
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Picenambiente sviscera i dati di bilancio del 2017 davanti al consiglio comunale di San Benedetto, svela gli orizzonti di investimento ma ascolta anche le perplessità della minoranza, nuove e meno nuove, su servizi, Tari e sulla questione lavoratori.
Una commissione congiunta fra bilancio e affari generali in cui le condizioni di servizio e il bilancio erano le portate già scritte del menù. La parola ce l’ha quasi sempre l’Ad Leonardo Collina, che nel corso di circa un’ora e mezza di lavori dell’organo viene interrotto solo tre volte dalle osservazioni (e uno sfogo) di Flavia Mandrelli, Giorgio De Vecchis e Tonino Capriotti per la minoranza consiliare.
I NUMERI. Sono 35 milioni il fatturato dell’ultimo bilancio “10 in più rispetto al 2016” commenta l’Ad della partecipata che imputa l’aumento dei volumi a fattori quali alcuni incrementi di vendite dei materiali di riciclo e pure la gestione delle macerie, che ha pesato sui conti della partecipata, in positivo, per 5 milioni nell’ultimo anno. Un milione e 300 mila euro l’utile lordo (800 mila al netto delle tasse) di cui 600 mila euro verranno distribuiti in dividendi fra i soci, praticamente l’utile raddoppia rispetto a 12 mesi fa. Ma questi sono solo alcuni dei numeri svelati all’assise che viene edotto anche sui volumi del servizio. A partire da quanto conferiamo fuori provincia in termini di rifiuti indifferenziati, la questione che più pesa sulla Tari dei cittadini. “Sono 42 mila le tonnellate di “nero” che nell’ultimo anno abbiamo portato fra Fano, Ancona e Fermo” chiosa Collina che assicura, poi, come i piani della ditta siano quelli, con alcuni investimenti in “canna”, di cercare di abbattere il costo del conferimento esterno.
INVESTIMENTI. A quanto pare Picenambiente ha pronte le carte per alcuni investimenti: il primo è l’ampliamento della discarica di Relluce a cui si dovrebbe aggiungere il progetto “Fabbrica dei materiali”(4 impianti, rinnovati o di nuova costruzione di cui due ad Ascoli, uno a San Benedetto e uno a Pagliare destinati totalmente al riciclaggio e al riutilizzo) che nei piani della società dovrebbe portare all’abbattimento dell’indifferenziato che finisce in discarica (spesso, come dicevamo fuori provincia, con tanto di costi extra) dal 90% attuale al 25%. A questo si aggiunge un nuovo impianto di compostaggio TMB (trattamento meccanico biologico) che per Collina potrebbe vedere la luce fra il 2020 o il 2021.
I MAL DI PANCIA DELLA MINORANZA. Ma sono inevitabili i malumori della minoranza, come dicevamo, che escono fuori da mesi in cui si parla del caro Tari, delle lamentele sul servizio e sulla delicata questione che sta toccando i lavoratori che minacciano da mesi lo sciopero e che si trovano nel mezzo di una procedura c.d. di “raffreddamento” fra sindacati e ditta con la Prefettura a fare da garante ex lege. “Non abbastanza” è il commento di Flavia Madrelli alla domanda, autoposta, su quanto di investimenti e profitti ricada su San Benedetto, sia in termini di servizi (“la città è sporca”) che di garanzie dei lavoratori. Se da una parte Collina risponde che la qualità del servizio non è diminuita, dall’altra fornisce aggiornamenti sul tavolo sindacale che al momento si è separato in due tronconi che vedono l’Ugl da una parte (la più critica verso l’azienda negli ultimi mesi) e dall’altra le altre sigle. “Non c’è unità di vedute neppure fra tutti i sindacati sui carichi di lavoro dei dipendenti” chiosa l’amministratore “noi dalla nostra crediamo che i dipendenti della Picenambiente non siano tartassati”.
LO SFOGO DI DE VECCHIS. La riunione prosegue con un intervento di Tonino Capriotti che chiede più trasparenza sulle sponsorizzazioni della ditta al Comune (“perché a volte eventi formalmente a costo zero poi non sempre lo sono nella pratica”) e si conclude poi con uno sfogo di Giorgio De Vecchis che si sofferma sulle “promesse non mantenute” dalla ditta riferendosi al piano investimenti messo nero su bianco quando, nel 2013, si individuarono con una gara i due nuovi soci privati Eco Nord e Deco Spa, “investimenti mai fatti e che ora pare farete” chiosa il consigliere “ma con ampio ritardo mentre i sambenedettesi hanno già pagato tutto in termini di aumenti Tari” prosegue, per poi esprimere le sue perplessità sul ruolo e il peso della politica all’interno del Cda della partecipata. Perplessità che culminano con un’osservazione sulla presidente Catia Talamonti “Ha una doppia veste, quella di presidente della ditta e quella di dirigente del comune di San Benedetto, vostro principale cliente.”
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Il raddoppio dell’utile fa capire solo che paghiamo troppe tasse per i rifiuti
Inutile vantarsi del bilancio se impongono i loro prezzi obligatori
e’ praticamente un monopolio.
