SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Pier Giorgio Camaioni su Dustin Hoffman.
«A scuola, che ce lo facevano imparare a memoria, tutt’al più piangevamo per il voto (poteva quindi piacerci, L’infinito?). Qualche anno dopo, ancora l’infinito, ma in Matematica: la buffa freccetta a destra con l’8 disteso.
Non potevi/dovevi impararlo a memoria, o capivi il concetto o niente. Ancora prima, al catechismo, con il Dio temibile “che non ha né principio né fine”, don Marino ci metteva paternamente in confusione. Toccava ascoltarlo, ma noi volevamo solo scappare a giocà-a-pallò, ci sembrava d’aspettare un tempo… infinito.
Poi l’infinito finì. A parte le canzoni, la vita propone sempre cose finite. Solo quello del Leopardi, resta.
E adesso torna: non una ma 1.000 volte, 1.000 spot che incensano un po’ di Marche (mille, numero emblematico, furbo e approssimativo, sa proprio di infinito…).
Chissà la commozione, chissà le reazioni, chissà i turisti, chissà i voti.
Di sicuro piangeranno le nostre tasche.
Mentre il piccolo Dustin, sull’aereo che lo riscodella in patria, se la ride a crepapelle. Senza maschera.
Grande attore, ‘sto Dustin Hoffman».
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La lettura dell'Infinito del Leopardi può susitare diverse tipologie di emozioni nel lettore, tutte direttamente proporzionali alla propria sensibilità. Non mi voglio certo arrogare di poter sapere cosa sia passato per la testa del sig. Hoffman, però non vedo perchè avrebbe dovuto sceneggiare un pianto, una lacrimuccia, forse per lasciare intendere che aveva capito l'animo sofferente del Poeta? O forse perchè intimamente apprezza le opere d'arte, siano esse quadri o sculture o opere musicali e quant'altro? Chi lo può sapere? Forse solo chi lo conosce bene. Per il resto direi che il sig. Hoffman riderebbe di questa sua presunta conoscenza… Leggi il resto »