Eccoci qui: dal 1992 al 2012 gli italiani hanno versato 620 miliardi di tasse superiori all’ammontare della spesa dello Stato: 620 miliardi di avanzo primario (o anche saldo primario), benedetto da tutti gli economisti mainstream e dai loro politici di riferimento. L’obiettivo di tanto sadismo? Entrare nei parametri di Maastricht (1992) ed essere dentro l’eurozona. Nonostante l’immane sforzo, l’Orco Cattivo dei nostri tempi, l’Antipaticissimo Debito Pubblico, è passato da 958 a 2 mila miliardi di euro. Non c’è verso, eh? Per la cronistoria, vai al termine dell’articolo*.

UN PROBLEMA, TANTE RISPOSTE Non esiste un solo modo per affrontare un unico problema. Ogni soluzione ha vinti e vincitori: di seguito, cercheremo di proporre la soluzione a favore del 99%, o forse qualche frazione in più.

STATO ATTUALE: EURO E AUSTERITA’ Se in questi 20 anni non si fossero “rubati” 620 miliardi dalle tasche dei cittadini, avremmo un debito pubblico di 2.600 miliardi, quindi nel 2012 avremmo pagato circa 115 miliardi di interesse anziché una novantina. Tuttavia, va detto, in tutti questi anni avremmo avuto consumi superiori per 620 mld, che equivalgono ad un centinaio di miliardi di Iva, e poi Irpef, Irpeg, nuovi assunti, imprese che non avrebbero chiuso. Capitolo lungo, ad ogni modo si tratta di una base tra l’1 o al 2% del Pil, più l’effetto moltiplicatore, sottratta alla ricchezza degli italiani. So cosa vi dicono i politicanti da quattro soldi. Ma la realtà è che tutto questo serve perché “scopo del debito pubblico non è di garantire la spesa pubblica ma di fornire investimenti sicuri“: lo si scrive chiaramente, sul Financial Times, e il virgolettato è della Bank of International Settlements, “la superbanca delle Banche centrale”. Lo scopo dello Stato è di fornire titoli di stato sicuri ai grandi investitoriAnd you, pay.

3% L’Italia nella zona euro è stato il paese più penalizzato dai vincoli di bilancio: per questo l’enorme sforzo è servito, essenzialmente, a riempire di lire prima ed euro poi i forzieri di lor signori. Il debito deve convergere verso questo fantomatico 60% del Pil (il che non significa nulla, così come oggi sappiamo che nessun Re è designato dalla Provvidenza Divina). Fino al 2007, prima della Grande Recessione, erano stati destinati alla riduzione del debito pubblico 270 miliardi di euro, per portare la percentuale dal 121,8% del 1994 al 103,6% del 2007. Venti miliardi di euro all’anno sottratti alla circolazione privata per 13 anni.

TESORETTO SPRECATO? Nessun tesoretto dunque, nessun “dividendo euro”. Questa favola la lasciamo ai plurilaureati. Ne abbiamo già parlato qui: gli interessi sono scesi in tutto il mondo. Ora il problema è che la contrazione del debito pubblico in rapporto al Pil, con una moneta straniera quale l’euro, deve essere pagata dai cittadini con tasse e tagli alla spesa. Oltre quei 270 miliardi di cui sopra, altri 350 sono semplicemente finiti in pagamento degli interessi sul debito. Quando poi le cose sono cambiate a causa del crack finanziario, il castello è saltato. Monti, Rehn, Merkel hanno la stessa identica ricetta per vincere la sfida con l’Orco Cattivo: meno spesa, tasse invariate, o anche aumentate, riduzione di salari e stipendi, esportazioni con riduzione consumi interni. La via del Bangladesh. L’evidenza li ha sconfitti, ma non molleranno. E questo impone o un cambiamento dei paradigmi fin qui adoperati, o il perseverare sugli stessi (buona fortuna).

CON L’EURO E i vincoli attuali, però, non c’è alternativa, e non ci sarà neppure per il prossimo governo che li accetterà. Il debito pubblico, da saldo contabile, è diventato lo strumento attraverso il quale sottrarre potere a masse di popolazione sottoposte a shock informativi ed economici. Punto.

NEL 1980 Nonostante l’inflazione indotta dalla quadruplicazione dei prezzi del petrolio (si era al 21%), un italiano medio risparmiava il 25% del proprio reddito, e così fino al 1991. Gli operai compravano case anche per i figli. Si facevano vacanze di un mese. Oggi, con le regole dell’austerità, abbiamo una inflazione del 3% ma gli stipendi salgono solo dell’1,5%; il mercato immobiliare è fermo; il risparmio è crollato al 6%, le famiglie in dieci anni hanno aumentato i loro debiti del 140%, quasi tutti intaccano i risparmi di una vita, o sono sul punto di giocarsi i 9 mila miliardi di euro di risparmio privato nazionale, la ricchezza sulla quale sono puntate le fauci delle corporation internazionali che tengono in pugno i finti leader politici italiani. Mentre noi ce la sbattiamo per 4 miliardi di Imu.

NEL 1978 Sarebbe stata la Banca Centrale, esclusiva monopolista della moneta, a fissare il tasso di interesse; a bloccare l’espansione del deficit negativo, quello per interessi. Ed è quello che dobbiamo chiedere a gran voce, subito. Inutile chiederlo alla Bce. Dal 1946 al 1981 il tasso reale di interesse è stato di -1,5%; dopo, circa 4%. Vogliamo tornare al denaro sudato con il lavoro e  garantito dall’ingegno e non dalla pura speculazione. Il tasso naturale di interesse è zero.

