SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa dell’associazione Città Grande del Piceno in cui sono riassunte le proposte per il rilancio della Pesca sambenedettese per andare quello che ritengono un ormai “obsoleto fermo-pesca”.

“Il fermo biologico è uguale a se stesso dal 1984. Un fermo che dopo quasi 40 anni ha avuto  come risultato il più che dimezzamento della flotta, degli equipaggi, del pescato, un  inesistente ricambio generazionale e l’ 80% della dipendenza dall’estero, con una bilancia  negativa di oltre quattro miliardi di euro annui. Occorre cambiare politiche del mare e farlo  in fretta. 

L’attuale politica comunitaria di creazione di Aree Marine Protette, molto diverse da quelle  pensate e poi realizzate a partire dall’ anno 2000, è un primo passo verso l’evoluzione  produttiva e professionale di un settore lasciato per troppo tempo all’ abbandono senza una governance autorevole. 

L’ esempio della Fossa di Pomo, che ha permesso una riproduzione e un incredibile  incremento di pescato, dovrebbe aprire gli occhi anche ai più ostinati a non cambiare  mentalità . Così da iniziare a chiedere un impegno per la ricerca e fare un salto epocale che  può portare il settore verso la modernizzazione e la sostenibilità della risorsa anche e  soprattutto con le Aree Marine Protette che sono una occasione di progresso. 

Già oggi con la descrizione analitica del pescato e il controllo satellitare si può stabilire  annualmente la biomassa disponibile e chiudere le zone alla pesca per determinati periodi  per dar modo di riprodursi e crescere alle specie in via di estinzione. Questo comporterebbe  immediati vantaggi economici tramite la valorizzazione del pescato a prezzi concordati e in  linea con i costi di produzione e non più con aste al ribasso. 

Senza conoscenza delle risorse disponibili negli areali non si può parlare di organizzazione  della pesca in mare. Necessitano monitoraggi da parte del mondo della ricerca in stretto  abbinamento alle esperienze dei pescatori, affinché venga determinata la biomassa esistente  e di come possa essere soggetta al prelievo senza intaccare la sua sostenibilità. Questo per dar  modo a fermi biologici mirati per specie e zone.  

Considerando le caratteristiche degli areali del Medio Adriatico è necessaria la realizzazione di  una Authority distrettuale partecipata anche dalla parte croata per una loro equilibrata  gestione. Queste azioni devono prevedere anche una trattativa incessante con la Croazia per la definizione comune delle giornate e delle quantità di pesca commisurate alla realtà  demografica. Ciò in quanto in questi ultimi anni si è riscontrato un incremento esponenziale  della loro flotta da strascico passato a 604 imbarcazioni di grosso tonnellaggio, di gran lunga  superiori alle reali esigenze alimentari della popolazione esistente. Infatti su una popolazione  di 4,2 milioni di abitanti operano 8.954 imbarcazioni di pesca con un totale di 54.000 GT e  440.000 HP. In Italia con una popolazione di quasi 60 milioni di persone operano 12.500 imbarcazioni con un totale di 164.000 GT e un milione di HP. E’ evidente questo sproposito che sta mettendo a durissima prova la risorsa ittica del Medio Adriatico, considerando che la pesca dei croati è estesa in tutti i giorni della settimana ed è quindi necessario adeguarla ai nostri 4  giorni, almeno nelle aree di pesca comuni.  

Sono necessarie iniziative riguardanti azioni di grande risparmio sulla gestione delle barche,  contrattando i servizi e le forniture e ottimizzando il consumo di gasolio ed ottenere così una  forte riduzione dei costi senza mettere a repentaglio la sicurezza in mare.  Sperimentare nuove attrezzature per la pesca che siano fortemente selettive, meno impattanti con l’ ecosistema marino e realizzate con materiali biocompatibili. Ma è prioritariamente  importante che gli operatori della pesca siano messi in condizione di frequentare corsi di  aggiornamento specifici e ampliare le proprie conoscenze di biologia marina e sostenibilità  ambientale, così da poter dare un contributo attivo e fortemente incisivo al cambiamento e  diventare moderni professionisti capaci di attrarre le nuove generazioni. 

Sempre più urgente per San Benedetto ragionare in questi termini e avere la capacità di farlo  con la collaborazione dei comuni limitrofi come la nostra associazione non si stanca di  ripetere. Dopo le elezioni non abbiamo avuto riscontro e tanto meno interesse da parte  dell’amministrazione sambenedettese che ha lasciato alla sola Grottammare promuovere e  portare avanti iniziative per l’istituzione del Parco Marino anche per il rilancio della pesca  sambenedettese”.