Nell’immagine il paragrafo del comunicato dell’Eurogruppo dello scorso 9 aprile in cui si fa riferimento al Mes, Meccanismo Europeo di Stabilità.

Nel comunicato, disponibile solo in lingua inglese, si fa riferimento alla linea di finanziamento del Mes dedicata esclusivamente alle cure sanitarie, dirette o indirette, relative alla crisi per il Covid-19. Il prestito può arrivare al 2% del Pil, quindi circa 37 miliardi per l’Italia, e sarà reso disponibile in due settimane.

Evidenziato, il passaggio fondamentale, l’unico messo nero su bianco rispetto alla discussione che sta avvenendo in Italia sulle condizioni (“condizionalità”) imposte dal Mes.

Successivamente (la crisi Covid-19, ndr) gli Stati Membri dell’Eurozona rimarrebbero impegnati nel rafforzare i fondamentali economici e finanziari, in armonia con il coordinamento fiscale ed economico e il contesto di sorveglianza“.

Che significa?

Che significa?
Non solo che i 37 miliardi vincolati alla sola spesa sanitaria (saremo in grado di spenderli?) vanno restituiti, in quanto prestito, con l’aggiunta degli interessi passivi maturati.
Ma che l’insieme di prestiti, siano essi dal Mes, dalla Bce, dai mercati privati, vanno a formare una quota di debito che non solo va restituito, ma alla scadenza non potrebbe essere rinnovato con nuovo debito a prescindere o meno dalla possibilità di ripagarlo e a prescindere o meno dall’azione della banca centrale.
Austerità. Anche brutale.

Perché se un prestito va restituito con gli interessi ma non può essere rinnovato, significa che quel denaro andrà letteralmente “strappato” dal sistema economico. I 37 miliardi, diventati magari 39 o 40, e tutto il resto, scompariranno dal sistema economico.

A quel punto se si assumono medici e infermieri e si costruiscono ospedali, i costi resteranno anche a crisi finita ma saranno necessari tagli alla spesa e nuove tasse per compensare l’annullamento del prestito e il rientro nei “fondamentali”.

Dunque per le regole europee (“il coordinamento fiscale ed economico e il contesto di sorveglianza” ovvero), nel caso in cui il rapporto debito/pil arrivasse al 160 o 170%, gli “Stati Membri rimarrebbero impegnati” a ridurre questo rapporto al di là delle “condizioni” specifiche del Mes di cui non ci occupiamo in questo articolo.

Resta, dunque, la questione: chi pagherà di tasca propria il “rafforzamento dei fondamentali”?

Perché il debito di oggi si trasforma in sacrificio domani? Succede così in tutto il mondo?

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