CHI CI HA GUADAGNATO I 620 miliardi rubati agli italiani sono andati per il 43% all’estero (quasi tutte banche estere), quindi circa 250 miliardi sono espatriati; il 3,7% alla Banca d’Italia; il 26,8% ad istituzioni finanziarie (banche, assicurazioni) italiane; il 13% (circa 80 miliardi) sono tornati direttamente nella disponibilità di privati cittadini italiani, ovviamente per lo più delle classi medio-alte.

VERO FURTO Siamo abituati ad ascoltare parole come “la corruzione ci costa 60 miliardi”, “l’evasione fiscale ci costa 120 miliardi”. In realtà per quanto disdicevoli e da perseguitare legalmente, queste voci (i cui importi sono poi da verificare) rappresentano una partita di giro interna con vinti e vincitori. I 620 miliardi di avanzo di bilancio 1992-2012 sono invece una precisa scelta politica: sono soldi sottratti veramente ai cittadini e scomparsi dalla circolazione dell’economia vera per garantire alla grande finanza.

Aver trasformato il debito pubblico da puro dato contabile a cappio reale attorno al collo della società italiana è la più grande responsabilità della classe politica dell’ultimo trentennio. Nessuno, però, sta chiedendo scusa. A tal proposito val la pena di citare le parole dell’ex ministro del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, riportate dal Corriere della Sera nel 2003: “Nell’Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev’essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere“. Sì, è stato un ministro del “centrosinistra”: ecco perché non vincono mai.

FUTURO Gli impegni sottoscritti nel 2012 dal governo Monti fanno felice Draghi, garante del pagamento degli interessi degli italiani. Un po’ meno felici gli italiani. Con il pareggio di bilancio in Costituzione i circa 30 miliardi annui fin qui pagati dagli italiani saliranno a circa 90 (per coprire del tutto la spesa per interessi), con il Fiscal Compact dal 2015 si salirà a circa 140 (per abbattere il debito…). Con l’Iva al 23%, l’inflazione al 2%, una trentina di miliardi di tagli e altrettanti di dismissioni del patrimonio pubblico, ce la si fa. Se poi si è poveri, chi se ne frega.

 

*Nel 1992 gli italiani hanno pagato 14,5 miliardi di euro più di quanto lo Stato abbia speso per servizi. C’era il governo Amato, la super-finanziaria, della Dc e del Psi e Tangentopoli, tutte insieme. Tutte insieme soprattutto al cambio semi-fisso al quale era stata costretta da anni la lira: insostenibile. Così, indossando vestiti inappropriati, iniziano le crisi finanziarie moderne. Anzi: vengono fatte iniziare.

Poi, nel 1993, la cifra è salita a 21,5 miliardi, con Ciampi e nel 1994, con il primo governo Berlusconi e la Seconda Repubblichetta 20,1 miliardi, quindi di seguito, quasi 40 miliardi nel 1995 con l’altro tecnico Lambertow Dini, addirittura 46 l’anno successivo con l’Ulivo di Prodi, per arrivare alla batosta del 1997: c’era da entrare in Europa coi conti in ordine, e gli italiani pagarono 69 miliardi di euro più di quanto lo Stato avesse loro concesso con i servizi (strade, sanità, scuole, giustizia, ordine pubblico, finanziamenti alle imprese, pensioni…).
Ma non bastava: 1998, arriva l’ex comunista D’Alema e mentre si bombarda la Serbia di nuovo 55,6 miliardi a vantaggio dello Stato, nel 1999 torna Amato e si supera, altri 55 miliardi, quindi nel 2000, sospinti dall’ultimo boom della new economy negli Stati Uniti, altri 65,5 miliardi che dal settore privato nazionale entrano nelle tasche dello Stato. L’ultimo anno della lira vede ancora 40 miliardi scomparsi dai portafogli di operai, imprenditori e studenti e finire nelle casse pubbliche, sotto gli occhi del Dottor Sottilissimo, mister 31 mila euro al mese di pensione, l’Amato.
Arriva l’euro, e i vincoli con i quali l’Italia viene soggiogata continuano: gli italiani si ritengono sporchi, brutti e cattivi, non ancora Maiali, e quindi la tosatura continua: 35 miliardi “del nuovo conio” nel 2002, 21,4 nel 2003, 16,7 nel 2004, 4,3 nel 2005, il tutto sotto la regia di Silvio II da Arcore. Nel 2006 torna Romano II da Bologna, e il ritmo riaumenta, perché, è incredibile, il centrosinistra è più finanziarizzato del centrodestra: 19,3 miliardi nel 2006, ben 54 nel 2007, fino a 37,7 nel 2008, quando, con Silvio III, il mondo cambia (non per merito o colpa sua, ma qualcosa accade dalle parti di una strada chiamata Wall, a New York).
Il mondo cambia e per la prima volta dal 1992 il governo Silvio III-Tremonti deve allentare la morsa: difatti nel 2009 è lo Stato che concede una piccola mancia, pari a 11,8 miliardi; praticamente si fa pari e patta l’anno successivo (356 milioni dallo Stato a favore dei cittadini), per poi, con l’avvento dell’Austerità nuda e cruda che Silvio III non riusciva ad imporre ad un Parlamento sgangherato, corrotto (ladri di polli) e tramortito dai referendum del giugno 2011, tornare a menare duro su una economia nazionale in Grande Recessione: altri 15,6 miliardi di euro nel 2011, ben 44,9 previsti nel 2012 e addirittura a crescere, 63,8 nel 2013 e record dei record, 71,8 nel 2014. Professor Monti, record dei record: l’ultima tosatura, per restare Nudi&Vegeti.
Se tutti questi numeri vi hanno annoiato, sappiate che si tratta del “Saldo Primario” dello Stato italiano dal 1992 al 2012, e la somma complessiva è di circa 620 miliardi di euro (escluse le previsioni future: si arriverebbe a 750 circa).