MILANO – Si è spento stamattina 6 novembre a Milano Enzo Biagi. Uno dei pochi giornalisti intellettualmente onesti della storia contemporanea, ha dedicato la sua vita all’informazione. Il primo articolo lo scrisse a 17 anni e fino all’ultimo, dall’alto dei suoi 87 anni intrisi di storia e di esperienze, ha voluto avere come punto di riferimento per le sue giornate il raccontare la cronaca e la quotidianità di un’Italia dalle mille sfaccettature e controversie. «E’ rimasto fino all’ultimo il cronista che conoscevo – ha affermato Ferruccio De Bortoli, direttore del Sole24Ore, che è stato uno dei primi a vedere la salma di Biagi stamattina – Se avesse avuto un blocchetto, sono sicuro che avrebbe raccontato anche questi giorni».

Già, perché il dovere di cronaca ha sempre costituito per Biagi un compito ineludibile. Aveva vissuto come un regalo della vita la possibilità di riprendere negli ultimi mesi il proprio lavoro come giornalista anche televisivo. Quel lavoro che tanto amava e da cui era stato ingiustamente allontanato durante il governo Berlusconi, che lo aveva accusato di fare del “terrorismo mediatico”. Biagi si distingueva per la semplicità del linguaggio e per l’acuto spirito critico, che gli permetteva di avvicinare all’informazione anche coloro che non avevano dimestichezza con i termini oscuri o importanti usati da molti suoi colleghi. Nel corso della sua vita ha incontrato capi di Stato, Papi, rivoluzionari e dittatori, quasi tutti i personaggi che hanno una menzione sui libri di storia contemporanea, colloquiando con ognuno di essi di grandi questioni attraverso parole semplici e immediate. Negli ultimi anni, quelli in cui la morte della figlia e della moglie lo avevano lasciato in una profonda solitudine interiore, aveva continuato a raccontare la realtà, descrivendola però attraverso la propria esperienza personale, attraverso una visione più intimistica. Ogni episodio legato alla politica, all’economia, ai fatti di cronaca erano sempre ricollegati ad un aneddoto o a una citazione di qualche persona, nota o meno, incontrata sul lungo sentiero della sua vita: insegnamenti di un uomo che aveva vissuto i vari periodi dell’Italia, dalle guerre alle lotte partigiane, al boom economico agli anni del terrorismo, e che vedeva oggi tanti uomini ripetere nello stesso identico modo molti errori che lui aveva già raccontato in epoche diverse.

Sul petto ha voluto il distintivo dello storico movimento antifascista Giustizia e Libertà, due valori di cui parlava sempre e in cui ha sempre creduto, per i quali spesso è stato un personaggio scomodo.

I funerali si svolgeranno giovedì a Pianaccio, il suo paese natale sulle montagne dell’appennino emiliano, spesso citato dal giornalista come un approdo sicuro in cui tornare ogni volta, e dove avrebbe posto il suo ultimo tranquillo riposo accanto alla moglie e alla figlia.