Avevo lasciato questo articolo in bozza, in attesa, già da mercoledì scorso. Poi, la tragedia di Brindisi e la morte innocente di Melissa Bassi. Credo sia il caso di pubblicarlo perché in Italia, nei giorni immediatamente precedenti quel tragico evento, questi erano i discorsi che si potevano ascoltare, al bar come in una radio nazionale. La tragedia pugliese è dunque accaduta (a meno di una settimana della “gambizzazione” di un dirigente dell’Ansaldo Roberto Adinolfi) perché un qualche humus fertile si è diffuso nel Paese. Senza entrare nel merito di chi abbia causato la morte di Melissa, fatto tutt’ora avvolto nell’incertezza.

Di seguito l’articolo integrale.

Si respira un’aria pesante. Ogni giorno più pesante.

Ieri, mercoledì 14 maggio, tornando a caso sentivo Zapping, la trasmissione radiofonica di Aldo Forbice. Come d’abitudine, l’apertura viene affidata ad Enrico Cisnetto, giornalista economico che scrive sui giornali Il Messaggero, Il Foglio, Il Gazzettino di Venezia, La Sicilia di Catania, Il Mattino di Napoli, Liberal e Il Mondo.

Interessante l’intervento di Aldo Forbice dopo la serie di dati finanziari ed economici catastrofici relativi a lunedì 14 maggio: “Paghiamo questi 33 mila euro per ogni italiano così la facciamo finita con questo debito pubblico”. Cisnetto risponde: “Basterebbe ridurre il debito sotto al 100%, basta ridurlo un po’, basterebbe vendere il patrimonio pubblico e chiedere magari chi ha il patrimonio privato a far sì che questa operazione riesca“.

Chiarisco per chi legge: se lo Stato attraverso la vendita di un suo capitale riesce a ricavare più occupazione, minori costi e una gestione migliore (ad esempio frantumata tra una miriade di piccolissime imprese e non concentrata nelle mani dei globalisti incontrollabili), non vedo perché bisognerebbe opporsi. Ma non si parla di questo, come è chiaro dalle parole di Cisnetto. E aggiungo: se un privato fa rendere bene un patrimonio pubblico devastato, ben venga. Ma l’Eni, di cui lo Stato è forte partecipante, è la seconda azienda italiana.

C’è una parte dell’oro che si potrebbe vendere ma c’è anche un’altra cosa, 20 miliardi dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose” dice il conduttore Aldo Forbice. E Cisnetto: “Ma a confronto del debito pubblico sono un’inezia. L’oro l’abbiamo considerato l’ultimo dei baluardi, spero che non debba essere messo in gioco. Il Tesoro a suo tempo ha stimato un patrimonio pubblico di 1800 miliardi che grosso modo pareggiava il debito. Ma di questi solo 700-800 miliardi sono facilmente realizzabili, c’è dentro Eni, Enel, Finmeccanica, partecipazioni e immobili: se fossero messi in una società quotata in borsa si porterebbero a casa centinaia di miliardi per abbattere il debito e rilanciare gli investimenti pubblici in conto capitale, perché l’economia si rilancia così, con gli investimenti, al di là delle chiacchiere”.

Poi arrivano due telefonate di due cittadini abbastanza anziani, uno tra l’altro di Recanati, di un signore che si dichiara “borghese” a cui seguirà un ascoltatore di Sora.

Domande inquietanti perché arrivano non da estremisti, ma dal cuore italiano, l’ex ceto medio, per di più anziano. Ma non più (semmai lo sia stato) riflessivo: non è tempo di radical chic, nel 2012. Ecco il virgolettato del primo ascoltatore, dopo alcune domande economiche: “La mia è una domanda senza secondi fini. Io sono un borghese, non sono un terrorista. Qual è la sua opinione dei suoi illustri ospiti sulla rispresa se non del terrorismo, delle azioni violente. Siamo sicuri che c’è la stessa compattezza degli anni Settanta?“.

Poi arriva l’ascoltare da Sora: “Volevo intervenire su una dichiarazione del ministro Grilli: ‘Chi colpisce Equitalia colpisce lo Stato’. Secondo me non è esatto, non colpisce lo Stato, colpisce questo Stato. Perché anche Fidel Castro è uno Stato, ma quale Stato? Pongo la stessa domanda del mio predecessore: negli anni Ottanta il popolo non ha seguito le Brigate Rosse, oggi cosa accadrebbe nel caso di un’esplosione di questo genere?

Riporto queste due domande perché il tema è di forte attualità giornaliera ma anche per un altro aspetto: fuori dall’ufficialità questo genere di discorso è predominante, è difficile, oggi, 15 maggio 2012, ascoltare qualcuno che abbia parole forti contro chi si dichiara disposto a commettere atti violenti (di qualsiasi tipo) verso “lo Stato” (uso un termine volutamente generico).

Io stesso, naturalmente, prima di scrivere questo articolo ho avuto un po’ timore di uscire dal seminato del politicamente corretto e affrontare un argomento così difficile: tra rischio di moralismo e quello ancor più pericoloso di avallare pensieri pericolosi. Ma poi mi sono detto che è bene parlare anche di questo, che un giornalista deve trovare le parole più corrette anche per dire: attenzione, ovunque in Italia la classe media e i piccoli borghesi potrebbero non opporsi ad una serie di azioni violente.

Ma appunto chiedo aiuto ai lettori: c’è oggi la stessa compattezza degli anni Settanta o invece si rischia una deriva?