Francesco Merloni, presidente della Fondazione Marche, ex parlamentare per sei legislature e rappresentante della famiglia che più di ogni altra ha impersonificato il “modello marchigiano”, mi ha dato lo spunto per approfondire alcune delle sue dichiarazioni.

Con rispetto ma senza deferenza: quella che si deve ad un uomo di 87 anni ma ancora pieno di energie, come ha sottolineato durante l’incontro con la stampa Carlo Ciccioli, candidato per Fratelli d’Italia al Parlamento.

“Il lavoro lo deve creare il privato, non lo Stato, che deve pensare alle infrastrutture e alle liberalizzazioni” ha detto Merloni.

La frase è assolutamente condivisibile se affrontata in maniera superficiale. Tuttavia Merloni ha vissuto le fortune dell’impresa familiare (ho studiato ad Economia, ad Ancona, e la famiglia Merloni era portata ad esempio di azienda territoriale, dove inizialmente persino gli orari di lavoro venivano fatti conciliare con la stagionalità dei mezzadri del Fabrianese) in una epoca dove una frase del genere sarebbe suonata male.

In Italia da vent’anni lo Stato non solo “non crea lavoro”, ma lo distrugge: è costretto a tassare più di quanto spenda.

Prendiamo la frase “lo Stato deve pensare alle infrastrutture”. Pronunciata nella Provincia picena, dove i due centri principali, Ascoli Piceno (52 mila abitanti) e San Benedetto del Tronto (48 mila) per creare un minimo di infrastrutture urbane sono costretti – come dappertutto – a svendere porzioni cittadine.

Ad Ascoli la riqualificazione di un’area urbana come quella occupata dalla ex Sgl Carbon (una impresa tedesca che ha provocato un inquinamento del suolo) avviene attraverso la concessione di 300 mila metri cubi di costruzioni; per la messa a norma dello stadio Del Duca si sta procedendo ad una “richiesta di intenti” verso i privati, che ovviamente saranno disposti ad intervenire in cambio di cubature o servizi.

A San Benedetto il glorioso vecchio stadio Ballarin, oramai in stato di decadenza, vede l’ipotesi di un intervento di una impresa di costruzioni che potrebbe realizzare, in area portuale, un palazzone di 48 metri. Addirittura per un esiguo sottopassaggio ferroviario per biciclette e pedoni, non ci sono fondi, per cui c’è il rischio di altre “cubature”. Non parliamo del nuovo lungomare: servono milioni di euro, tra le ipotesi è concedere i parcheggi a pagamento ad un privato per 30 anni, e magari vendere scuole di proprietà comunale.

Esistono modi per evitare tutto questo?
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Li vediamo nel mondo, oggi, pur se molto più timidi di come necessario. E di come possibile. Li abbiamo visti in Italia, quando le aziende di Merloni conquistavano davvero i mercati.

L’impulso all’industrializzazione era, occorre dirlo, pubblico. “Occorre dirlo” perché è male che vi siano superstizioni che guidino le scelte; “occorre dirlo” senza timore di ridicole accuse di bolscevismo, perché oltretutto quelle politiche furono adottate, in Europa Occidentale, proprio per evitare che il comunismo reale prendesse il sopravvento: quando si era capito che con la pancia piena il popolo non avrebbe mai abbracciato alcuna rivoluzione, allora la pancia doveva essere piena per evitare guai maggiori.

Lo ripete intelligentemente infatti Bruno Dardani, vicedirettore di Capo Horn, mensile diretto dal neoliberista Oscar Giannino, nel numero di dicembre: “A ridatece l’Iri”. Pensare che il sistema-Italia rinasca per partenogenesi in un mercato mondiale aperto e con nazioni che praticano il neoliberismo dittatoriale e ambientalmente distruttivo è equivalente a convincersi che la Romania di Ceaucescu fosse un luogo dal radioso futuro.

L’Unione Europea in alcuni settori progettuali di alto livello stima un moltiplicatore delle risorse stanziate pari anche a 1 a 12, 1 a 14. Lo stesso Ministro Passera ottenne titoli a prima pagina quando parlò di 80 miliardi di euro a seguito di investimenti pubblici di pochi miliardi (solo 1, alla fine; era fumo negli occhi, sì). Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto tutte le sue precedenti ipotesi

Ma se invece di finanziare progettini o piccoli interventi anche validi come corsi per studenti, ristrutturazioni di palazzi storici o di riserve naturali, l’Unione Europea finanziasse le infrastrutture urbane senza il ridicolo apporto attuale? Se nelle Marche vi fossero 1, 3 o 5 miliardi di euro all’anno per opere urbane (quindi non autostrade, ferrovie, banda larga, eccetera) come stadi, piazze, lungomari, aree verdi?