Raddoppio dell’utile?!? Un’azienda che gestisce i rifiuti di una città non è un’azienda come un’altra…gestisce lavori di “pubblica utilità”. Quindi, casomai dovrebbe “vantarsi” della qualità servizio svolto, al costo (per la cittadinanza) minore possibile. Anzi, in prospettiva futura dovrebbe tendere allo zero, considerando il fatto che il costo di esercizio dovrebbe idealmente pareggiare il valore economico dei rifiuti, grazie ad una corretta valorizzazione degli stessi. Non mi sembra che il “servizio” svolto dalla Picena Ambiente sia eccezionale, direi appena sufficiente. Tra le note negative c’è il fatto dell’inquinamento acustico dei camion (quelli grandi) che raccolgono e compattano i rifiuti sulla… Leggi il resto »
Credo proprio che lei abbia ragione. Tra l’altro come ha fatto notare recentemente Giorgio De Vecchis, la presidente è una dipendente funzionaria del Comune di San Benedetto.
Direttore il punto, al di là della governance, è che il comune di San Benedetto è anche cliente della Picenambiente, e in genere i clienti razionali si preoccupano sempre di avere il minor costo possibile del servizio a parità di qualità e livello di servizio. Perchè il comune di San Benedetto non si preoccupa di questo ma continua ad aumentare la tassazione sui rifiuti?
Non è così facile, la Picenambiente è una società a maggioranza di capitale pubblico e infatti i comuni detengono il 50,4% delle azioni e tre soci privati il resto. Nonostante questo si definisce una società a partecipazione pubblica “non di controllo”. Questo vuol dire, se leggiamo pure la nozione di controllo del codice civile (articolo 2359), che la parte pubblica, nonostante la maggioranza nel capitale, non ha la maggioranza per prendere le decisioni nell’assemblea dei soci.
Sarà certamente così ma il problema evidenziato dal lettore resta. Se non… si aggrava!
Caro Carlo, chiarita la questione della governance rimane un aspetto non trascurabile che è comunque in capo alla politica. I comuni che sono soci sono anche clienti, e in un mercato libero i clienti tendono a pagare il meno possibile per un servizio a pari qualità. Non si capisce perchè dunque i comuni siano ampiamente conniventi con questo continuo rialzo delle tariffe a scapito dei cittadini. Senza andare a scomodare cosa fece Mattei all’Eni, un azienda a partecipazione pubblica (seppur senza golden share) i cui clienti sono i soci stessi non può non considerare che uno dei suoi obiettivi è… Leggi il resto »
Credo che proprio di questo dovrebbe preoccuparsi ed impegnarsi la presidente della PicenaAmbiente, nonchè dipendente del Comune di San Benedetto del tTronto, Catia Talamonti.
hahahahahha
Non ho detto che è facile. Come utente ho giudicato il lavoro della picena ambiente sufficiente ma molto migliorabile. Ho evidenziato dei fatti negativi che sono sono gli occhi (e orecchi) di tutti. Il servizio va migliorato sensibilmente. Viviamo in una città turistica che potenzialmente potrebbe essere tra le prime d’Italia. La qualità dei servizi offerti è decisiva per le scelte dei potenziali clienti. Diamoci tutti da fare.
Praticamente la differenziata gliela facciamo noi, la tassa sui rifiuti è spropositata (pago 320 euro per un ufficio dove produco due sacchi di carta al mese) e così mentre loro raddoppiano gli utili noi abbiamo trasformato le nostre case in centrali di compostaggio.
Sono anni che dico che quello dei rifiuti è il vero businnes del duemila…
Raddoppio dell’utile…ma della qualità dei servizi erogati ne vogliamo parlare??? La foto allegata è stata scattata all’interno del Pontino Lungo ieri pomeriggio vero le 19.30: sono ancora chiaramente visibili le tracce della pioggia di fine giugno (per le quali non si è mai minimamente intervenuti nonostante il trascorrere dei giorni) aggravate dall’acquazzone dell’altra sera…e non parliamo poi della pulizia strade, dei cassonetti maleodoranti, rotti e non sanificati da tempo, della raccolta vetro effettuata alle cinque e mezza del mattino, etc. etc.
A mio avviso, ed e’ semplicemente una opinione, i comuni dovrebbero disfarsi delle partecipazioni, accettandone la conseguente perdita di controllo (non del CdA), e a quel punto comportarsi come puri consumatori con tutte le logiche annesse: se il servizio e’ scadente o non e’ adeguato per il prezzo pagato si cambia fornitore, o in contratto si mettono clausole che prevedono la rescissione
Finche’ esiste il connubio politica/aziende private con la politica che usufruisce del servizio allora esiste un disincentivo in relazione al servizio offerto a favore di un incentivo di controllo
La gestione dei rifiuti in ogni sua fase e per tutte le tipologie di essi è ormai (e sarà) il piu’
grande e colossale business d’Italia, peccato che il cittadino e le imprese
oltre a pagare tariffe sempre piu’ elevate non ricevano una adeguata qualità del servizio.