Forse è il modo giusto di porsi. Per essere popolare, intendo.
Però non lo sopporto. Anche se magari ospita un Alberto Arbasino.
Di Fabio Fazio fatico a sopportare il conformismo. Amo chi ha coraggio, chi prende posizioni impopolari, chi fa riflettere.
Con Fazio tutto questo non c’è mai: la vita è sempre bella, come in un film (di Benigni). Infotainment.
Mi sembra un Baricco televisivo, un po’ uno Sting trombone e invecchiato e dimentico dei Police. Troppo angioletto.
Che è bravo, è bravo. Ma se si ha tutto quel potere, che diamine, si rischi il banco. Santoro, Massimo Fini, persino Ferrara, sanno mordere le viscere. Lui no: schiva, evita granchi. Si dissocia.
Ci riflettevo perché leggevo uno sfogo di Andrea Carraro, uno scrittore, su Facebook. Magari sarà pure invidioso, dirà qualcuno.
Però qualche volta i pugni son meglio delle carezze.
“Libro di Zucchero Fornaciari presentato (ed esaltato) da Fazio: roba da farsi venire un attacco apoplettico! E lui, Zucchero, sozzo, panciuto, sciatto, idiota, che ricama sui suoi ricordi da caserma, atteggiandosi a un Proust in preda alle folli e rischiose intermittenze della memoria. Accidenti, da vomitare! Un appello a Fazio: ma perché non la pianti di presentare i libri di questi zotici semianalfabeti ripuliti che si esprimono in italiano a stento! Ma come facciamo a prenderti sul serio, quando poi intervisti qualche scrittore o artista vero? Ma non ti senti anche tu un po’ responsabile del degrado culturale di questo paese con queste scelte dissennate?“
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Concordo in pieno. Fazio è l’adulazione fatta persona, il salamelecco esagerato, il finto stupore, il conformismo rivestito da quintali di melassa, il salotto soprattutto degli amici (sempre gli stessi – Zucchero, Baglioni, Strada, Bocelli), il Mollica di Rai Tre. Ogni libro o disco, anche il più sciatto, un capolavoro, ogni fatto, anche il più banale, un evento. Con quella faccia da pesce lesso, è un venditore ambulante di merce spesso avariata, un venditore ambulante di falsi d’autore, con tanto di valletta inutile, per quanto bella. Le uniche cose che si salvano di CHE TEMPO CHE FA sono la grafica, la… Leggi il resto »
Ci sono certi aggiustamenti redazionali che sortiscono, al di là delle intenzioni, un effetto comico. Io avevo scritto “cesso pubblico di infimo ordine” per dare l’idea proprio di una latrina, quella che io reputo la televisione italiana, strillata o untuosa che sia. A parte il fatto che la parola “cesso”, oltre a essere di uso comune, è riportata da tutti i vocabolari, c’è quindi la possibilità che l’espressione “gabinetto pubblico” faccia pensare, più che alla latrina, a un gabinetto politico, a un gabinetto medico, a un gabinetto scientifico. Ecco, la prossima volta, se proprio si deve tagliare o sostituire qualche… Leggi il resto »
Galiè, Galiè. Sfido a trovare un lettore che ha interpretato, visto il contesto del commento, come gabinetto politico la frase “gabinetto pubblico” con la quale avevo sostituito la frase ““cesso pubblico di infimo ordine”, che reputo non da insegnante né da giornale serio. Tutto qui. Agli ordini,