di Alessandro Pertosa e Lucilio Santoni*
Un vento nuovo soffia sull’Europa, ed è forse un vento di burrasca. La Grecia, con i suoi problemi e le sue difficoltà, potrebbe diventare un laboratorio strategico, soprattutto se all’orizzonte appare la possibilità concreta di ripensare l’uomo e la società secondo dinamiche relazionali orizzontali, libertarie e non dispotiche. La patria della filosofia potrebbe rivelarsi un opificio antropologico a cielo aperto: abbiamo davanti a noi davvero la concreta possibilità che dalla Grecia si cominci a pensare ad un uomo nuovo, ad un uomo che non si accontenti di essere piùsapiens, ma ambisca a pensarsi humanus fino in fondo.
La cultura europea di cui noi tutti «siamo fatti» è nata lì. Lì, oltre 2.500 anni fa, filosofi geniali e capaci di prefigurare il futuro, cominciarono a ragionare, per la prima volta, di democrazia, libertà, bene, verità. A prescindere dalla storia di questi concetti, di cui non possiamo dare conto qui, noi siamo figli di quegli uomini e di quelle donne e incarniamo quei pensieri. Perché i limiti del mondo che abitiamo sono anche i limiti del nostro linguaggio, ovvero siamo le parole che parliamo. E queste parole, piaccia o no, sono greche.
Fa abbastanza sorridere – ma è un sorriso amaro – ascoltare il presidente della commissione europea, Jean-Claude Juncker, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, dire che l’atteggiamento del governo greco – legittimamente eletto su un programma di sfida alla Troika – è scorretto e non rispettoso dei patti.
Ma di quali patti si sta parlando? Di quei patti che il popolo greco non ha mai sottoscritto, e che sono stati condivisi e siglati da quei politici che non hanno più alcun seguito nel paese? I potenti d’Europa si appellano tutti al rispetto delle regole. Mariano Rajoy, presidente del consiglio spagnolo, chiede le dimissioni di Alexis Tsipras. Matteo Renzi – che a differenza di Tsipras non è stato eletto da nessuno – intima al suo omologo greco di non fare il furbo e di rispettare gli accordi. Ancora! Ma quali? Gli stessi bocciati nel programma politico che ha visto trionfare Tsipras.
Il re è ormai nudo. Non sappiamo fino a che punto i politici europei abbiano chiara la situazione. Continuano a pensare che da questa crisi si possa uscire in qualche modo, che la crescita prima o poi ci sarà, che il capitalismo tutto sommato ha già vissuto altri momenti di difficoltà, e che serve solo attendere il momento migliore. Il problema è che questo momento migliore non ci sarà. Perché l’illusione di poter crescere all’infinito, vivendo però in un mondo dalle risorse limitate, è destinata a scontrarsi ben presto con la realtà. Stiamo consumando il mondo, stiamo mangiando nel piatto dei nostri figli, viviamo nei pressi di una catastrofe e tutto quello che sanno dire questi tecnocrati miopi è che la Grecia deve rispettare i patti. Quei patti che hanno distrutto l’economia di intere nazioni, che hanno provocato la paralisi del mondo produttivo, quei patti per cui l’Europa è diventato il luogo economico e mercantile per eccellenza.
Questo sistema è insostenibile e in Grecia – ma lo stesso vale per il resto d’Europa, che continua soltanto a mettere la testa sotto la sabbia nascondendo la realtà – i nodi sono venuti al pettine e l’inganno della Troika si è palesato in tutto il suo tragico splendore.
A questo punto, si tratta di capire quale orizzonte prefigurarsi e scegliere, che tipo di uomini vogliamo diventare, quale società pensiamo di organizzare in futuro, quali rapporti comunitari instaurare. E per questo la Grecia, che è arrivata al punto di rottura, può forse rappresentare un laboratorio politico e soprattutto una straordinaria possibilità realmente democratica di ripensare dalle fondamenta una cultura. Perché è chiaro che l’aspetto fondamentale di questa complessa vicenda è soprattutto culturale. Tra le pieghe della crisi economica si palesano in realtà visioni antropologiche e politiche profondamente diverse.
