La redazione di Sambenedetto Oggi questo sabato toglie la polvere ad un libro assai datato (risale al 1988), una delle prime “fatiche” ad opera degli ultras stessi, i quali a tutt’oggi hanno mantenuto ed anzi rafforzato questa pratica che negli anni Novanta ha mosso i primi passi.
Sto parlando dei libri che narrano le gesta e la storia di una curva, mandati alle stampe di solito in concomitanza con il compleanno (il decennale, il ventennale o magari il trentennale) del gruppo principale che la occupa.
Attualmente la maggior parte delle curve di spicco del panorama ultras (milanisti, interisti, laziali, romanisti, fiorentini, atalantini, veronesi ecc.) può vantare un libro in cui è descritta la propria storia.

L’opera alla quale faccio riferimento è l’antesignana di quella che potremmo definire una sorta di “letteratura curvaiola” in cui sono gli ultras stessi a scrivere, gli “impopolari” che raccolgono testimonianze, foto, cronache, ritagli di giornale. Un “memoriale ultras” raccontato dal di dentro perché dopo tanti anni di militanza viene quasi naturale pensare che la nostra curva e soprattutto i tifosi che domenicalmente la popolano e che durante la settimana organizzano trasferte e coreografie, meritino una specie di riconoscimento, viene spontaneo credere che questo sia uno dei modi affinché il nome di un gruppo resti impresso per sempre nella “pietra” che simboleggia la storia.

Nel 1988 – l’anno di pubblicazione di “CUCS – Commando Ultrà Curva Sud” (edito dalla Multi Media) – scrivere riguardo la curva di appartenenza non era ancora divenuta una moda, come più o meno è al giorno d’oggi. Allora l’idea dei romanisti, precursori in “materia ultras” di diverse cose, fu davvero originale ed il libro che venne mandato alle stampe va ricordato anche perché incarna una sorta di contenitore di idee e valori del mondo ultras.

Il centinaio scarso di pagine del libro ci fanno fare un salto all’indietro lungo fino al 9 gennaio 1977, data della nascita ufficiale del Cucs (Roma-Sampdoria), giorno in cui il mitico striscione giallorosso con la scritta che poi venne copiata e a cui si ispirarono tantissimi gruppi nostrani, fece la sua apparizione in curva Sud, tempio del tifo romanista.

Da queste prime righe ripercorriamo poi tutta la sfolgorante storia del Cucs – negli anni Ottanta senza dubbio il gruppo più rispettato e ammirato d’Italia – tra aneddoti (compreso quello del ‘79 concernente la tragica morte del tifoso laziale Vincenzo Paparelli), coreografie (come per esempio quella con la scritta luminosa “Forza Roma” nel derby edizione ‘77/’78, oppure quella “circolare”, la prima nel suo genere, dell’86 in occasione della sfida alla Juve, con l’Olimpico tutto coperto di strisce giallorosse), trasferte, striscioni, slogan, pensieri e parole sulle figure curvaiole (come quelle bellissime dedicate al “ragazzo del muretto”, ovvero colui che lancia i cori), sulle “icone” di questo fantastico mondo (vedi il citato “muretto”, il quale stava per essere abbattuto in seguito alla ristrutturazione dell’Olimpico per i mondiali del ’90), sulla passione ultras in genere.

A tal proposito il libro si chiude con la citazione del film della Walt Disney “Peter Pan”, la cui morale, secondo i ragazzi giallorossi, può essere utilizzata per spiegare e motivare la “follia” (in senso buono) del tifo: si rimane sempre giovani trovando occasioni di divertimento nelle cose che facciamo tutti i giorni, dal lavoro al tempo libero, dalla famiglia alla curva. Il Commando Ultrà come Peter Pan dunque, la Sud come “l’isola che non c’è” del popolo romanista, la passione tifosa quale modo per sentirsi “ragazzi” capaci ancora di assaporare il lato bello e spassoso della nostra esistenza.

“Cucs – Commando Ultrà Curva Sud” è figlio di quegli anni Ottanta in cui il fenomeno ultras vide espandersi a macchia d’olio nella nostra penisola acquisendo una consapevolezza di sé sorprendente, è figlio del vedere e considerare la curva non solo come uno spazio fisico da occupare e difendere, ma anche da vivere, una seconda “casa” in cui si matura, si gioisce o ci si dispera nell’amicizia e nella complicità con migliaia di altri ragazzi.

“Cucs” è uno spaccato vivido e ruspante dell’Italia dei giovani di quel decennio su cui la televisione e i giornali sparavano ormai a zero senza voler capire le ragioni che stavano dietro ore ed ore passate su di un pullman, dietro nottate trascorse a cucire bandiere o preparare striscioni e coreografie, dietro il frastuono che durava novanta e più minuti ogni domenica, dietro i canti ed il colore che facevano (e fanno) di uno stadio di calcio un luogo a metà strada tra un’arena e un teatro…