NOME: Ravenna Calcio
ANNO DI FONDAZIONE: 2001
COLORI SOCIALI: maglia rossa con bordi gialli, calzoncini e calzettoni rossi
CENNI STORICI: il Ravenna, club romagnolo dalle scarse tradizioni se confrontata con Rimini e Cesena, ha all’attivo un passato calcistica costellato da reiterate cadute, alternate a sussulti di orgoglio. Tanta serie C: ben 41 campionati. Al contrario i tornei cadetti all’attivo sono appena sei e tutti recenti: i giallorossi vi accedono per la prima volta nella stagione ’93-’94, l’ultimo torneo in B sarà invece quello targato 2000-2001, il cui epilogo sarà contrassegnato, oltre che dalla discesa in terza serie, dal fallimento societario. Terminata l’era Corvetta, l’ambiziosa famiglia di armatori locali che avevano portato il calcio ravennate a risultati sino ad allora mai raggiunti, muore l’Unione Sportiva Ravenna 1913 e il suo posto viene preso dall’attuale Ravenna Calcio 2001.
Si diceva del 1913. E’ l’anno nel quale nasce il primo sodalizio calcistico in quel di Ravenna, attraverso la fondazione della sezione Calcio dell’U.S. Ravennate, che prende i colori giallorossi. Al termine della seconda guerra mondiale nasce una seconda società, vale a dire l’Audace Football Club. Il 25 gennaio 1920 le due entità si fondono dando vita all’Unione Sportiva Ravennate, cui fa seguito, nel febbraio del ’21 una seconda fusione, quella che vede coinvolte la U.S. Ravennate e S.G. Forti per essere Liberi. La nuova società assume la denominazione di Unione Sportiva Ravennate Forti per essere Liberi. Con questa denominazione partecipa al suo primo campionato ufficiale, in Promozione Emilia-Romagna.
Rimane in categoria fino alla stagione 1926-27, quando vince il proprio girone, venendo promossa in II Divisione. Prima dell’inizio della stagione 28-29 l’U.S. si scioglie e le varie sezioni sportive si costituiscono in diverse società, dando il là alla nascita dell’Associazione Calcio Ravenna.
La stagione 1929-30, è quella del salto in I Divisione. Rimane nella Terza Serie del calcio italiano fino alla stagione ‘34-‘35, collezionando piazzamenti medio bassi. Al termine di quell’annata, retrocede nel campionato regionale. L’anno seguente, il piazzamento al sesto posto vale il ripescaggio in serie C, dove per alcune stagioni insegue vanamente il salto nella serie cadetta. Nel ‘40-‘41 vince il proprio girone, ma poi perde il diritto di disputare le finali a causa della peggiore differenza reti contro il Pescara. Nel ‘44, partecipata al Torneo Misto Alta Italia, conquistando il terzo posto nel girone emiliano-romagnolo.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, con la ripresa delle attività sportive, la squadra ravennate viene iscritta alla serie C, nel raggruppamento Nord, ottenendo il terzo posto nel proprio girone.
Nel ‘46 la terza fusione della storia giallorossa tra l’A.C. Ravenna e la S.S. Edera, con il nuovo sodalizio che prende il nome di Società Sportiva Edera Ravenna.
Nella prima vera stagione del dopo guerra retrocede dalla serie C, ma viene poi ripescata per allargamento dei quadri; non si salva invece la stagione successiva piombando in Promozione.
Nel 1949 cambia ancora denominazione e diventa Unione Sportiva Ravenna. Dalla Promozione sale al termine del campionato ‘50-‘51, ma problemi di natura economica la fanno sprofondare nuovamente nel torneo di Promozione. Nel ‘54 ennesimo cambio di denominazione – Sarom Ravenna – che porta fortuna, visto che al termine della stagione arriva il sospirato salto in IV serie. Al termine della campionato ‘56-‘57 torna in Serie C, vincendo anche lo scudetto della IV Serie; l’anno dopo sfiora addirittura l’approdo in B, piazzandosi al terzo posto. Seguono campionati nella stessa categoria con piazzamenti medio-bassi e nel ‘64 la Sarom riassume la denominazione di Unione Sportiva Ravenna.
Nel 1966-‘67 si salva vincendo lo spareggio salvezza con lo Jesi; la retrocessione arriva, dopo tredici campionati di terza serie di fila, nel corso del campionato 1970-71. Immediata però è la risalita. Nuova caduta in Serie D al termine del campionato ‘75-‘76, con l’ultimo posto; ancora peggio l’anno seguente, con un’altra retrocessione che conduce il Ravenna in Promozione. Per la rinascita occorrerà attendere la stagione 1980-’81, con i giallorossi di Landi che centrano il doppio salto. Il primo campionato di C2 viene concluso al dodicesimo posto.
