Dal numero 976 di Riviera Oggi, in edicola.

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La Samb nel cuore, comunque vada. Anche se digerire l’ultimo fallimento non è stato facile: “Il peggiore dei quattro”, confessa Maurizio Compagnoni. “Prima la gioia per una promozione esaltante, poi la beffa clamorosa della mancata iscrizione, con al timone dirigenti del posto. Che serva d’ammonimento per il futuro”. Per non sbagliare occorrerà cambiare passo, magari appoggiando un progetto a medio-lungo termine: “Se ti carichi di debiti non ne esci più. Preferisco lottare per non retrocedere, ma in compenso avere i conti a posto. Paradossalmente, il calcio costa maggiormente nelle categorie minori, dove gli introiti sono bassissimi”.

La speranza dei tifosi è ora nelle mani di Gianni Moneti, che però non ha ancora trovato soci intenzionati ad accompagnarlo nella tortuosa avventura: “Amici di Perugia me ne parlano bene – garantisce il telecronista Sky – ci ho parlato due volte, mi è parso serio, entusiasta. Si è immediatamente legato alla storia del club, può fare grandi cose”. Ma c’è un ma. La solitudine appunto: “Da soli è difficile, non conosco le sue potenzialità economiche. Non esiste che nel territorio non ci siano imprenditori in grado di sostenerlo. Si facciano avanti almeno gli sponsor. Se nessuno si muove il dilettantismo è inevitabile”.

Parole dure, rafforzate da esempi concreti. Quello della Virtus Entella, tuttora capolista in Prima Divisione, è uno dei più efficaci: “La società gode di trenta soci. Ormai sono poche le situazioni dell’uomo solo al comando. A San Benedetto ci sono ottimi imprenditori. Eppure, rispetto ad esempio a Civitanova non c’è paragone a livello economico”.

Se parli di Samb non puoi omettere la vicenda legata allo stadio. Complessa, delicata, eterna: “E’ una barzelletta – tuona Compagnoni – sono stufo, la questione mi indispettisce. Da cittadino gradirei tanto sapere il perché di tutto questo caos e chi ha sbagliato. Qualcuno ha commesso degli errori, forse più di una persona. Vorrei che si organizzasse un confronto pubblico per ottenere chiarezza. La verità è che il Riviera delle Palme ha affossato la squadra”.

Cioè?

“Con la mentalità di oggi mai sarebbe stato concepito un impianto di quel tipo. Adesso gli stadi sono piccoli e funzionali. Il Riviera è esattamente il contrario. Negli anni Ottanta la cultura era differente, solo successivamente ci siamo resi conto che l’idea era sbagliata. Una città di 48 mila abitanti non può realizzare una struttura da 24 mila posti. E’ assurdo”.

Nota è pure la tua insofferenza nei confronti dell’area di prefiltraggio.

“Assolutamente. E’ ridicola, indegna di un Paese civile. E’ uno spazio sprecato, va detto che in tutta Italia va così. Conseguenze figlie di decisioni aberranti”.

Viaggi molto. Qual è lo stadio messo peggio?

“Ovviamente quello di Cagliari. Uno scenario desolante. 4900 posti a disposizione, una tristezza”.

Dagli stadi ad un ex stadio: il Ballarin. Che reazione ti provoca vederlo così?

“Mi spiace tantissimo. Sono affezionato a quel posto, è una ferita ad una storia grandiosa. Comprendo questa strenua difesa da parte dei tifosi, ma non può restare com’è attualmente”.

Calcio e turismo. Il binomio prese piede due estati fa, quando Antonio Conte scelse la costa picena per le vacanze post-campionato. “Fu un ritorno d’immagine straordinario – osserva il giornalista, che ci mise lo zampino – l’operazione non costò manco mille euro. Conte era entusiasta, per lui questo posto è fantastico”. Accade tuttavia che una battuta pronunciata ingenuamente interrompa il sogno meraviglioso, manifestando i limiti di una promozione modesta su scala nazionale: “Tornai a Milano e una persona si domandò come mai il mister della Juventus avesse deciso di trascorrere le ferie da noi. Non era ironico, se lo chiedeva sul serio. Se uno si pone il quesito significa che sul piano dell’immagine devi lavorare duro. Il marketing è gestito malissimo. Importanti personalità del settore mi hanno confidato che San Benedetto sfrutta appena il 15% del potenziale turistico. Certo, i pregi sono superiori ai difetti, che in ogni caso non sono pochi”.