Il punto è che la società tecnologico-capitalista è ammalata di uniformità. Tende a omologare tutto e non tollera che qualcuno possa vivere senza sgomitare, e magari più felice, fuori dal diabolico ring del mercato.
L’ideologia della Troika e la cultura tecnocratica hanno illuso gran parte degli europei di vivere nel migliore dei mondi possibili. Si tratta di capire, però, che questa pretesa è infondata, e che così come non tutti i cittadini di una nazione sono portati a vivere la stessa vita (si vedano, per esempio, le differenze italiane fra nord e sud) così non tutti i popoli sono vocati ad avere gli stessi obiettivi esistenziali. In altre parole, non tutti possiamo essere tedeschi con gli stessi standard di vita, le stesse aspirazioni, gli stessi desideri, le stesse strutture mentali, gli stessi ritmi quotidiani. C’è anche chi sarà vocato ad altri modi di vivere e, soprattutto, di convivere, magari facendo meno, magari seguendo più la creatività, magari preferendo vivere poveri e felici piuttosto che ricchi e angosciati, aprendo la propria anima più alla poesia che all’economia.
Con queste riflessioni non si intende affatto fare un’apologia del popolo greco. Il quale ha le sue colpe nell’aver accettato di sognare il sogno di altri, per lunghi anni. Si intende, però, sottolineare la portata culturale immensa della vicenda che oggi sembra svolgersi in Grecia ma che invece riguarda profondamente anche noi e qualsiasi popolo che abbia a cuore la propria felicità e non solamente il proprio effimero salvadanaio.
Pertanto, si può vivere in un mondo diverso da quello prospettato da Juncker e dalla Merkel? La risposta è chiaramente sì. Tuttavia, adesso bisogna solo aspettare per vedere se la Grecia è pronta ad illuminare di nuovo la cultura europea.
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Mi sembra che in questo articolo ci sia un eccesso di populismo che per banalizzare dei concetti li distorce: il rispetto degli accordi è riferito ai prestiti fatti dall’FMI. E’ chiaro che se si prestano dei soldi il creditore pretenda delle garanzie, garanzie che il governo greco non sta dando per questo si chiudono i rubinetti della liquidità. E’ un concetto banale ma che fa scomodo, perchè ormai nel paese dei concordati in bianco l’insolvenza è uno stato mentale, tanto rimane sempre impunita e pretendiamo che sia così dappertutto, ma non è così! Renzi non è eletto dal popolo ma… Leggi il resto »
No Alessandro, il concetto non è banale. La Banca Centrale Europea, se tale fosse Banca Centrale, non chiuderebbe mai i rubinetti al proprio Stato. E’ un controsenso logico epocale. La Banca Centrale Europea dà indicazioni per la riduzione dei salari e degli stipendi, e quindi chiude gli occhi a chi persegue questa politica (vedi Spagna) garantendo deficit del 10% senza bacchettate; all’Italia si chiedono manovre correttive dello 0,1%. La Banca Centrale Europea deve essere subordinata alla volontà democratica – giusta o sbagliata che si ritenga – e non il contrario; quello che sta accadendo in Grecia è un nuovo golpe… Leggi il resto »
Ottime riflessioni, condivido al 100%.
Se Juncker, la Merkel, Renzi e Obama sono così preoccupati, stanno facendo terrorismo nei confronti dei greci, hanno paura,sono terrorizzati se la piccolissima Grecia (!!) possa uscire dall’euro, significa solo che Tsipras sta facendo bene, sta cercando di salvare un popolo da un gruppo di finanzieri ‘usurai’ che fanno solo gli interessi delle banche e che vuol far pagare i loro errori alla povera gente! Non vi dice niente l’approvazione della legge sul prelievo forzoso dai conti correnti dei risparmiatori? Mi auguro che TUTTO il popolo greco al referendum voti per il No e sia l’inizio COSTRETTO a rifare eventualmente… Leggi il resto »
Si dai, adesso diamo ragione agli insolventi! Ti farebbe piacere se Tsipras fosse un tuo debitore? A me farebbe incazzare moltissimo….
