ACQUAVIVA PICENA – Una via a Mariano Vulpiani. Lo ha deciso l’amministrazione acquavivana che lo scorso 21 marzo ha approvato la delibera di giunta numero 43, facendo leva sulla richiesta dell’omonima associazione. Le celebrazioni avverranno mercoledì 24 aprile, con il coinvolgimento degli alunni del locale Istituto scolastico comprensivo.

Acquavivano, Vulpiani nacque nel 1899 e morì presumibilmente nel marzo 1944, vittima della violenza dell’esercito nazifascista. Il suo corpo non fu mai ritrovato. In quanto originario della zona del Colle, si è ritenuto di dedicargli l’attuale via del Forno, compresa tra l’arco del Colle Cimino e l’incrocio con via Del Cavaliere.

L’intervento, che comprende tra le altre cose l’acquisto della targa in terracotta e la stampa di manifesti ed inviti, costerà complessivamente 700 euro. Il Comune provvederà inoltre a comunicare ai residenti dell’area la variazione di onomastica, in seguito all’approvazione delle autorità competenti.

Già nel 2010 il movimento “Per la memoria storica, Mariano Vulpiani” spinse per l’ottenimento del riconoscimento, tuttavia i buoni propositi vennero rallentati dalle titubanze dell’allora primo cittadino Tarcisio Infriccioli.

La sua storia, con epilogo tragico, fu raccontata da Luigi Torquati proprio su questo giornale: “Vulpiani possedeva un pezzo di terreno nei pressi dell’Abbadetta. Un giorno, nella baracca degli attrezzi fece rifugiare degli anti-fascisti. Prima di andarsene vi lasciarono delle armi, dicendo che sarebbero tornati a ritirarle. Mariano, percependo la pericolosità della situazione, le sotterrò. Ricevette però la visita di un federale fascista, accompagnato da due soldati tedeschi. Gli fu chiesto dove avesse nascosto le armi. Lui negò seccamente la loro esistenza. Lo caricarono su un camion e portato in un vecchio casolare di campagna. A quel punto i militari tornarono dai Vulpiani, ponendo un tranello al figlio diciassettenne Teodoro. Gli dissero: E’ stato tutto risolto, tuo padre è libero, ma tu dicci dove sono nascoste le armi. Le trovarono e pure Teodoro e il fratello Gioacchino vennero trasferiti al casolare. Rividero il padre, che nel frattempo veniva interrogato e torturato per far sì che rivelasse i nomi dei partigiani. Dopo tre-quattro giorni, i figli non videro più tornare Mariano. Era stato ucciso, dato che si era rifiutato di fare la spia. Quando furono rilasciati, i parenti cominciarono a cercare il cadavere del padre. Passati diversi anni riuscirono a riconoscere la zona della prigionia. Un agricoltore li informò della presenza di una fossa comune dove i cadaveri dei dissidenti venivano gettati. Nonostante ciò non ritrovarono i resti di Vulpiani. Allorché il contadino rivelò che una signora si era venuta a riprendere un corpo, che aveva identificato come quello di suo marito. Ma le caratteristiche fisiche e degli abiti coincidevano e si convinsero che in realtà quello fossero le spoglie di Mariano”.