L’Argentina nazionalizza l’industria petrolifera e butta fuori spagnoli e italiani
di Sergio Di Cori Modigliani
“Che bello vivere in un mondo dove non esiste più la guerra fredda. E sarebbe ancora più bello vivere in un mondo in cui non esiste neppure la guerra. Per il momento prendiamo atto che c’è la guerra calda e quindi ci adattiamo al territorio. Si tratta, pertanto, di interessi strategici nazionali, perché si tratta di difendere gli interessi della nazione e il futuro e il destino dei nostri figli e nipoti. Così si costruisce la base della democrazia diretta. E’ bene che chi ha orecchie senta molto bene, perché si volta pagina. Le nostre risorse, la nostra ricchezza, la nostra industria, i nostri prodotti, sono prima di tutto: nostri. Cioè degli imprenditori e dei lavoratori. Delle nazione. E lo Stato ne garantisce la sovranità e li cautela”.
Sembra un bollettino di guerra, e infatti lo è.
E’ la prima parte di un discorso ufficiale della presidente della Repubblica Argentina, Cristina Kirchner, nel quale, ieri mattina 16 aprile, ha annunciato l’espropriazione e la nazionalizzazione definitiva dell’azienda “Yacimientos Petroliferos Fiscales” meglio nota come YPF, la cui contrastata e discussa gestione apparteneva alla iberica Repsol, di proprietà del governo spagnolo e gestita da una holding europea finanziata dalla BCE attraverso la compartecipazione di Banco Santander. Banco de Bilbao, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banca Popolare di Milano, Societe General, Credit Agricole, Eni, Deutsche Bank.
“Un gravissimo colpo per l’economia spagnola e per l’Europa, un atto incivile che noi protestiamo e che porteremo sul tavolo della prossima riunione giovedì 19 aprile del Fondo Monetario Internazionale” ha dichiarato Rubèn Soquera di Repsol a Madrid.
Axel Kicillov, vice-ministro dell’economia è ufficialmente la persona incaricata dal punto di vista tecnico-fiscale a gestire il passaggio delle quote, di cui il 51% andrà al Banco de la Naciòn e il 49% andrà alle regioni nelle quali si trovano i pozzi petroliferi. Il prezzo stabilito dagli spagnoli si aggira sui 18 miliardi di euro, mentre il calcolo effettuato dagli argentini (va da sé) è di molto inferiore e il prezzo definitivo sarà l’unico punto sul quale si svolgerà la discussione. E’ stata presentata, infatti, una legge in parlamento che verrà approvata con una maggioranza totale, intorno all’88%: tutti i partiti eletti l’appoggiano.
Julio de Vido, ministro della Pianificazione sociale e dello sviluppo economico ha dichiarato: “Per cinquecento anni gli europei, prima con i conquistadores, poi con le banche italiane, poi con l’esercito inglese e infine con la finanza speculativa gestita dalla BCE e da Wall Street, hanno rubato al popolo argentino le risorse naturali di oro, argento, petrolio, zucchero, limoni, acqua, soia, pellame, per costruire la propria ricchezza spropositata con un’ottica schiavista e miope, tant’è vero che l’Europa sta affondando schiacciata in una crisi che non ha sbocchi. E’ arrivato il momento che le nazioni si riapproprino della sovranità nazionale dando al popolo la proprietà di ciò che è loro: i prodotti del territorio nazionale. Lo Stato si fa garante e gestisce le risorse come bene comune da condividere per avere i soldi e lanciare un piano di grandi massicci investimenti per la costruzione di lavoro, occupazione e ripresa”.
E’ con questo atto (meticolosamente preparato e – con grande effetto politico – presentato pubblicamente alla vigilia dell’incontro internazionale di Washington del Fondo Monetario Internazionale) che la Kirchner si prepara al suo viaggio in Usa, dove va a scontrarsi con il suo nemico pubblico n.1: Christine Lagarde, presidente del Fondo.
L’annuncio ha gettato nello scompiglio la borsa di Madrid, perché la Repsol perde l’8,2% e la società italiana Tenaris quotata a Milano va sotto del 4,5%, essendo la Tenaris impegnata come società delegata alla tecnica di estrazione e raffinazione del greggio.
