SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Cerca sponde nell’Udc e nella Lista Martinelli, ma considera la sua maggioranza ancora come un monolite compatto che voterà il bilancio preventivo il 23 dicembre prossimo. Sennò si dimette e si va tutti a casa.
Questo è il modo in cui Giovanni Gaspari affronta la crisi di maggioranza apertasi due settimana fa, dopo quel consiglio comunale in cui l’assenza dei consiglieri Pd Nazzareno Menzietti e Libero Cipolloni e del consigliere socialista Mario Narcisi fece mancare il numero legale.
Ma il 23 dicembre non si scherza, dice il sindaco. C’è da approvare un bilancio preventivo “lacrime e sangue” per via del taglio delle risorse statali (230 mila euro solo per il sociale), ma che dopo l’approvazione in giunta viene definito dal sindaco come «un piano finanziario che mantiene i servizi pubblici e non alza le tasse comunali».

Perciò, ragiona Gaspari, potrà essere votato – o almeno approvato politicamente con un’astensione – da quella parte della minoranza che appare più dialogante, cioè l’Udc e la Lista Martinelli. Cinque consiglieri comunali, in tutto, che possono con il loro comportamento in consiglio rendere la seduta del 23 dicembre una vera passeggiata. Ma anche un incubo. Forze politiche con le quali il sindaco e il Partito Democratico lanceranno i ponti del dialogo, in un largo giro di consultazioni a cui Gaspari non parteciperà direttamente, sostiene, e che è aperto a ventaglio dall’Udc fino a Rifondazione.
Ma non è la ricerca di una stampella per un’amministrazione “tradita” da un complotto interno, assicura il sindaco, che afferma con forza: «La mia maggioranza esiste ancora, continuo a rivolgermi a tutti i 18 consiglieri comunali che mi appoggiano dal 2006. I dissidenti potrebbero non venire in consiglio comunale? Credo che verranno, dobbiamo approvare un bilancio importantissimo per la città, confido nel loro senso di responsabilità».
Ma i ponti con la minoranza dialogante non sarebbero cosa nuova, non sarebbero una ciambella di salvataggio: «Vorrei ricordarvi che Felicetti e Tassotti della Lista Martinelli si sono astenuti quando votammo i bilanci di previsione l’anno passato. E c’era un aumento delle tasse».
Capitolo Udc, la gamma di ipotesi: opposizione con cui dialogare, opposizione che firmerebbe una mozione di sfiducia, oppure addirittura un futuro alleato. Per Gaspari è presto dirlo, certo si attendono i risvolti delle decisioni a livello regionale e nazionale. Di certo il sindaco vede l’Udc come una forza responsabile politicamente: «Non c’è un corteggiamento oggi, non c’era un odio ieri. Rispetto la loro forza politica, come rispetto la Lista Martinelli e Rifondazione. Ma badate bene, io non sono un sindaco con il cappello in mano. Semplicemente ritengo che non ci sono ragioni serie per non votare il bilancio che porteremo in Consiglio».
Mentre parla con la stampa nella tradizionale conferenza di sabato mattina, al sindaco esce fuori un lapsus: “Democratici di Sinistra”. Sandro Donati, in una intervista rilasciata venerdì al Corriere Adriatico, parla del rischio di trovarsi in un Pds piuttosto che in un Pd. Insomma, la lingua batte dove il dente duole.
Gaspari però si mostra conciliante verso l’assessore regionale, leader di corrente di Menzietti e Cipolloni, politico che appare come il regista della crisi di governo pur se lo nega sostenendo che l’impasse fosse già nell’aria da mesi.
Si mostra conciliante perché giudica la sua intervista piena di tatto ed eleganza, e perché affronta anche la questione della deroga al limite (interno al Pd) dei due mandati consecutivi in Regione. Una questione che sta particolarmente a cuore a Donati, che vede la sua terza ricandidatura in ballo e chiede di non usare due pesi e due misure escludendo lui a favore di altri candidati marchigiani che si trovano nella medesima situazione. Anche Gaspari chiede certezza e uniformità nell’applicazione della regola.
La questione invece non si pone per il governatore Gian Mario Spacca, per il quale la direzione regionale del Pd ha già votato per la deroga al limite dei due mandati.