SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sono trascorsi oltre settant’anni da quello che viene considerato il più grande sterminio dell’umanità. Eppure, ancora oggi, il ricordo di quell’atroce parentesi di storia è vivido nel cuore e nella mente chi lo ha vissuto. Coloro che invece hanno avuto la fortuna di conoscere la Shoah solo tramite i libri di scuola o i racconti dei propri avi hanno il dovere storico-morale di non dimenticare.

Proprio in quest’ottica, nella serata del 27 gennaio, Giorno della Memoria, si è svolto l’evento online organizzato dall’associazione sambenedettese Buon Vento.

“Un’associazione che, appena nata, attraverso questo primo evento vuole dare l’idea dei princìpi base che la ispirano: memoria, che seppur dolorosa deve essere esercitata, e visione” spiega la Presidente Flavia Mandrelli. 

Sul titolo scelto per il webinar, “Il Viaggio dell’Abisso”, fa chiarezza il portavoce comunale di Azione nonché ideatore dell’evento, Alessandro Maria Bollettini: “Cerchiamo di gettare la luce sulle pagine più scure della nostra storia che, tendendo a ripetersi ciclicamente, è maestra di vita. L’antisemitismo, infatti, è ancora attuale e il popolo ebraico viene tutt’oggi additato come responsabile di diverse catastrofi. Ricaviamo dunque insegnamento dalle parole di Liliana Segre che, in occasione della sua nomina a senatrice a vita, disse che coltivare la memoria è un vaccino contro l’indifferenza”.

Bollettini chiarisce inoltre l’obiettivo dell’incontro che, oltre a dare voce alle testimonianze di coloro che hanno avuto esperienze dirette e indirette collegate a quel buio periodo, ha come finalità la richiesta al comune di riattivare il gemellaggio tra la città di San Benedetto e la città austriaca Styer, meta, fino al 2016, di decine di studenti sambenedettesi dell’ultimo anno di superiori che, nell’ambito di un progetto di scambio culturale con l’Itc del comune gemellato, venivano guidati in visita al campo di concentramento di Mauthausen.

A questo proposito, l’ex sindaco di San Benedetto Giovanni Gaspari ricorda le tappe che hanno condotto all’amicizia tra le due città, introducendo l’intervento di Ute Wiesmayr, preside dell’Istituto Tecnico Commerciale di Steyr: “Questo progetto di gemellaggio è importante per commemorare la parte più triste della nostra storia e per facilitare gli scambi interpersonali tra i cittadini delle due città. Gli studenti di San Benedetto che negli anni sono venuti in visita a Styer hanno commemorato le vittime, conosciuto coetanei austriaci, condiviso con loro casa e scuola mostrando un forte spirito europeo. Sono perfino diventati amici nipoti di nonni che combatterono in guerra l’uno contro l’altro”.

Sull’importanza e la necessità di riavviare il gemellaggio anche Agnese Monaldi, insegnante di lettere del Liceo Classico Leopardi, referente del progetto tra il 2011 e il 2016 presso lo stesso istituto: “Che i nostri giovani non vengano privati del privilegio di comprendere che quella è stata la storia degli uomini”.

Che sia un privilegio lo confermano le parole di Silvia Valeri, ex studentessa del Liceo Classico Leopardi in visita nel 2016 a Mauthausen, profondamente segnata da quell’esperienza: “La grandezza del campo rappresenta, in chiave metaforica, la grandezza della sconfitta per l’umanità intera. Avvicinarsi a questa realtà permette di capire che l’odio e l’ignoranza uccidono, ma più grave ancora è l’indifferenza”.

Queste testimonianze, che lasciano intendere la bontà del progetto di gemellaggio con la cittadina austriaca, sono seguite dalla promessa del consigliere comunale e presidente onorario di Buon Vento, Paolo Canducci, di presentare direttamente al sindaco Spazzafumo una interrogazione o una mozione affinché il desiderio comune di riallacciare i rapporti con la città di Styer diventi nuovamente realtà.

Un fondamentale contributo alla serata è stato fornito da coloro i quali hanno vissuto la barbarie del periodo nazista in prima persona, come Harry Shindler, o attraverso le tragiche storie di familiari stretti, come nel caso di Roberto Matatia e Alessandra ed Emanuela Mazzocchi, nipoti quest’ultime del partigiano Mario Mazzocchi, ucciso a Castel di Croce durante un’imboscata fascista.

Harry Shindler, veterano inglese centenario, partecipante allo “Sbarco di Anzio” del 1944 per liberare l’Italia dal Nazifascismo, offrendo una preziosa finestra di approfondimento sulla storia del nazismo, ha condotto gli ascoltatori a riflettere sulle responsabilità dell’Olocausto non solo dei tedeschi ma anche degli italiani.

Roberto Matatia, giornalista e scrittore, autore del libro “I vicini scomodi”, racconta di come è nata la sua urgenza di conoscere e far conoscere la storia della sua famiglia perseguitata e uccisa dai nazisti: “L’esigenza di conoscere nasce da quando ero bambino e andavo in sinagoga e vedevo lapidi e nomi a cui non riuscivo a dare un volto. I nostri vecchi avevano quasi vergogna di essere sopravvissuti e per questo si mostravano restii a raccontare quella storia”.

Anche oggi ti accorgi di essere ebreo – prosegue Matatia – perché sono gli altri che te lo fanno notare. Ho ricevuto minacce, aggressioni, sono stato perfino sotto scorta”.

Parole come queste, che sottolineano quanto attuale sia un tema che tendiamo quasi sempre a relegare in un passato lontano da noi, hanno condotto, a fine serata, a una univoca inevitabile riflessione: dimenticare non si può.