ROMA – Un sambenedettese a Pechino. Sì, è lui, Enzo Eusebi, architetto che dalla Riviera delle Palme ha avuto negli ultimi anni apprezzamenti sontuosi nella Cina impetuosa del Nuovo Millennio, e che per questo parteciperà a Roma, giovedì 6 novembre, al convegno “Dialogo Italo-Cinese su Architettura e Design” che si terrà alla Sala Auditorium presso la Fondazione Maxxi di Roma, con inizio alle ore 10.

Per Eusebi un ulteriore momento di valorizzazione internazionale nella speranza che, dopo le opere molto valide realizzate a San Benedetto e dintorni (tra le altre l‘Istituto Alberghiero e la piazza Cavour a Martinsicuro), possa tornare a ridare ordine e bellezza ai suoi luoghi di origine, da troppi anni ingessati o, peggio, degradati (si pensi allo stadio Ballarin per il quale lo stesso Eusebi fu tra i primi a progettare una riqualificazione).

Il Dialogo Italo Cinese sarà un momento di confronto tra le tipologie architettoniche dei due Paesi e vedrà coinvolti come ospiti d’onore l’architetto cinese Wu Chen che insieme all’architetto Massimiliano Fuksas daranno il via ad un importante momento di confronto tra le tipologie architettoniche dei due Paesi.

Il confronto sarà arricchito, inoltre, dagli interventi degli architetti Enzo Eusebi, Marco Casamonti e Joseph di Pasquale, tutti professionisti di chiara fama e già coinvolti nelle nuove realtà urbanistiche cinesi. Prenderanno parte all’evento importanti manager di aziende leader di costruzione sul mercato cinese.

Si informa che l’ iscrizione al Convegno è gratuita ed è aperta ad un numero massimo di 200 partecipanti. Le richieste saranno accettate in base all’ordine cronologico di arrivo.

Di seguito una parte dell’intervento di Eusebi.

“Hic et nunc” qui e ora di Enzo Eusebi

L’Architettura non ha senso se non in rapporto al tempo.
Sono molto più preso dal presente piuttosto che dal futuro ed al limite più interessato al futuro piuttosto che al passato; ma noi siamo obbligati a funzionare con chi ci precede, con ciò che abbiamo a disposizione… “Hic et nunc” qui e ora.

L’Architettura deve trovare questa continuità attraverso l’armonia.

Ho scoperto in Cina per esempio che il tempo non è univoco, ne esistono di due tipi, uno percepibile, lineare “il greenwich mean time” ed uno ciclico il “lunar time”.

Il primo consiste nel cronometro esatto ed infallibile che misura la giornata, è quello dell’orologio che guardiamo quando andiamo ad un appuntamento, quando voliamo da una megalopoli (Shenzen) ad un villaggio sperduto (Hubei) … è il tempo dell’economia cinese.

Poi c’è il “lunar time” scandito dalle stagioni,….è quello più intimo, con cui percepiamo il nostro essere (e progettiamo in Italia)

Ma hanno velocità diverse….

la Velocita’ che l’industria edilizia in Cina richiede per le prestazioni intellettuali crea una grande illusione di incredibile produttività ed attraverso il “nostro tempo” (quello che l’architettura ci richiede) rischiamo di comprometterne il risultato.

La spinta concettuale che genera il prodotto architettonico in Cina, è definita, in primo luogo, non tanto da considerazioni di natura estetica quanto da un’interpretazione dell’architettura quale forma di “mediazione costruita” tra le forze in gioco “tempo, velocita’, committenza e poi energia, budget, tradizione”.