Nella stagione successiva la squadra del Presidente Saturno Bucci, si affida alle cure dell’esperto Vasco Tagliavini, potendo contare anche sull’apporto del veterano libero Francesco Scorsa, bandiera dell’Ascoli di Rozzi in Serie A. nonostante le buone premesse i romagnoli retrocedono nuovamente in Interregionale, dove fortunatamente rimane una sola stagione, grazie soprattutto alle 13 reti messe a segno da un giovanissimo (17 anni) Marco Nappi (’84-’85).
Seguono cinque campionati in quarta serie, finché, il ’90 coincide con una svolta a livello societario che segnerà la storia del calcio ravennate: si insedia sulla poltrona della presidenza del sodalizio giallorosso la famiglia Corvetta che prepara un programma ambizioso chiamando due ex bandiere del Verona, dell’era Garonzi, ovvero Giancarlo Cadè, a rivestire il ruolo di direttore tecnico e Pier Luigi Busatta nelle vesti di allenatore. Arrivano il portiere De Grandi, il centrocampista Antonioli (ex Legnano e Virescit), dalla Solbiatese, l’esterno Dal Balcon e, per la linea mediana Pavanel, Melotti e Pederzoli. In attacco Corrado Baglieri e l’ex bomber del Cesena, Oliviero Garlini. Il Ravenna inserito ancora nel girone Nord va vicino alla promozione, rimanendo a lungo a lottare con le prime, ma alla fine ha la meglio il Palazzolo con 3 punti di vantaggio.
Nell’annata ‘92-93 Corvetta si affida all’allora quasi esordiente Gigi Del Neri. Nella rosa compaiono giocatori del calibro di Sotgia, Marrocco, Torrisi, Antonioli Giorgetti, Buonocore (idolo della tifoseria), Francioso, Pisasale e Sambo. Risultato: centrata la storica promozione in C1 senza particolari problemi, davanti al Leffe.
In terza serie Corvetta si affida a Francesco Guidolin, che basandosi sul blocco della stagione precedenze, schiera tra i pali schiera il 22enne Francesco Toldo, in attacco l’ariete Loris Pradella, ideale terminale per il gioco di Buonocore e Francioso, supportati a loro volta dall’esterno Cristiano Scapolo. Un cammino importante si dall’avvio di stagione, con un ottimo gioco, portano i giallorossi in testa, e per alcune giornate possono contare anche sulla classe di Lamberto Zauli. Alla fine il Ravenna centra l’ennesimo doppio salto passando, per la prima volta nel corso della sua storia, in Serie B, insieme al Vicenza.
Per la serie cadetta la società si affida inizialmente per la panchina a Claudio Onori, il quale dopo solo sette giornate cede il passo a Pierluigi Frosi. I 12 gol di un giovanissimo Bobo Vieri non bastano al Ravenna per raggiungere la salvezza.
Si riparte dalla C1 (’94-’95) con un altro allenatore emergente: Alberto Cavasin. La squadra perde i gol di Vieri, ma trova quelli di Fabris e d’Insanguine, In porta Doardo ed in difesa William Viali, oltre alla solita verve di Buonocore, mentre in cabina di regia troviamo Massimo Gadda. In avanti anche un certo Lamberto Zauli, tornato dal Crevalcore. Cavasin viene esonerato e al suo posto arriva Adriano Buffoni. La squadra centra i play-off, con il quinto posto, ma viene superata in semifinale dalla Pistoiese (0-0 e 0-1).
I giallorossi, l’anno successivo, vengono affidati ad un vero esperto della categoria come Giorgio Rumignani, che mantiene l’ossatura della squadra, inserendo in difesa Vittorio Mero, prelevato dal Crevalcore, oltre ad un vero totem della categoria come Pregnolato. In attacco arriva Stefan Schwoch, dal Livorno. E’ il ritorno in Serie B, per il Ravenna, con la promozione conquistata con largo anticipo, trascinata dai 21 gol di Schwoch e dalle giocate di Zauli, autore peraltro di 6 reti.
Nuovamente in B (‘96-’97) la famiglia Corvetta si affida a Walter Novellino, inserendo in rosa Iachini e Luppi. Viene così centrata la migliore stagione in serie cadetta, con l’ottavo posto, nonostante i 3 punti di penalizzazione.