Attraverso quest’atto, l’Argentina ha calcolato che risparmierà 8 miliardi di euro nei soli sei mesi del 2012 e 22 miliardi nel 2013. I 30 miliardi così ottenuti verranno investiti per la costruzione di grandi opere di infrastruttura nelle sei regioni dove c’è petrolio. In un messaggio a sorpresa (annunciato soltanto qualche ora prima) la presidente ci ha tenuto a comunicare la scelta direttamente alla nazione in un messaggio diramato su tutte le televisioni, sia in terrestre che in satelittare digitale. Il progetto è stato definito “Soberanía hidrocarburífera de la República Argentina”, (sovranità nella gestione degli idrocarburi della Repubblica Argentina) e sostiene che “l’obiettivo primario consiste nell’essere totalmente autosufficienti nel settore energetico per garantire la libertà, l’indipendenza e il diritto all’esercizio della sovranità dello Stato centrale. Ci tengo a precisare che il fine ultimo non consiste nella nazionalizzazione bensì nel recupero immediato della sovranità e controllo delle risorse prodotte dai singoli territori nazionali”.
L’impatto di tale atto ha prodotto una gigantesca scossa tellurica nel settore economico in tutto il continente, soprattutto nelle nazioni più povere del Centro-America, Ecuador, Guatemala, Honduras, Costa Rica, dove le multinazionali statunitensi e italiane sono proprietarie del 95% della produzione locale di banane, mangos, ananas, per produrre i succhi di frutta che l’occidente beve e che poi distribuisce con i propri marchi nazionali.
A conclusione del discorso, la Kirchner, in conferenza stampa ci ha tenuto ad aggiungere la chicca demagogica che sta diventando il fiore all’occhiello del Sudamerica e del Mercosur (sarebbe il corrispondente sudamericano dell’Unione Europea: Argentina, Cile, Bolivia, Paraguay, Uruguay, Perù, Brasile e Venezuela) ricordando con enfasi che “l’Argentina è per il momento l’unico ma speriamo soltanto il primo di una lunga lista di paesi al mondo che non importa nulla dalla Cina perché noi produciamo in patria. Nel nostro territorio non esiste nessun manufatto sul quale è scritto made in China: noi siamo umanamente, politicamente e culturalmente contro lo schiavismo che abbiamo sempre combattuto e seguiteremo a combattere sempre. Siamo per l’autodeterminazione dei popoli e per il ripristino della sovranità nazionale”.
Due giorni fa, il ragionier ultra-liberista Mario Monti ha fatto sapere che non parteciperà alla riunione internazionale del Fondo Monetario.
In Argentina (e in tutto il Sudamerica) la notizia è stata abbondantemente commentata come una manifestazione di debolezza e vigliaccheria dell’Italia come nazione.
“Hanno paura di presentarsi a un dibattito internazionale. Sanno di essere esposti. E’ iniziata la rivolta degli schiavi. E’ la fine di un’epoca. Monti e i suoi amici possono esibire soltanto e unicamente le impietose cifre di un colossale fallimento economico, politico, culturale che sta mettendo in ginocchio il Mediterraneo uccidendone la grande civiltà. Ma soprattutto esistenziale. In Europa si suicidano. Da noi si va a ballare il tango esaltati dal senso ritrovato di una identità nazionale”. Così si legge nell’editoriale di Pagina ½, la più radicale pubblicazione argentina che per lunghi anni è stata la fiera opposizione intellettuale contro la Kirchner ma che ha cominciato ad appoggiarla da un anno a questa parte, da quando la presidente ha scelto e deciso di andare da sola all’attacco del Fondo Monetario Internazionale e della Bce: è proprio guerra dichiarata.
Notoriamente vezzosa, avida di scarpe e costosi abiti dei migliori sarti francesi, la Kirchner (che è femminista) intervenendo a un seminario sul lavoro femminile e sulla parità di genere dei salari, fortemente sollecitata a dare un’opinione sulla Lagarde, ha detto: “Ragazze, non pungolatemi troppo. Ciascuno fa le proprie scelte. Posso dire soltanto una cosa, ma è una mia opinione: non sa vestirsi e non ha gusto”.
