvivere nell’Eurozona. Infatti nella realtà uno Stato che impone alta tassazione e non fa investimenti pubblici a causa dei vincoli imposti da Berlino, non può aiutare le imprese ed ecco cosa accade. Pagina 1, pagina 2“(nel 2013) Nonostante il contenimento dei salari, il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) è aumentato riflettendo la crescita nulla della produttività“. Elementare, Matteo.

SURFIN’ USA Cosa vi dicevano le mamme nei primi tempi della scuola? Impara da quelli più bravi. Invece Renzi-Padoan seguono i monelli degli ultimi banchi. Non che non lo sappiano. Pagina 1: “Nel 2013, il PIL e il commercio mondiali hanno registrato rispettivamente un incremento del 2,9 per cento e del 2,6 per cento, entrambi in leggera decelerazione rispetto all’anno precedente. Nell’area dell’euro, l’evoluzione positiva dell’economia nella seconda parte dell’anno non è stata sufficiente ad impedire una contrazione dello 0,5 per cento del PIL (Italia -1,9%, ndr) e un ulteriore aumento del tasso di disoccupazione al 12,1 per cento (Italia 13%, ndr). Le cause vanno ricercate nella debolezza della domanda interna, che ha risentito delle politiche fiscali restrittive, e nelle difficoltà di aumentare l’offerta di credito alle imprese nonostante la politica monetaria espansiva adottata dalla Banca Centrale Europea (è l’economia reale in crisi e dunque non è possibile fare credito a chi non potrà onorarlo, ndr). Negli Stati Uniti, si è registrata una crescita del PIL dell’1,9 per cento e un’ulteriore contrazione del tasso di disoccupazione (7,4%)“.

MENTRE L’INGHILTERRA NON DORME Il passaggio sull’analisi del Regno Unito è sintomatico dell’ottusità dei nostri governanti, tecnici e burocrati che da una vita eseguono indirizzi da altri decisi. Non serve scrivere oltre rispetto al Def, perché basta questo per dimostrare l’impossibilità di una minima svolta reale e non solo a parole, anagrafe o camicia sbottonata giovanile.

Pagina 14: “Nel corso del 2013, il Regno Unito ha proseguito nella politica di sostegno ai redditi, estendendo gli sgravi fiscali sui redditi delle persone fisiche e riducendo ulteriormente le aliquote di imposta sui redditi delle imprese (dal 26 al 24 per cento) per arrivare nei prossimi mesi al 21 per cento (e al 20% a fine anno, ndr), misure queste avviate nel 2012. Significative, inoltre, le nuove misure di sostegno alle famiglie (per esempio, per l’acquisto delle abitazioni, mense scolastiche gratuite, etc.). Tali misure, se da un lato contribuiscono a sostenere l’economia reale, dall’altro impattano negativamente sui saldi di finanza pubblica. Il rapporto deficit/PIL, pur beneficiando della ripresa economica (trainata dalla forte domanda interna) , si attesterebbe nel 2013 al 6,3 per cento, in lieve peggioramento rispetto all’anno precedente (6,1%). (…) Il rapporto debito/PIL, come per la Francia, è in crescita dal 2008: in cinque anni risulta più che raddoppiato, attestandosi nel 2012 all’88,7 per cento, ed è previsto in aumento anche nel 2013 e 2014 (arrivando al 93,4%)“.

Peccato che nel Regno Unito sappiano come funziona una moneta sovrana. Cosa che Renzi-Padoan ignorano.