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SAN BENEDETTO DEL TRONTO-Forse non tutti lo sanno ma a San Benedetto c’è una piccola e singolare comunità, una comunità di sportivi e di appassionati che per fare lo sport che amano percorrono migliaia di chilometri e spendono centinaia di euro ogni anno. E sono anche bravi, tanto da essere una delle poche eccellenze fra gli sport di squadra in città.

Stiamo parlando degli hockeisti, giocatori di hockey a rotelle che forse vi sarà capitato di vedere, mentre corrono, o meglio pattinano dietro a un disco(o “puck” in gergo tecnico) il tardo pomeriggio al pattinodromo “Panfili” di Via delle Tamerici, poco lontano dalla statua del pescatore per intenderci.

L’hockey a rotelle o hockey in-line è uno sport relativamente giovane che nasce in Svizzera sul finire degli anni ’80 mentre in Italia si organizzano campionati nazionali dal 1997 prima sotto l’egida della Fisg (Federazione Italiana Sport del Ghiaccio) oggi organizzati invece dalla Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio (Fihp). Considerato il “cugino povero” dell’hockey sul ghiaccio che tanto seguito ha in Canada, Usa e in Nord Europa è comunque uno sport che conserva molto di quest’ultimo in termini di regole “anche se non c’è il contatto fisico estremo e quasi violento che vediamo in NHL per esempio” ci spiega Adriano Vallorani, che da anni gioca per i Pattinatori Sambenedettesi.

Assistere a un loro allenamento è un’esperienza particolare, se non altro per il fatto che, in una società “calcio centrica” dove persino sport come il basket o il tennis che possono vantare un seguito enorme nel mondo vengono considerati sport minori, vedere un gruppo di persone con pattini, “armature” e stecche in centro città  è quantomeno estemporaneo, insomma passerebbero sicuramente più inosservati in una qualunque città nordamericana.

Dicevamo però che questi ragazzi sono bravi in quello che fanno, lo testimonia la Coppa di Lega vinta nel 2005 e  la categoria in cui giocano, quella A2 in cui militano da “ormai cinque anni ininterrotti” ricorda con orgoglio lo stesso Vallorani.

Se da un lato è forte l’orgoglio per una passione difesa con i denti, dall’altro però c’è da fare i conti con una realtà che a volte è dura e spietata. Il perché ce lo spiega Romolo Bugari, presidente e, a 60 anni, ancora giocatore per i Pattinatori. “L’assenza di una struttura coperta in città per gli allenamenti e soprattutto le partite ci penalizza enormemente poiché ci costringe a giocare le nostre partite casalinghe a Forlì, il che, unito alle partite in trasferta che a volte ci portano in posti non proprio vicini come Torino o Trieste, fa di noi una squadra sempre in movimento, da ottobre fino a maggio (la durata del campionato, playoff compresi ndr.)”.

Una comunità viaggiante insomma. “E pagante visto che siamo costretti ad autotassarci per poterci pagare le trasferte, tanto che ogni week-end dobbiamo sobbarcarci il costo del noleggio di un pullmino oltre che i costi per benzina e autostrada”, senza il minimo aiuto di uno sponsor per di più, “perché quale attività sambenedettese pagherebbe per esporre un banner nel palazzetto di Forlì?” dice ironicamente il presidente Bugari, il quale ha fatto presente il problema più volte ai vertici dell’amministrazione ma, ci spiega, “utilizzare il Palazzetto “Speca” è impossibile sia perché è costantemente utilizzato per altri sport sia perché noi abbiamo esigenze strutturali particolari visto che per partite e allenamenti necessitiamo della presenza di una balaustra in plexiglas permanente che sarebbe troppo costosa  oltre che difficile da montare ad ogni partita. C’è in piedi un discorso ipotetico per la copertura della pista di pattinaggio di Grottammare, ma anche lì siamo ancora nel campo dell’ipotesi purtroppo”. Ma quando c’è la passione si fa fatica a rinunciare a un sogno ed ecco che allora ai Pattinatori Sambenedettesi è venuta in mente un’idea ed è sempre Romolo Bugari a spiegarcela “se non dovessimo trovare una struttura che ci ospiti nelle vicinanze, ci spiega, “siamo pronti a costruircela a nostre spese, si tratterebbe infatti di un investimento di circa 10mila euro a testa, contando che siamo circa 20 componenti in squadra si tratterebbe di un investimento totale di 200mila euro per una tensostruttura in grado finalmente di garantirci un posto al riparo dalle intemperie in cui allenarci e giocare le partite casalinghe.”

Insomma quello dei nostri pattinatori è un amore grande per il loro sport che li porta a sacrificarsi quotidianamente per quello che fanno, sacrifici economici,  i loro, per niente scontati se si pensa che questi ragazzi giocano per una squadra che è tra le prime 10 o 15 in tutta Italia e non solo giocano gratuitamente ma addirittura pagano per giocare mentre ci sono calciatori di Eccellenza che non di rado arrivano a percepire stipendi da impiegati pur giocando nella quinta serie del calcio italiano.

Ecco, se facciamo questi paragoni ci viene da pensare che c’è qualcosa di sbagliato nel mondo sportivo e soprattutto nelle dinamiche di finanziamento ad esso legate, ma allo stesso tempo, guardando la tenacia e la passione di ragazzi come loro, capiamo anche che lo sport può essere poesia e eroismo, sacrifici e gioie anche senza telecamere e migliaia di spettatori a guardarti e osannarti  e che lo sport, quello vero e genuino non morirà mai perché è un raro generatore di emozioni umane.