Il che, detto e inviato a una aristocratica signora nata e cresciuta a Parigi, è davvero clamoroso.
Non vi è dubbio: è iniziata la rivolta degli schiavi.
Come dire. Il sud del mondo bussa alla porta del ricco Settentrione.
E non è certo un caso che tutto ciò avvenga nella più meridionale nazione del pianeta Terra, più sotto c’è soltanto il polo sud.
Ma per il momento, gli iceberg sembrano aggirarsi nel Mar Mediterraneo.
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Vorrei capire se sono poco informato oppure se la notizia è stata evitata dai media più importanti dolosamente.Perchè se l’Argentina ha questa nuova consapevolezza culturale ed economica porterà con sè anche Brasile Cile Venezuela e tutto il Sudamerica da sempre sfruttato dall’Occidente e per l’Europa saranno c…i.Io tifo per la Kirchner e contro la Lagarde che ci sta portando alla fame, anche perchè spero che tutto questo distrugga la UE e noi si torni ad essere indipendenti dai “mercati” finanziari per sviluppare gli altri mercati: quello del pesce locale del’Adriatico, della frutta e verdura locale biologica, dell’artigianato locale artistico dove… Leggi il resto »
La notizia ha avuto il suo spazio pur se non grandissimo dai media nazionali. Repubblica.it http://www.repubblica.it/economia/2012/04/17/news/nazionalizzazione_repsol-33431731/. Più interessante Dagospia http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/dopo-la-gran-bretagna-per-le-falklands-ora-tocca-alla-spagna-dichiarare-guerra-allargentina-38007.htm. Trovo poco sul Corriere, forse colpa mia http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Economia/Repsol-Ypf-pronto-progetto-espropriazione-Argentina-avra/16-04-2012/1-A_001425398.shtml
La gara è aperta tra “libero mercato” (anche se si tratta di multinazionali gestite dalla grande finanza) e interessi nazionali. Il punto (come da titolo) è che se l’Argentina vince questa battaglia (non è Gheddafi, non è Chavez) probabilmente si apre un effetto domino in tutto il Sudamerica e chissà se oltre. Si risolverà tutto senza una guerra?
Era inevitabile che prima o poi ci fosse questa presa di coscienza e questa “rivolta degli schiavi”; era strano prima, quando un grande paese come l’Argentina si faceva depredare di risorse naturali rilevanti e addirittura arrivava alla bancarotta finanziaria, pur avendo ricchezze notevoli sul suo territorio…
Ormai “nisciuno è fesso”, e a breve mi aspetto un analogo atteggiamento della Cina, che avrebbe conseguenze ben più drammatiche.
L’occidente ha esternalizzato quasi tutta la produzione industiale e si è abituato ad essere sommerso di prodotti cinesi a bassissimo costo.
