SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Tormenti ha un’unica soluzione: sollevare mister Piccioni dall’incarico, spezzare la catena che in questo modo sta stritolando la dirigenza, liberare la squadra dal rischio di ricatti e ricattini e maldicenze, ammettere gli errori e ripartire, a gennaio, con un nuovo progetto.
Perché dopo tre sconfitte consecutive, il penultimo posto in classifica, il disorientamento della tifoseria (comprensibilissimo), i giovanissimi Piccioni jr. ed Evangelisti jr. portati in panchina (ci risulta che la Samb sia di proprietà dei Tormenti e non dell’allenatore o del nuovo direttore sportivo Evangelisti, per cui, il presidente ha il diritto e il dovere di intervenire prima che gli equilibri dello spogliatoio saltino irrimediabilmente), l’assoluta mancanza di risposte e modifiche tattiche allo strapotere bustocco del primo tempo (avrebbero vinto lo stesso, ma, come dire: almeno a provarci), solo l’autolesionismo spinto ai massimi livelli potrebbe permettere ai Tormenti di lasciare Enrico Piccioni sulla panchina rossoblu. Anche perché, in oltre un anno, il tecnico sambenedettese ha mantenuto un’andatura regolare: sempre zona play-out, e quando ne è uscito – tre settimane fa – ha consentito alla squadra di risprofondare subito, ancor peggio di prima.
L’esonero è nei numeri, e non nella contestazione di una tifoseria per la prima volta in tre anni un po’ sopra le righe, ma fortunatamente non violenta, ad eccezione di un fumogeno tirato in tribuna centrale.
C’è mister Ugolotti sotto contratto (il Taranto, tra l’altro, si è fatto avanti con lui, che avrebbe chiesto alla Samb la rescissione del contratto): lo si richiami subito, lui che è fuori da qualsiasi giro, e ci si lanci nel mercato di gennaio per comprare quella indispensabile punta (la Samb ha 16 punti ma ha giocato praticamente sempre senza centravanti!).
Se questo non avverrà, la responsabilità del campionato fin qui fallimentare, oltre che del “promosso” Natali, sarà tutta integralmente della società. Che dimostrino, dunque, di tenere alla Samb e di liberarsi da quella catena che loro stessi, inconsapevolmente o meno, hanno ad altri dato possesso.