SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Terzo appuntamento oggi, 25 marzo, alle ore 17,30, con la rassegna “I Venerdì del Circolo”, presso la sala del Museo del Mare di San Benedetto del Tronto. Questo terzo incontro è stato dedicato all’autrice sambenedettese Bice Piacentini, le cui opere non prescindono dalla sua esperienza personale. Oltre al relatore, il professor Giancarlo Brandimarti, socio del Circolo dei sambenedettesi e della compagnia teatrale Ribalta Picena, è intervenuta anche la giovane studentessa Ludovica Polidori, che ha realizzato la sua tesi di laurea triennale sul dramma in vernacolo “Ttenèlla”, scritto da Bice Piacentini nel 1910 e rappresentato nel 1924. Nel corso della conferenza, gli attori Katia Zappasodi e Francesco Casagrande di “Ribalta Picena” hanno letto e interpretato diverse poesie dell’autrice sambenedettese.
Nell’intervista la giovane Ludovica ha spiegato di aver scelto come oggetto della sua tesi Bice Piacentini perché le piaceva l’idea di presentare nel panorama italiano un’autrice minore, per giunta donna, che ha scritto in una lingua diversa dall’italiano; un’autrice molto sentita a San Benedetto che, però, ha voluto far conoscere sia in ambiente accademico che al di fuori del contesto locale. Un’opera, quella della Piacentini, sempre attuale soprattutto perché parla di amore. Guarda l’intervista.
“Il dialetto non è morto – ha esordito il professor Brandimarti –suscita ancora l’interesse del mondo accademico e dei giovani”. Poi, riferendosi alla tesi della giovane Polidori ha aggiunto:” Ludovica ha fatto un lavoro egregio e degno di pubblicazione”.
Chiaro ed esaustivo l’excursus fatto dal professore sulle vicende della vita della Piacentini, vissuta tra San Benedetto, Collevecchio della Sabina, di cui era originaria la sua famiglia appartenente all’aristocrazia locale, Roma, dove la famiglia viveva abitualmente ed esercitava le sue attività, e Ripatransone, paese della madre di Bice e sulle sue opere: ”I sonetti marchigiani”, una raccolta di 55 componimenti in dialetto sambenedettese pubblicati nel 1926, il romanzo breve “Il bello del sospiro”, scritto in lingua italiana e pubblicato nel 1918, e il dramma in vernacolo “Ttenella” mai pubblicato, ma presente solo in forma dattiloscritta.
“Il tema dell’amore è presente in tutte le sue opere e fa capo a una poesia che riterrei autobiografica: “Le campane de Natà” – ha osservato Brandimarte, precisando che nelle opere della Piacentini l’amore compare in diverse sfaccettature: quello trasgressivo, che riflette l’esperienza personale dell’autrice ( che aveva sposato contro la volontà della famiglia suo zio), quello della fase dell’innamoramento, quello convenzionale e soprattutto quello passionale: “L’amore per Bice è passione vitale, energetica, irrazionale, che dà la vita, ma che può essere foriera di morte”.
E la passione amorosa, che è sentimento irrazionale e distruttivo, è il tema principale anche del suo dramma “Ttenella”, di cui ha fatto una sintesi chiara e impeccabile Ludovica Polidori.
“L’opera è costellata da quadri di vita quotidiana della San Benedetto del primo decennio del Novecento- ha spiegato la Polidori. “Lo stampo verista si nota nella lingua, che rende la prosa ritmata e simile alla poesia – ha continuato. Ha, inoltre, passato in rassegna i tanti altri temi, oltre quello dell’amore, presenti nel dramma: il fatalismo, la forza d’animo, la superstizione, il mare e, soprattutto, il dolore, quello dell’abbandono da parte di Salvatore, che Ttenella non riesce ad accettare e che la porta al gesto estremo, a una morte che, tuttavia, risulta controversa: si avvelena, ma viene salvata e poi spira sul letto di dolore forse di crepacuore e di dolore d’amore. “La sua morte – ha concluso sempre la Polidori – è anche simbolo della morte di un’epoca. Ttenella vive un tempo fuori dal suo tempo”.
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