Sinceramente non ho capito questo commento: “Era inevitabile che prima o poi ci fosse questa presa di coscienza e questa “rivolta degli schiavi”” bastava che l’argentina creasse una suna oil&energy company (accetto anche la partecipazione statale) e concorresse con le 7 sorelle del petrolio per aggiudicarsi le concessioni e i diritti di estrazione come avviene nei regimi di libero mercato, come ha Fatta l’Italia con l’ENI ai tempi di Mattei! Uno Stato che usurpa a degli investitori esteri diritti e concessioni è uno stato ladro e comunista in cui si opprimono i diritti e lo Stato di Natura. “Ormai “nisciuno… Leggi il resto »
L’Argentina è un paese grande 4 volte l’Italia, con una popolazione di 40 milioni di persone. Possiede grandi risorse naturali, e una enorme capacità produttiva in agricoltura e carne. Ti pare possibile che pochi anni fa ha dichiarato default, e aveva milioni di persone ridotte alla fame che stavano innescando una emigrazione di ritorno in Europa? In realtà c’era un gap enorme tra economia reale e finanziaria che produceva storture, avvantaggiando i paesi occidentali creditori. Riappropriandosi della sovranità sulla moneta e sulle risorse naturali, ha rilanciato alla grande la sua economia, e nazionalizzando le sue risorse petrolifere non fa che… Leggi il resto »
Io trovo l’azione dell’Argentina profondamente anti-democratica: vogliono riacquisire un asset ritenuto strategico, bene che facciano un’OPA sui mercati come fanno tutte le compagnie private!!! Una nazionalizzazione del genere è degna del peggior regime dittatoriale di stampo socialista, è un abuso che va contro il mercato! Un altro discorso è la sovranità della moneta che è tutto un discorso che fa capo alla UE. Per il discorso della Cina devi ringraziare sempre la UE che grazie alla PAC ha distrutto l’agricoltura in Italia e ci ha privato di uno dei settori che se la Cina crescerà nei consumi potrebbe trainare molto… Leggi il resto »
Alessandro, tra l’OPA e la nazionalizzazione c’è una differenza sostanziale: nel primo caso il prezzo lo fa il mercato, nel secondo lo fa lo stato che nazionalizza, con un atto di imperio che a te appare illiberale, ma che potrebbe anche essere un atto di rivalsa contro precedenti sfruttamenti. Per chiarirti il mio pensiero: -Chi sono gli “schiavi”? Sono i paesi del terzo mondo o emergenti che ci forniscono materie prime, mano d’opera e manufatti a bassissimo costo. -Chi sono i fessi? Non sono i fautori del libero mercato, quelli semmai sono i “furbi”: i fessi sono gli stessi paesi… Leggi il resto »
L’imperativo categorico è la ricerca dell’efficienza, ci sono PMI in grado di farlo che battano la concorrenza e crescono, ci sono aziende che non lo fanno ed è giusto che il mercato le lasci fallire. Lo stesso vale per le nazioni: se siamo stati amministrati per 20-30 anni da incapaci è fisiologico che adesso ci troviamo a pagar pegno! Nazionalizzare compagnie estere in virtù di essere stati sfruttati in passato lo vedo come un discorso inutilmente populista: in Italia per 30 anni abbiamo sperperato risorse finanziarie per nostra incapacità e pretese insostenibili di welfare trovandoci adesso uno dei più grandi… Leggi il resto »
Cosa c’entra l’Italia con quanto ho affermato sull’Argentina? Non penso assolutamente che la ricetta dell’Argentina, che è un paese emergente ricco di risorse naturali, si possa applicare all’Italia che è in una fase di decadenza ed è pure priva di petrolio e materie prime “nazionalizzabili”. Certamente capisco il punto di vista Argentino: hanno petrolio, agricoltura, carne, un vastissimo territorio, e hanno fatto letteralmente la fame per anni. Non mi sento di condannarli assolutamente. Secondo me il futuro globale deve diventare più equo e sostenibile, mettendo al bando lo sfruttamento iniquo sia delle risorse naturali che della mano d’opera del terzo… Leggi il resto »
Quello che sostieni è troppo arbitrario e non ha fondamento nel diritto degli Stati democratici. Più equo cosa significa? E’ un arbitrarietà… solo il mercato può essere equo perchè premia gli sforzi di chi si impegna e punisce le incompetenze!
L’equità è un concetto morale, ma non direi che è arbitrario, anzi trova numerose applicazioni proprio nelle legislazioni dei paesi democratici. Da noi il lavoro minorile è vietato, l’orario di lavoro è ben delimitato, i minimi stipendiali pure, le condizioni di sicurezza e di igiene devono essere garantite, ecc. ecc. L’estrazione di materie prime deve superare vincoli ambientali e salubrità delle condizioni di lavoro. E’ una contraddizione totale se poi le nostre aziende delocalizzano per abbattere i costi andando in paesi che calpestano i suddetti diritti, oltre che determinano un impoverimento del nostro tessuto economico e sociale locale e una… Leggi il resto »
Secondo me la stai buttando in “cagnara” ;) mischiando concetti che hanno poco a che fare tra di loro. Mi parli di equità e tiri fuori il discorso del lavoro minorile…. l’equità ha a che fare con la distribuzione della ricchezza e poco a che fare con i diritti dei cittadini.
