Elezioni comunali 2016. Fra poco meno di due anni si terranno nel Comune di San Benedetto del Tronto per designare il successore di Giovanni Gaspari. L’ufficializzazione delle candidature non si avrà prima dei prossimi sei mesi. Quello che sta accadendo da tre mesi ad oggi è solo gossip o provocazione.

Ma già una prova, poco positiva per gli organizzatori, si è avuta giovedì 28 agosto nella minuscola  piazza Andrea Pazienza con un numero di presenze da paesino di 2-3 mila abitanti. Gaspari & C., che in queste cose non sono stupidi, anzi la loro formazione è basata molto su questi particolari, hanno scelto apposta l’ex mercatino del pesce sito ai lati della zona più frequentata della città. Sapevano già che l’attenzione che la gente ha per loro e quindi la fiducia è ormai ai minimi storici. Se avessero scelto una piazza medio-piccola e non minuscola l’incontro sarebbe apparso come una riunione tra amici. Anche se in pratica era così. Insomma un flop premeditatamente mascherato.

Una ‘storia’ obsoleta per cui è meglio tornare al prossimo futuro e quindi alle strategie ‘pre-elettorali’. Chi sta provando (inutilmente secondo me) ad alzare polveroni, lo fa per far rimbalzare in città il proprio nome. Sanno che nel bene o nel male, creando guelfi e ghibellini (le due fazioni opposte nella politica italiana dal XII secolo fino alla nascita delle Signorie nel XIV secolo) si parlerebbe, in ogni caso, di loro. Addirittura Margherita Sorge e Paolo Canducci ebbero in premio la locandina davanti alle edicole da parte di un giornale importante.

Nei tempi attuali, Matteo Renzi è stato il precursore di questa (mala) logica, l’esistenza dei social network facilita di molto certe intenzioni. Intenzioni però che, se ci pensate bene, sono alquanto offensive per il popolo che vota. Siamo nel 2014 e non nel 1200, non dovremmo più farci ‘ingannare’ da certi espedienti. Anche perchè i risultati poi sono quelli che sono e San Benedetto con i suoi ultimi Consigli Comunali ne è un esempio emblematico.

Con la differenza che, nelle elezioni degli ultimi venti anni (fatta salva la parentesi Martinelli che usufruì di un clamoroso harakiri della sinistra che non si ripeterà più), la strategia vincente è stata un’altra, la solita che risultava vincente ai tempi della Democrazia Cristiana che ora vede degni seguaci quelli del Pd. La stranezza però riguarda i tempi: negli anni 60-70 i voti arrivavano grazie a canestri di viveri che convincevano molti a votare i mittenti, oggi, nonostante la micidiale crisi, certi espedienti non hanno più senso.

Le ceste di viveri sono state sostituite da promesse di posti di lavoro, da frasi tipo “se vengo eletto avrai un occhio di riguardo, tu, la tua famiglia e il tuo quartiere, passa la voce in giro…“.  Insomma un po’ “poco” per giustificare il ruolo di amministratori pubblici. Una tattica che alla fine prevarrà per l’ennesima volta se i sambenedettesi non… aprono la testa, e la coscienza, già da adesso.

Nel 2011 poco meno del 30% dei diritti al voto protestò non andando alle urne. Non ritennero che tra i candidati ci fosse qualcuno in grado di poterli rappresentare degnamente. Motivo per cui gli astensionisti aumenteranno ancora, se i candidati saranno gli stessi o altri consimili. Stessi e consimili ai quali la cosa non può che far piacere. Per i motivi sopra esposti e per altri aritmeticamente deducibili.

Vedo però, come dicevo sopra, che ogni tanto qualcuno si ritiene in grado di battere la “Ditta” e prova a far circolare il proprio nome. Magari ricorrendo anche a pessime marchette. All’uopo ho l’obbligo di precisare che la mia ‘candidatura’, in un mio DisAppunto di qualche mese fa, fu una pura provocazione con questi contenuti: “Se si presentano costoro, sindaco posso diventarlo anch’io“. Non mi feci un complimento, anzi, ma in pochi lo capirono.

La mia vera proposta che ritengo in grado di battere la ‘Ditta Pd’ e riportare elettori alle urne era ed è un’altra: nessun candidato sindaco subito ma un gruppo di persone (10-20-30 non di più), se suggerite dal popolo sarebbe meglio, che si propongono, iniziano a riunirsi una volta la settimana per stilare regole da concordare insieme, al di là di programmi e promesse che quasi sempre lasciano il tempo che trovano

Un distinguo, però, è per me importantissimo. Chi vuol partecipare deve avere titoli o qualche carisma importante. Basta con i gregari quelli cioè che hanno come carisma solo la faccia tosta per cercare voti casa-casa. Quelli cioè che non possono vantare un ‘curriculum vitae’ che ne giustifichi la candidatura. Anche chi è un politico navigato (l’esperienza è importante) può inserirsi nel gruppo ma deve trovare la forza di mettersi in gioco e confrontarsi con gli altri.

Stilate le regole, al momento della presentazione della candidature, e dopo un buon numero di riunioni conoscitive, il gruppo eleggerà il candidato alla Poltrona di primo cittadino. Abbandonare singole ambizioni personali dovrà essere la regola più importante. Ma sarà anche importante che il gruppo continui a lavorare dopo aver raggiunto il traguardo. Sì il traguardo perché, se così si farà e se la comunicazione arriverà chiara e trasparente  alla gente, tagliarlo per primo sarà un gioco da ragazzi.

Sambenedettesi che amate disinteressatamente la città, provateci. Ritengo che sia il modo migliore per uscire dalla logica del voto di scambio che solitamente promuove i poco dotati. Logica che le persone  serie rifiutano a priori perché ritengono che governare sia un servizio duro seppur gratificante. E quando si fa un servizio lo si fa per un padrone (il popolo tutto) e non per interessi personale. Sarebbe il sindaco di tutti. Cosa impossibile per i “clientelisti”.