Nel ‘97-’98 in panchina troviamo Mauro Sandreani, mentre gli innesti più importanti sono costituiti dai difensori Sean Sogliano e dai centrocampisti Centofanti, Dell’Anno e Bergamo (ex Padova, Modena). La squadra naviga in brutte acque e viene affidata a Santarini, che la conduce in salvo.
Seguono due stagioni nelle quali i romagnoli ottengono, con Santarini prima e Perotti poi, due tranquille salvezze. Il torneo edizione 2000-’01 sarà invece ricordato come uno dei più nefasti, in virtù della retrocessione e del fallimento societario. Annata completamente da buttare sul campo: i vari Dell’Anno, Pregnolato, Sotgia, Gelsi, Dal Moro, Colacone, Scarlato e Scapolo non fanno la differenza, come pure la panchina, dove si alternano Angeloni, Santarini, Rumignani e Stefano Di Chiara, contribuisce all’amara disfatta.
Il 31 luglio 2001 scompare, come di diceva, l’US Ravenna 1913; al suo posto una nuova società col nome di Ravenna Calcio 2001, presieduta da Gregori, e che riparte dall’Eccellenza, mettendo in piedi staff tecnico e dirigenziale nello spazio di appena di settimane. La squadra conserva la bandiera Pregnolato, a cui si affiancano un bomber esperto per le categorie come Ristia. La sorpresa è il giovane Mingozzi (ora alla Samp). In panchina Zarattoni. Arriva subito la promozione in Serie D. la promozione viene bissata l’anno successivo dalla splendida stagione intrapresa dai ragazzi di Massimo Gadda: dopo un bel duello con Cagliese, Bellaria e Real Montecchio, il Ravenna ottiene la sospirata C2.
La stagione 2003-’04 viene innanzitutto contrassegnata dal cambio societario: Gregori lascia alla famiglia Ferlaino, celebre per gli anni d’oro alla guida de Napoli di Maradona.
Il tecnico è ancora Massimo Gadda, che deve assemblare una squadra tutta nuova per la categoria, con Ottofaro e Migliorini (ex Cittadella), Affatigato, Ferronato (ex Varese e Padova), gli attaccanti Moscelli (ex Treviso e Catanzaro) e Morgan Egbedi (attualmente al Monza), oltre all’ennesimo ritorno di Buonocore. Gadda dura solo quattro giornate ed arriva Osvaldo Jaconi, i giallorossi viaggiano in posizioni di bassa classifica, ed nel mercato invernale ci sono diversi arrivi importanti come il portiere Capecchi, l’esperto Luppi ed il bomber Di Nicola dal Rimini. Jaconi non regge, così Ferlaino dà il là al Gadda. Al termine della stagione arriverà un sesto posto con rimonta nel finale grazie soprattutto alle reti di Moscelli.
E siamo all’altro ieri in pratica, ovvero all’annata targata 2004-’05. In panchina siede Paolo Dal Fiume, con la rosa leggermente ritoccata rispetto alla stagione precedente, rinforzata da quattro arrivi dal Rimini, come Bordacconi, Bianchi, Ballanti e Mussoni e dell’ex Castel di Sangro Galuppi. Campionato sempre tra le primissime, anche se la Massese, prende subito il volo. Poco male: arrivano i play-off, grazie alle reti del solito Moscelli; in finale i giallorossi superano la Lodigiani (ora Cisco-Roma) e tornano in C1 a distanza di nove anni.
CITTA’. Fondata, come Venezia, su alcune isole lagunari, Ravenna è una delle città più singolari e ricche dal punto di vista storico ed artistico. Capitale dei regni Barbarici e dell’Impero Bizantino, protagonista della storia d’Europa, fra il V e il VI secolo d. C. si è arricchita di monumenti di straordinaria suggestione che hanno conferito al nucleo urbano un’impronta inconfondibile. La città, la cui popolazione attualmente si aggira attorno ai 138mila abitanti, conserva uno straordinario complesso di basiliche, battisteri e mausolei, impreziositi da marmi e da ricche decorazioni musive realizzate in gran parte a mosaico. Ben otto dei suoi monumenti sono stati dichiarati dall’Unesco “patrimonio dell’umanità” per la suprema maestria artistica dell’arte del mosaico: San Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia, il Battistero Neoniano, Sant’Apollinare Nuovo e in Classe, il Battistero degli Ariani, la Cappella Arcivescovile e il mausoleo di Teodorico. La luce dell’antica Bisanzio che brilla nell’oro dei mosaici di Ravenna ha ispirato artisti come Dante (le cui spoglie riposano nella tomba ravennate), Boccaccio, Byron e Klimt.