Fermi tutti. Rispondo alle vostre domande. Prima: i soldi non ci sono.

Negli Stati Uniti, oggi, la banca centrale sta immettendo 85 miliardi di dollari al mese, e lo farà fin quando la disoccupazione non sarà scesa al di sotto degli obiettivi previsti (6,5%). Il Giappone, invece – nonostante ovvi problemi dovuti ad una economia impostata troppo sull’export – ha deciso di rispondere alla crisi con una immissione di denaro impressionante, pari a circa 170 miliardi di euro che dovrebbe dare un impulso del 2% al Pil e generare la creazione di 600 mila posti di lavoro.

L’Europa teutonica, invece, si è vietata tutto questo. Come se un allenatore vietasse al proprio portiere di parare il pallone con le mani.

Cosa accadrebbe se gli stadi di San Benedetto ed Ascoli, il lungomare, i sottopassaggi, le riqualifazioni urbane fossero finanziate come sopra descritto (ma realizzati da privati, s’intende) anziché da volumetrie assegnate ai privati?

Accadrebbe questo:

1. avremmo due aree a norma, sicure, riqualificate e moderne: le due città “varrebbero di più”;

2. avremmo lavoro per imprese private, per indotto di operai, tecnici;

3. l’investimento pubblico iniziale sarebbe oltretutto compensato dall’imposizione fiscale seguente, come dimostrato dagli studi (senza dimenticare che questo è un non-problema in condizioni di piena sovranità monetaria);

4. non avremmo inflazione aggiuntiva perché la nuova quantità di moneta immessa sarebbe pari al valore delle opere realizzate;

5. la moneta, libera di fluttuare nel mercato dei cambi (come lo è l’euro nei mercati mondiali ma non avviene più in Europa dal 1979), potrebbe anche rafforzarsi perché il capitale economico nazionale aumenterebbe (preferite possedere una moneta che può comprare infiniti servizi e beni oppure una moneta di una regione desertica?). Ad ogni modo, la moneta fluttuerebbe liberamente, senza ansie particolari.

E probabilmente potrebbero nascere nuove Ariston, nuove Indesit o loro eredi d’altro genere grazie ad un mercato nazionale vivo e vegeto e non steso a terra come oggi.

Nessuno può obiettare che i cinque punti sintetizzati non siano veri. Qualcuno farebbe obiezioni superstiziose o politicamente demagogiche. A molte persone, ai piani alti, darebbe fastidio la facilità con cui si potrebbe diventare benestanti. Inizierebbero a disobbedire in troppi ai dogmi di Francoforte (o Roma, o Arcore, o Varese, o Piacenza).

Perderebbero il guinzaglio ora ben saldo al collo.

La politica purtroppo non è in grado di concretizzare queste verità in schemi progettuali in quanto mancano le basi per divulgarle al pubblico al quale, da anni, viene ripetuto che “lo Stato è come una famiglia”. E i politici che sanno queste cose, non sanno nemmeno come spiegarle.

Non esiste più un vocabolario della verità, bisogna mentire per farsi ascoltare. Non è piacevole essere creduti pazzi, specialmente per chi deve prendere la maggioranza dei voti.

Da bambini tutti abbiamo vissuto un trauma quando abbiamo saputo che Babbo Natale non esiste. La reazione di un popolo intero potrebbe essere un rifiuto violento e ingestibile.

Ps. Lo so, avete un’altra domanda. Ma cavolo, chi farà impresa se le tasse sono così alte? No, possiamo togliere subito il 5% di imposizione fiscale ben calibrata (l’Iva, riportarla subito al 18-19% anzichè il 22%, le tasse sul lavoro, subito ridotte) e non diventeremmo, improvvisamente, il Ciad (con tutto il rispetto). Anzi, saremmo un modello invidiato in questa stupida Europa. Alla prossima, ci aggiorniamo.

Ps2. Ops, correggendo ho capito che avete un altro grande dubbio. Ed è questo: “ma così chissà quante ruberie”.  Posto che sarebbe ora che le spese per appalti pubblici fossero dichiarate in tempo reale (lavoriallostadiodelduca.com, ecco l’elenco di tutti gli importi delle fatture emesse e degli stipendi pagati e tutto quanto si prevede di pagare come da business plan risultato vincente), non sapevo che queste cose accadessero sul pianeta Marte.

Ps3. No, proprio non vi va bene? D’accordo. Ma guai ad alzare i ditini contro i vostri amministratori, d’ora in poi.