SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Gli alunni della quinta B intervistano la dottoressa-oncologa, nonché mamma della loro compagna Elisabetta, Francesca Giorgi. L’intervista si è svolta sabato 12 aprile presso la loro aula, nella scuola Moretti.

Tommaso: Perché ha deciso di fare questo lavoro ed occuparsi di tumori?

“Si tratta di una scelta fatta all’università, nel momento della specializzazione. Il mio lavoro si occupa di una parte della medicina in cui c’è molto da scoprire e studiare. Amo molto il contatto con i pazienti e il fatto che la ricerca in questo campo fa continui progressi”.

Alberto: Da bambina sognava di fare la dottoressa o voleva far qualche altro lavoro?

“Volevo fare la maestra, poi ho cambiato idea al liceo, quando mi sono appassionata alle materie scientifiche”.

Asia: Come cura i pazienti?

“Alcuni pazienti seguono le terapie e guariscono, quindi devono solo controllarsi per verificare che la malattia non torni.
Altri pazienti continuano ad essere curati con i farmaci: con la chemioterapia (farmaci che uccidono cellule tumorali), oppure con terapie biologiche, che sono leggermente meno invasive”.

Elisabetta: E’ difficile il suo lavoro?

“Come tutti i lavori. Ogni paziente ha la sua storia, la difficoltà sta nel dare la terapia giusta. Per non commettere errori devo continuamente aggiornarmi e studiare. Molti pazienti guariscono, altri no, ma l’importante è seguire tutti con attenzione”.

Chiara: Quanto tempo lavora al giorno? Come si svolge la sua giornata lavorativa?

“Nel nostro reparto, nell’ospedale di San Benedetto, non facciamo ricoveri notturni. Il paziente viene presto la mattina ed entro le 16 va a casa, questo tipo di ricovero si chiama day hospital. Inoltre faccio le visite domiciliari, cioè vado anche a casa a visitare i pazienti che non riuscirebbero a venire in ospedale a causa della malattia. Durante le visite domiciliari ci si occupa dei sintomi della malattia e si parla con le famiglie, con le quali di solito si prende molta confidenza”.

Martina: Le capita di non riuscire a curare delle malattie?

“Purtroppo sì. In genere ci si può curare ma da alcune malattie è più difficile guarire. Molte volte queste possono essere controllate, ma purtroppo non guarite”.

Aurora: Da quanti anni fa questo lavoro? Quanti anni aveva quando ha iniziato?

“Avevo quasi 25 anni quando mi sono laureata, poi ho iniziato le specializzazioni. Lavoro da 23 anni nel reparto di Oncologia dell’ospedale della nostra città”.

Gabriele: Come fa un medico di fronte alla malattia a rimanere sempre sorridente?

“Non è facile, il medico deve avere sempre un atteggiamento di accoglienza. Bisogna ascoltare i pazienti, comprenderli e far capire loro che siamo lì per aiutarli. Il sorriso quindi viene spontaneo. A volte non è semplice ma è necessario, metà del lavoro del medico consiste in questo”.

Martina N.: Le è mai capitato di dare medicine sbagliate?

“Per fortuna no. Per evitare di fare errori noi dottori ci controlliamo a vicenda. Controllano anche gli infermieri e i farmacisti. C’è una catena di lavoro che serve per evitare meno possibile gli errori. Di solito tentiamo varie terapie, che modifichiamo in base a come reagisce il paziente”.

Anna: Le è mai capitato di affezionarsi ai suoi pazienti o di soffrire per loro? I suoi pazienti si affezionano a lei?

“Sì, mi capita spessissimo di affezionarmi ai pazienti e anche loro a me. Ci sono situazioni molto dolorose che segnano anche i dottori, ma bisogna essere forti e coraggiosi.
Mi emoziono tantissimo, per esempio, quando una donna che ha fatto terapie, e avendole fatte rischia di non riuscire ad avere figli, riesce ad averli e mi fa conoscere il suo bimbo”.

Alice: Quali tipi di tumore cura maggiormente?

“Curo molto spesso i tumori all’intestino, alla mammella, ai polmoni, alla prostata, allo stomaco e all’utero. Sono i più frequenti”.

Gioia: “Ci sono dei casi più difficili di altri?”

“Sicuramente. C’è il paziente che fa solo controlli ed il paziente che sta molto male, quello che sembrava guarito e invece poi non ce la fa”.

Anastasha: Si sente mai nervosa nel dover curare una difficile malattia?

“Sì, ci penso e ripenso, chiedo consiglio ai miei colleghi. La cosa importante è lavorare in gruppo, anche la persona che ci sembra meno preparata può darci una mano e risolvere una situazione. Questa regola è valida per tutti i lavori, così facendo condividiamo le responsabilità e le difficoltà, inoltre impariamo qualcosa dagli altri”.

Consiglierebbe questo lavoro ai suoi figli?
“Se sono motivati e si sentono portati sì. La cosa importante è seguire le proprie passioni. Io sono contenta di aver scelto questo lavoro e l’unica cosa che non ho fatto e farei è una esperienza più lunga all’estero”.

Federica: Quale stile di vita ci consiglierebbe?

“La salute dell’adulto si definisce alla vostra età. Le prime cose sono l’alimentazione e l’attività fisica. Vanno evitati i grassi animali. Non bisogna bere alcol né fumare. Ogni giorno bisogna muoversi, se non vi piace fare sport potete, per esempio, fare delle passeggiate.
Oltre a consigliare queste cose mi sento di sconsigliare una pratica oggi molto comune: moltissimi si informano, anche sulle malattie, via internet. Mai fare diagnosi da soli, leggendo sul web”.