Ogni nazione si può organizzare come ritiene più opportuno, ma ti pare una cosa difficile fare una legge europea anti dumping commerciale magari inventandosi una certificazione per il lavoro minorile (una sorta di nuova ISO)? Perchè non si fa? Prevalentemente perchè non è l’interesse prioritario di chi deve legiferare…..
Niente cagnara, tranquillo :-). Semplicemente trovo la tua posizione stranamente troppo estremista nel sostegno all’idea del libero mercato, mentre le storture dello stesso sono evidenti. Di solito hai posizioni molto più equilibrate, ma è chiaro che ne sei veramente convinto ed è giusto che ti esprima in proposito liberamente. Secondo me non è equo qualsiasi scambio in cui una parte è molto più debole e priva di tutele, e gli occidentali non legiferano contro lo stato di fatto perché traggono vantaggio da questi scambi iniqui, da cui il discorso degli “schiavi” che nel lungo periodo temo ci si ritorcerà contro.… Leggi il resto »
Per chi inneggia alla “rivolta degli schiavi”: nel 1976 l’allora presidente della fu Republica de Venezuela, (oggi chiamata Republica Bolivariana de Venezuela), Carlos Andres Perez fece un discorso simile alla nazione all’atto di nazionalizzare l’industria petrolifera venezuelana. Con la cacciata di Shell, Chevron, Esso e compagnia bella, anche allora si crearono grandi aspettative in quella nazione ed in tutte quelle appartenenti al cosidetto “terzo mondo”. Bene, nulla di tutto quello che fu promesso si è mai verificato ed anzi, proprio a seguito di quell’atto sciagurato, iniziò il declino di quella che allora era la più florida economia del Sud America… Leggi il resto »
Ebbene si!
Piacevoli gli approfondimenti. Però Alessandro pecchi di idelogia: ” Solo il mercato può essere equo perchè premia gli sforzi di chi si impegna e punisce le incompetenze”. Non credo che un negoziante possa competere con Lidl o Carrefour. Eppure i profitti che prima restavano nelle nostre città adesso vanno a Berlino o Parigi, bene che va a Bologna, ma, che dico, probabilmene te vanno in paradisi fiscali esentasse… Così una impresa italiana non può competere con una cinese e thailandese perché la concorrenza, che è una buona cosa quando si basa sulla tecnologia, sul risparmio di materie prime, sull’organizzazione del… Leggi il resto »
Intanto separiamo gli effetti della Finanza sul mercato (movimentazioni di capitali, speculazioni….) da quello che è l’economia ed il mercato reale. Poi non ho detto che i mercati non debbano essere regolati (importantissimo) ma che proprio in virtù di una regolamentazione uno stato non può fare quello che vuole! Lo stato è un garante, un legislatore, un arbitro ma non un attore economico.
No, dipende. Se uno Stato decide di essere un attore economico, nessuno glielo può vietare. Se decide di esserlo come dittatura (Gheddafi, ad esempio) è un conto. Il caso argentino fa molta più paura perché è una nazione che si è ribellata al Fmi, l’ha mandato a quel paese, è una democrazia anche se affetta da peronismo (Cristina ha questa sindrome probabilmente anche se in forma benigna), ha deciso questa operazione con circa il 95% dei voti favorevoli del Parlamento (appena 70 deputati…) e una opinione pubblica tutta favorevole. Poi ci sarà una questione legale con la Repsol, di certo.… Leggi il resto »
Significa solo autocrazia, e nel mondo moderno significa peggio del default!!!
La Globalizzazione non è il male!
La situazione è sempre più ingarbugliata, altro che!
Prima pagina di El Pais on line, ore 21 1° maggio http://economia.elpais.com/economia/2012/05/01/actualidad/1335887717_799794.html
La guerra delle Falkland dovrebbe insegnare qualcosa all’Argentina (la maggior parte della sua gens proviene dall’Europa)… soprattutto se le regole internazionali vengono interpretate e manipolate a proprio uso e consumo…