Il populismo viene usato negativamente quando il “popolo” è abbagliato da sirene che lo inducono a sbagliare. E’ facile fare leva sullo “status quò” con ottica di breve periodo ma poi cosa possa succedere nel medio-lungo periodo non è di interesse politico ne del popolo, però le generazioni future ci rimettono tutto! Questo non è un atteggiamento responsabile, ma molto simile alla delinquenza….
Che non sia l’Europa pensata dai padri fondatori è evidente, ma il sistema capitalistico non centra un bel nulla. Se non si capisce che i debiti vanno onorati allora il nostro è un declino proprio sociale. Poi sul come si debbano onorare i debiti è un altro discorso….
Il caso Grecia si sta avviando alla sua logica e tragica conclusione: l’abbraccio mortale del tanto osannato governo Tsipras con la Troika ed il conseguente suicidio economico e politico di una nazione. La stessa convocazione del referendum è un atto di debolezza. Quando gli usurai internazionali hanno dichiaratamente deciso di ottenere la sottomissione completa di Atene , a Tsipras non è rimasto altro che invitare il popolo a decidere su una questione che il suo governo non è più in grado di gestire. Il referendum è un mero strumento di Tsipras per ottenere un alibi cercando di non perdere del… Leggi il resto »
Lei fa una gran confusione. Il creditore è l’FMI che non ha nulla a che vedere con l’europa. Il debitore è la Grecia che fa parte dell’area euro. Come ci insegna Pierpaolo e la MMT gli stati non sono mai insolventi se possiedono il controllo della propria valuta con la propria banca centrale, nel caso dell’europa la banca centrale unica per tutta l’area euro ed è la BCE. Nel caso in cui uno stato non riesca ad onorare i suoi debiti, anzichè lodarlo per la sua insolvenza, la BCE dovrebbe intervenire (il QE non serviva forse a questo?) per rendere… Leggi il resto »
Lei come li definisce De Gasperi, Adenauer, Schumann e Monnet? Magari padri fondatori non è adatto, potremmo chiamarli “ispiratori” o come vuole lei, credo che la sostanza sia chiara…
Un popolo che ha dimostrato disonore e poca serietà scegliendo di non pagare i propri debiti. Non pagare i propri debiti non è un esercizio di sovranità, altrimenti anche io eserciterei la mia sovranità non pagando il mutuo in banca, ma scommetto che la banca non lo accetterebbe,…
Tu pensala come ti pare, i greci hanno dimostrato di avere le palle, hanno avuto orgoglio. Se vuoi umiliare un popolo, lo unisci e e ottieni risultati opposti a quelli sperati! E i greci a differenza per esempio da noi italiani che siamo diventati i fantocci del mondo (che non contiamo una cippa a tutti i livelli, te lo deve dire un premio Nobel? Vedi quanto contiamo nel mondo con i marò o il nostro povero Liberati in Gambia) hanno proprio nel DNA l’orgoglio e il coraggio di un vero popolo. E poi vuoi mettere la soddisfazione di vedere la… Leggi il resto »
Allora facciamo così, prestami 100.000 €, io ti prometto di ridartene 109.000 in un anno, ma poi eserciterò la mia sovranità tirando fuori le palle e l’orgoglio ridandotene se va bene 20.000. Secondo la tua logica dovresti farmi il bonifico oggi pomeriggio! E secondo il tuo ragionamento, a rigor di logica, devo anche diventare il tuo nuovo eroe nazionale!
Sentiti tanti economisti rinomati in questi giorni, favorevoli e non al no, il tuo esempio appare semplicistico.
Il mio non è un esempio semplicistico è una provocazioni per quelli che ritengono un debitore insolvente un eroe! I debiti vanno pagati ed onorati, chi non lo fa non è una persona seria e credibile. D’accordo che l’Italia è il paese dei crediti insoluti e dei concordati in bianco ma proprio per questo far passare un insolvente come eroe è un pratica davvero poco educativa!
infatti, in questi vent’anni il vero salto di qualità lo hanno fatto le potenze finanziarie, la troika, soprattutto la Germania; ieri con i carramati e i cannoni, oggi con la finanza e la dittatura monetaria… che resistenza potremo mai opporre a questa forma di nazismo se non quella del referendum…?
Condivido quanto scritto da Alessandro Pertosa e Lucilio Santoni