Dal settimanale numero 873 del 31 maggio

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Paolo Consorti sbarca in laguna. Il noto artista sambenedettese esporrà la sua opera al padiglione Italia, Corderie dell’Arsenale, nella 54esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Un evento unico, che richiama i migliori artisti da tutto il mondo. Nei panni di San Francesco, patrono d’Italia, Elio (del gruppo “Elio le storie tese”) darà il volto e il corpo all’opera di Consorti, insieme all’attrice Veronica Barelli (Santa Caterina), in una performance artistica che si è tenuta il 3 giugno alle ore 17.

Innanzi tutto come si arriva alla Biennale di Venezia?
Si può esporre solo se si è invitati da un intellettuale. Nel mio caso è stato lo storico, saggista e scrittore Piero Melograni, a segnalarmi a Vittorio Sgarbi, il curatore del padiglione italiano di questa edizione”.

Per lei è la prima volta?
“Sì. Davvero una bella opportunità di far conoscere il mio lavoro. Mi dà un respiro internazionale, aggiungendo un importante riconoscimento al mio percorso artistico” (dall’esordio marchigiano nel ’91 al Palazzo Ducale di Urbino, ha infaticabilmente attraversato due decenni lasciando tracce importanti. Mostre personali a Roma, Milano, Firenze, Torino, Bologna, Melbourne, Berlino, Amsterdam, Minneapolis, Tokyo, ndr).

Cosa esporrà  a Venezia?
“Ho ideato per la Biennale veneziana un’opera multiforme. Un dittico con i santi Francesco e Caterina (pittura, fotografia e collage, il tutto su teca e vetro) e un’azione performativa che avrà luogo il 3 giugno nella sede della Biennale. La performance sarà poi documentata con un video che andrà a comporre insieme alle figure dei due santi un’installazione multimediale. L’idea originale si aggancia ai festeggiamenti per l’Unità d’Italia invocando, attraverso i Santi Patroni che tornano a visitare il loro Paese confuso, la forza di chi ha saputo vivere per gli altri ed è riuscito a sacrificarsi per un’idea. Il dittico appartiene alla serie “Rebellio Patroni” un battaglione di santi protettori delle maggiori città italiane che, ribaltando la tradizione iconografica, ritornano a vivere per opporre le loro scelte alla falsità e all’inganno della nostra realtà”.

Ci spieghi meglio il ruolo di Elio e di Veronica Barelli.
“Direi che rappresentano un’esigenza dell’arte di uscire dal quadro. La loro performance verrà ripresa da una camera a spalla. Un’idea un po’ borattiana (dal film Borat, ndr): un personaggio che giri tra il pubblico suscitando varie emozioni alle persone. Quello dell’arte contemporanea è un linguaggio che provoca”.

A proposito di provocazioni, torna in mente la famosa tela tagliata di Lucio Fontana: quel gesto che svelava l’assenza del sogno dietro la tela…
“Fontana recise la tela per far capire che dietro di questa non c’era nulla. Io la penso in maniera opposta: il sogno deve esistere”.

Si può dire che “il taglio della tela” abbia contribuito alla performance di Elio che esce dal quadro?
“Decisamente. Il mio personaggio si riappropria dello spazio illusorio di quel sogno. Per dirla più semplicemente è come se si fosse aperta la porta e qualcuno avesse rubato qualcosa: oggi lo stesso autore moderno esce dal quadro per riprendersi quella cosa”.

Tornando alla performance che presenterà a Venezia, ci dica qualcosa in più…
“Elio è un San Francesco stralunato e sbalordito, e giocherà nella confusione dei ruoli tra l’essere sė stesso, il Santo e l’icona. La sua uscita fuori dal quadro, in un trapasso dal misticismo dei boschi umbri allo splendore e al caos della laguna, mostra l’immaginario ritorno di San Francesco nel presente. Un’apparizione durante la quale testimonierà il proprio pensiero e commenterà frastornato quanto è sotto i suoi occhi, consegnando ai presenti il santino che lo ritrae con un messaggio. Della stessa azione sarà protagonista l’attrice Veronica Barelli nei panni di Santa Caterina. La performance veneziana senza abbandonare l’aspetto narrativo, vuole essere anche una riflessione sull’ambiguità dei linguaggi e delle opere. Elio è San Francesco ma è anche sė stesso e agisce con assoluta naturalezza, senza un copione. Dove comincia la realtà e dove l’opera? Chi è il protagonista e chi l’autore? Qual è il rapporto tra l’icona e la realtà? Che forza può avere un’idea? Può la parola essere vera? Cosa resta delle nostre azioni?”

Lei è famoso per la religiosità delle sue opere, “Rebellio Patronis” ne è la conferma.
“La religiosità che per me è opulenta, barocca e non essiccata, fa pulsare il mio modo di fare arte. Ma i miei personaggi non sono degli asceti che rinunciano a tutto, privi di ansie erotiche, anzi, godono delle cose del mondo. Secondo me, difficilmente l’arte può prescindere dalla religione”.

Guardando i suoi quadri, si percepisce anche un modo nuovo di considerare il Paradiso e l’Inferno.
“La mia visione non è classica: fuoco/inferno, nuvole/paradiso. Ho una visione barocca delle due situazioni che per me sono colme di carnalità”.

Cosa significa oggi essere un artista?
“Si può definire un grande artista colui che ha contatto con l’anima. Dall’opera esce infatti quello che sei”.