ROMA – La buona scuola? Sì, forse nel 2061. Data tristemente plausibile dato il contesto, inventata con la logica che portava Orwell a battezzare “1984” il suo romanzo scritto nel ’48.

Calzante l’osservazione di Diego Fusaro sul Fatto del 6 marzo: “La riforma della ‘buona scuola’ non cessa mai di stupirci. E non solo per il suo nome: che, nella miglior tradizione orwelliana, chiama le cose con i nomi invertiti (‘la guerra è pace’, ‘la schiavitù è libertà’)”.

Appunto, “la scuola è buona”. Ma spiegatelo agli esclusi dal “concorsone” 2016, quanto agli ammessi, logorati da anni e anni di precariato e comunque, come i primi, con un grande punto interrogativo al posto del futuro. Almeno per ora.

È sul piede di guerra anche l’Anief, che già nel 2012 aveva avuto la meglio sul Miur in Consiglio di Stato (allora il concorso aveva cercato di bloccare i laureati dopo il 2002).

L’Associazione Nazionale Insegnanti E Formatori ha da poco messo a disposizione un modello di domanda cartacea, da presentare entro il 30 marzo, al fine di avviare ben 15 tipologie di ricorso e chiedere l’ammissione alle prove scritte al concorso 2016 di: Laureati, Dottori di Ricerca, Diplomati Accademia, Conservatorio, ISEF, Docenti di Ruolo, Laureandi SFP, ITP, Abilitandi PAS e AFAM, Abilitati Estero, Specializzandi TFA Sostegno, Diplomati magistrale-linguistico, Educatori (per aderire: www.anief.org/index.php?option=com_anief&view=categoria&id=86&Itemid=1146).

“Nell’imporre questa sorta di preselezioni forzate a discapito soprattutto dei non abilitati – ha spiegato il presidente dell’Anief Marcello Pacifico – il Ministero dell’Istruzione ha commesso un grosso errore. Perché ha dimenticato che un cittadino che si è diplomato o laureato per insegnare non può essere escluso dal concorso più importante per chi vuole svolgere proprio quella professione. Siamo convinti delle nostre ragioni, a tutela dei docenti estromessi con troppa leggerezza. I precedenti in tribunale ci danno buone speranze per proseguire nella nostra battaglia, a tutela della giustizia”.

Il 26 febbraio sono stati pubblicati i tre bandi di concorso a cattedre per assegnare 63.712 posti. L’ufficio legale Anief vi ha riscontrato errori significativi, tanto da decidere di avviare ben 15 diverse tipologie di ricorso al Tar Lazio, per far ammettere alle prove anche i tanti candidati illegittimamente esclusi dalla riforma.

In primo luogo i laureati con il titolo di accesso valido per l’insegnamento, spesso inseriti nella terza fascia delle graduatorie d’istituto, a volte anche in possesso del titolo di dottore di ricerca e con più di 36 mesi di servizio alle spalle.

Poi i diplomati presso le Accademie delle Belle Arti o i Conservatori equiparati, ma anche i possessori del diploma Isef o Itp (insegnanti tecnico-pratici), da sempre ritenuto titolo valido dal Miur ma spesso non oggetto di specifiche selezioni concorsuali.

Non potevano poi mancare i laureandi o specializzandi Sfp o Afam o Pas, che stanno per conseguire un titolo a qualche mese dalla scadenza delle domande di partecipazione; i docenti abilitati che stanno frequentando il corso di specializzazione per il TFA sostegno; gli abilitati all’estero in attesa del riconoscimento del titolo in Italia.

Il sindacato presenterà ricorso per far ammettere anche gli educatori esclusi dalla primaria (in codici ministeriali: i PPPP potranno partecipare alla selezione per gli EEEE).

Forse dovrà ricorrere persino chi ha conseguito un’abilitazione con riserva della sentenza di merito (sebbene per il Consiglio di Stato ne abbia diritto), ma l’Anief sta già vigilando che tutte le operazioni di partecipazione al concorso per questa categoria di abilitati siano svolte con regolarità e nel pieno rispetto dei loro diritti. Al momento non sono stati esplicitamente esclusi e possono regolarmente compilare il modello online di partecipazione al concorso.

“Alla luce di quanto sta accadendo al Miur e nelle aule di tribunale – concludeva l’anno scorso il presidente Pacifico, che forse già intuiva come sarebbe andata a finire – da Viale Trastevere farebbero meglio a convocare il nostro giovane sindacato, prima dell’emanazione del nuovo bando di concorso promesso entro l’anno dal ministro Giannini. Prevenire è meglio che curare, e soprattutto è meglio non soccombere nelle aule dei tribunali. Visto che le spese a carico dell’erario, dovute a queste cause andate perse, non sono di certo indifferenti”.

Messaggio non pervenuto.

Come quello di Orwell, del resto: “Siamo impegnati in un gioco in cui non possiamo vincere. Alcuni fallimenti sono migliori di altri, questo è tutto”. E per noi, è anche troppo.

Neanche l’immaginifico Ministero della Verità aveva osato chiamare i fallimenti… “riforme”.