Ravenna non è solo arte, ma anche cultura e intrattenimento: numerosi eventi di richiamo animano ogni anno le serate della città. A partire dal “Ravenna Festival”, la rassegna di musica lirica, sinfonica e leggera con illustri ospiti italiani ed internazionali, fino agli spettacoli di “Bella di Sera”, i festival di jazz e musica d’organo e l’iniziativa “Mosaico di Notte” che permette di ammirare i mosaici illuminati in un’aura quasi magica.
Di più: a pochi passi dalla città, sul litorale, si estendono, con 36 Km di spiagge sabbiose e dune, i lidi ravennati, famosi centri balneari della riviera romagnola. La costa ravennate offre anche un paesaggio immerso nel verde. Da segnalare sono alcune località del Parco Regionale del Delta del Po come la Pineta S.Vitale, Punte Alberete, la Pineta di Classe e la Foce Bevano.
Menzioniamo infine Mirabilandia, ovvero la più importante realtà del turismo del divertimento sulla Riviera Adriatica dell’Emilia Romagna, con 43 attrazioni, 12 spettacoli dal vivo e 7 aree tematiche. Un grande parco giochi, il più grande d’Italia con i suoi 850mila mq., che nel corso dell’anno attira bambini, adulti e nonni da tutta la penisola.
Storia. Al di là delle leggende che da sempre hanno tentato di giustificare la sua origine (chi la fa derivare dai Tessali, chi dagli Etruschi e chi, forse più verosimilmente, dagli Umbri), la storia di Ravenna è soprattutto la storia di un rapporto con il mare. La fortuna della città, infatti, si identifica con le vicende del porto romano di Augusto (I secolo a.C.) che ospitava una flotta di 250 navi tale da garantire la difesa dell’Adriatico e dei mari vicini. Nascono così l’abitato di Classe (da classis, che significa flotta) e la via Cesarea che la collega a Ravenna. La presenza di questa importante base militare contribuì non poco allo sviluppo della città, che un tempo sorgeva su tanti isolotti. Nella Ravenna romana esistevano il tempio di Apollo, l’anfiteatro, il circo, il campidoglio…tutti edifici dei quali non resta nessuna traccia.
Divenuta nel V secolo capitale dell’Impero Romano d’Occidente per decisione di Onorio, dopo la sua morte la città passa a Valentiniano III, che però data la sua giovanissima età governa sotto la tutela della madre Galla Placidia, figlia di Teodosio. Ravenna assume in questo periodo l’aspetto di una città regale e vengono innalzati la Basilica Ursiana (oggi demolita), il Battistero Neoniano, il cosiddetto Mausoleo di Galla Placidia, San Pietro (oggi San Francesco) e San Giovanni Evangelista, che una leggenda vuole essere fatta erigere da Galla Placidia per esaudire un voto che formulò durante una tempesta in mare, mentre faceva ritorno da Costantinopoli.
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476), troviamo Ravenna sotto il dominio di Odoacre e il 5 marzo del 493 la città è conquistata da Teodorico che costringe Odoacre alla fuga. Sotto l’impero di Teodorico vengono promosse bonifiche e innalzati altri famosissimi monumenti, fra i quali ricordiamo la Basilica dello Spirito Santo con annesso Battistero, Sant’Apollinare Nuovo e il famoso Palazzo di Teodorico.
Anche durante il governo di Belisario e Narsete (VI secolo) la città è fiorente, ma nell’VIII secolo Longobardi e Franchi la spogliano e la saccheggiano completamente.
All’epoca degli Ottoni inizia la signoria degli arcivescovi, grandi feudatari della città, che nel frattempo avevano proclamato la loro autonomia da Roma (autocefalia).
Nel periodo comunale il potere passa in mano alle famiglie ravennati, che si contendono il governo della città. Famosissima la famiglia dei Traversari, che consegnerà la città alla Chiesa, ma su tutte prevale la famiglia dei Da Polenta, che per un secolo e mezzo determinò la vita della città e presso la quale trovò ospitalità lo stesso Dante Alighieri.
Il 24 febbraio 1441 i Veneziani, su invito degli stessi ravennati che mal sopportavano la dominazione polentana, prendono possesso della città e a testimonianza di questo periodo restano il palazzo comunale, alcune colonne della Piazza del Popolo e la Rocca Brancaleone (1457).
I Veneziani, che governarono Ravenna fino al 17 maggio 1509, consegnarono a Giulio II una città rinnovata e riconosciuta capitale dell’Emilia e dell’Esarcato.
