Succede l’incredibile (si fa per dire).

Un giornalista ospita a casa sua il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio, il Presidente della Banca Centrale Europea nel bel mezzo di una crisi politica oltre che economica gravissima.

Passano due giorni e il giornalista pubblica un articolo, capace di influenzare qualche milione di lettori, dal magniloquente titolo “Napolitano, Letta, Draghi, lo scudo Italia-Europa“, in cui afferma con candore “Letta (…) Napolitano e Draghi (…) sono i nostri tre punti di forza, che hanno l’Europa come obiettivo preminente per l’avvenire di tutti. Se questa realtà è chiara, occorre operare, ciascuno nell’ambito delle sue competenze, affinché si realizzi“.

Il giornalista è Eugenio Scalfari, firma storica di Repubblica. Che sia stato pizzicato dal Fatto Quotidiano ad ospitare una cena con le massime cariche italiane ed europee, per poi incensarle con un suo articolo, non depone a suo favore: se non altro i lettori vorrebbero sapere invece qualche pensiero del Tridente entrato a casa sua, magari perché Draghi telefonò a Napolitano proprio poche ore prima che quest’ultimo si inventò le commissioni di saggi per prender tempo e poi affidare proprio a Letta la formazione del governo impossibile (scoop rivelato dal giornalista del Corsera Federico Fubini oggi passato proprio a Repubblica). Non ne sappiamo invece nulla, e un giornalista reticente non è un giornalista.

I giornalisti dovrebbero essere i “cani da guardia” del potere, invece Scalfari il potere lo invita a cena e poi lo alliscia, tanto che non si capisce, in questi casi, chi sia il padrone e chi il cane (probabile che il Tridente, chez Scalfari, abbia agito come cane da guardia del giornalismo).

A parte l’attacco a Berlusconi (il coraggio di chi spara alla Croce Rossa, ma ci sta), Scalfari compie un incredibile errore di posizionamento e scopre ingenuamente la sua vera posizione politica: reazionaria – seppure, ovviamente e formalmente, rispettosa delle istituzioni repubblicane, o di quel che ne resta.

Nell’articolo Scalfari, infatti, cita un intellettuale tedesco dell’800, Frederich Hebbel.

Il virgolettato è tutto un programma: “La massa non fa progressi“.

Ora, senza toccare la filosofia e il merito della citazione, Scalfari ammette di non credere che gli italiani possano migliorare la loro situazione culturale, politica e sociale. Essendo Repubblica, il giornale da lui fondato e diretto, di chiara ispirazione “progressista”, ecco che il suo fondatore dichiara apertamente di non credere nel “progressismo”.

Scalfari si butta più a destra non tanto del Pd attuale, e neppure del Pci della sua giovinezza, ma anche della Democrazia Cristiana.

Scalfari disprezza il popolo perché lo ritiene egoista, ignorante, incapace di comprendere la complessità del mondo. Per questo le decisioni devono essere prese in segreto da ristrette élite, che, nel nostro caso, sono il Tridente e lo stesso Scalfari.

Ecco perché l’Unione Europea, l’Eden delle élite non elette (metodo Monnet) ad avere il potere, lo affascina così tanto.

Si legga: “Quanto alle masse, esse mantengono la loro natura attraverso lo scorrere del tempo (ovvero per Scalfari restano grette e, peggio, immutabilmente tali, ndr); nel caso specifico continuano ad essere affascinate e sedotte dalla demagogia, dalle promesse sempre riaffermate e mai mantenute (questo ovviamente è valido per il Pdl quanto per il Pd, ndr), delle quali è intessuta la storia d’Italia nei decenni e addirittura nei secoli che stanno alle nostre spalle. Gli individui possono cambiare ed evolvere, le masse no (purezza reazionaria, ndr); i loro comportamenti sono ripetitivi e i voti incassati dal Pdl e da Grillo ne sono la prova. Ancora una volta la demagogia seduce identificando in un singolo uomo la sorte di un intero Paese, mentre lo spirito critico che dovrebbe essere il lievito della democrazia si rintana nell’indifferenza e nel prevalere degli interessi particolari su quello generale”.

Ora, che il Pdl e Grillo abbiano dei lati oscuri è chiaro, ma non è questo il punto che vorrei approfondire. Il punto è che chi vota o simpatizza per Pdl e M5S è “massa che non fa progressi”, feccia umana, ammaliata dalla demagogia. Chi scrive potrebbe dire, a sua volta, di essere stato ammaliato dalla demagogia di chi si presenta come serio, pacato e competente, ma poi indirizza la fiducia raccolta a tutt’altro scopo rispetto a quello manifestato pubblicamente.

Chi invece sta dalla parte del Tridente, è illuminato, cosciente ed “esercita spirito critico”. Una generalizzazione di tal genere è violenta e non corretta perché ognuno di noi conosce persone critiche o indifferenti siano esse di destra, sinistra, centro o vattelappesca.

Scalfari sa che tutti i poteri, anche e soprattutto quelli che lui ospita in casa, sono intrisi di demagogia. La demagogia è lo strumento con il quale si crea il consenso di massa nelle società moderne, e lo adoperano Silvio, Grillo come Monti e Bersani. E sa che l’unico modo per ridurre il potere della demagogia è quello di dare alle “masse” strumenti per comprendere come il Potere – anche e soprattutto quello che è talmente potente da essere ospitato nelle case dei giornalisti ottenendo silenzi e anzi plausi dagli ospitanti -agisca.

Nelle società liquide che viviamo occorre decostruire e ricostruire continuamente gli strumenti critici: per questo l’antiberlusconismo oggi è del tutto desueto e inutile.

Se sappiamo da Duemila anni che è meglio diffidare dei farisei, sappiamo anche che ai giorni nostri il Politicamente Corretto costringe il Male ad apparire come Bene e dunque la “lotta” a favore delle masse “ignoranti” è difficile come mai in precedenza, e forse impossibile data la sproporzione dei mezzi e la mutevolezza del Male/Bene.

Scalfari è impegnato però nel compito opposto. Ed è un peccato perché, nella sua posizione, sarebbe un insider formidabile. Che almeno lo si sappia.