San Benedetto Siamo con Manolo Manoni, che ha salvato in bellezza la Sambenedettese in questa difficile stagione. Com’è nata la tua carriera da allenatore, dopo il tuo brillante curriculum da giocatore?

“Sono nato a Jesi e a 14 anni sono andato nel settore giovanile dell’Ascoli. Da lì ho iniziato a girare varie squadre del sud in Serie C. All’inizio non mi balenava in testa l’idea di fare l’allenatore, anzi verso la fine della mia carriera credevo che il mio futuro sarebbe stato quello di Direttore Sportivo. Però una volta appesi gli scarpini al chiodo sono uscito per un po’ dal mondo del calcio”.

Quando hai iniziato la carriera di allenare?

“A Grottammare, Massimiliano Manni mi ha chiamato per allenare una squadra di ragazzi e il nuovo mestiere mi ha conquistato sin da subito. Ho fatto la gavetta coi ragazzini e col tempo ho preso esperienza. Col Grottammare in prima squadra siamo riusciti ad evitare la retrocessione, dopo una sudata vittoria contro il Fossombrone. A Grottammare sono rimasto altri 3 anni in Eccellenza, ottenendo buoni risultati per le risorse che avevamo”.

Ti aspettavi un tracollo così, con due retrocessioni in due anni, anche se la seconda non è ancora certa?

“Speravo di no, ma oggettivamente bisogna riconoscere che il potenziale che può esprimere quella società a livello economico non è da Eccellenza di alto livello. Noi facemmo grandi sacrifici per mantenerci lì, ma non è facile. Comunque resto sempre legato a quella piazza che mi ha fatto crescere molto”.

Dopo il Grottammare, ti hanno chiamato da San Giusto.

“Sì, sono andato ad allenare la Sangiustese, sempre in Eccellenza. Lì il campionato è stato anomalo, perché fu sospeso a marzo per il Covid. La settimana prima di ricominciare mi mandarono via a causa di alcune divergenze col presidente e il Ds. Quell’anno poi l’Eccellenza la vinse il Porto d’Ascoli, che andò in Serie D, vincendo lo spareggio a Jesi contro il Fossombrone”.

Poi Castelfidardo, che esperienza è stata?

“Anche lì mi fu chiesto di provare a salvare la squadra, era un progetto con molti giovani, la rosa rispetto all’anno prima era stata totalmente smantellata. Fino a dicembre avevamo fatto un grandissimo campionato, ma fui esonerato e poi richiamato nel giro di un mese. Non ho potuto lavorare con continuità e alla fine perdemmo i playout”.

Contro la Samb pareggiaste 0-0, con i rossoblu che in quel periodo erano in forma. Che ricordo hai di quella partita?

“Fu una partita molto combattuta che ci ridiede qualche speranza, ricordo che alla Samb fu negato un gol regolare”

Passando alla Samb, sotto la tua guida ha messo in difficoltà anche la capolista Pineto.

“Con quello 0-0 in casa loro abbiamo dimostrato a noi stessi di potercela giocare anche con la prima in classifica, il Pineto, squadra più in forma del campionato e che poi di fatto l’ha vinto. Quella partita ci ha dato molta fiducia”.

Riguardo il comunicato all’Associazione Calciatori, ha generato confusione. I tifosi si chiedono come mai abbiano fatto uscire quel comunicato?

“Forse sono stati consigliati male. Non si può non giocare, si va incontro a squalifiche e deferimenti. E’ una questione anche di professionalità, in un attimo si ingrana un meccanismo che può portare a sviluppi negativi. Hanno sbagliato a dirlo e se ne sono resi conto”.

Torromino e Lulli non sono più scesi in campo da Porto d’Ascoli-Samb in poi. E’ successo qualcosa nello spogliatoio prima di quella partita?

“Non c’è stato nessun rifiuto o esclusione dalla rosa da parte mia. In quella settimana è successo di tutto e di più. Il giorno della partita, preso atto della situazione, ho chiesto giocatore per giocatore chi se la sentisse di continuare a giocare andando contro tutto e tutti, anche contro i tifosi che chiedevano di non scendere in campo. Per me qualsiasi decisione avessero preso era rispettabile, il lato umano non lo discuto”.

Certamente quella fu una giornata che gli sportivi sambenedettesi ricorderanno per molto tempo. Alla fine però credo che tutti si siano resi conto che fu una decisione saggia.