Il periodo successivo al dominio veneziano inizia con la battaglia di Ravenna (1512) , combattuta fra la Lega Santa, composta dagli eserciti uniti di Giulio II e Ferdinando di Spagna, e le truppe francesi di Luigi XII e Alfonso d’Este con a capo Gastone de Foix, cui seguì un crudele saccheggio della città.
Inizia così un periodo tristissimo per Ravenna, che per tutto il Cinquecento è condizionata dalla famiglia Rasponi, tranne una brevissima parentesi di tre anni, dal 1527 al 1530, in cui la città sarà ancora sotto il dominio veneto.
Da tempo Ravenna ha perduto il suo prestigioso porto e vive sotto la continua minaccia dei fiumi Ronco e Montone che causeranno una terribile inondazione nel maggio del 1636 con l’acqua che raggiunge il secondo piano delle abitazioni. Il Seicento è caratterizzato dai progetti per salvare la città dalle acque e risalgono a questo periodo la costruzione di un canale interno e la famosa “diversione” del Ronco e Montone che all’inizio del Settecento, grazie al cardinale Alberoni, vengono riuniti in un unico alveo e fatti sfociare a sud della città. Nel frattempo si iniziano la costruzione del nuovo porto e del canale Candiano.
Nel giugno del 1796 Ravenna è conquistata dalle truppe napoleoniche e in seguito al trattato di Tolentino, la città passa sotto la dominazione francese. Ridotta “nella più umile condizione di cose e di spiriti” (C.Ricci), Ravenna cede lo scettro di capitale della Romagna a Forlì, ma già nel 1813 tornerà ad essere la sede del governo della Romagna.
Restituita al dominio pontificio, Ravenna vive il Risorgimento sotto il Cardinale Agostino Rivarola, inviato in Romagna per controllare e reprimere le azioni della Carboneria che stava prendendo piede soprattutto grazie all’azione di George Byron, che si dichiarò sempre amico dei patrioti ravennati.
Negli anni del Risorgimento la città organizza la famosa “trafila” (1849) con la quale riesce a salvare Garibaldi braccato dagli Austriaci e nel 1859 è fra le prime città a scrollarsi di dosso il governo pontificio e ad aderire all’unificazione nazionale di Vittorio Emanuele II.
La storia più recente della città si identifica con le grandi bonifiche e la nascita di solidi movimenti cooperativi.
Gravemente danneggiata durante i due conflitti mondiali, il secondo dopoguerra è caratterizzato da un rapido sviluppo industriale con gli insediamenti della Sarom e dell’Anic e soprattutto con lo sviluppo del suo porto che rappresenta uno dei maggiori scali dell’Adriatico.
Ravenna, la Romagna e la cucina. Ragioni politiche e amministrative la legano all’Emilia in una sola regione, ma per aspetti, carattere, storia, tradizioni, la Romagna è un’entità a se stante, che riflette la sua personalità, il suo temperamento sanguigno e deciso anche a tavola. Persino il paesaggio della pianura, il caldo colore del cotto, che si ritrovava in ogni abitato, segno indelebile del legame alla terra agricola, sembrano condurre pensiero e sensi alle gioie del mangiare. Parlare di cucina tradizionale romagnola è parlare soprattutto di cucina contadina. Oggi, l’abbandono delle campagne, la scomparsa di antichi mestieri, le progressive alterazioni e modificazioni del paesaggio agricolo ne hanno mutato molti aspetti, alcuni usi e costumi sono addirittura scomparsi, ma vitale e succulenta resta la tradizione della cucina di cui i romagnoli sono orgogliosi e puntigliosi cultori.
I piatti principali rimandano alla cucina romagnola dove trionfa la pasta fatta in casa con una gran varietà di tagliatelle, lasagne al ragù, gustosi tortelloni alle erbe e ricotta, vermicelli e cappelletti in brodo di carne, ed infine la “tardura�?, pasta con uovo e prezzemolo da assaporare in brodo. Per chi ama i sapori della campagna, la pineta offre ottimi funghi e tartufi, pinoli e profumate erbe aromatiche. Le trattorie di Marina di Ravenna e degli altri centri della riviera romagnola servono specialità a base di pesce con raffinati brodetti e sughetti alla marinara o pesce azzurro alla brace. Il tutto si accompagna con la piada o piadina, bassa focaccia cotta su un testo rovente e consumata al posto del pane. Tra i dolci più tipici spiccano il “burleng�? o migliaccio a base di mosto, sangue di maiale, mandorle e frutta candita, la ciambella romagnola e la tradizionale zuppa inglese. Per accompagnare un pasto così ricco non poteva mancare un buon vino. Si può scegliere tra un Sangiovese, un Trebbiano, o altri vini caratteristici della Romagna.