SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Un maxisequestro da parte della Guardia Costiera di centinaia di casse di cefali pescati a pochi metri dalla costa, ai danni di due imbarcazioni di proprietà di armatori pugliesi di stanza a San Benedetto.

Al porto ritornano le tensioni fra marineria locale e marineria tranese, accusata di fare concorrenza sleale nella pesca alle alici con il metodo della volante (barche in coppia con una rete in comune disposta fra le imbarcazioni).

Una nuova puntata della “guerra delle alici” scoppiata l’inverno scorso, poi sopita dopo un accordo fra le parti siglato in Prefettura ad Ascoli. Anche se le alici stavolta non sono protagoniste dirette, essendo il pescato sequestrato composto solo da cefali, l’oggetto del contendere è il mercato locale, “inquinato” secondo i sambenedettesi dalla presenza di queste barche.

Il sequestro è avvenuto nel primo pomeriggio di mercoledì. Le volanti tranesi Gaetano Padre e Tonino Primo, visibili a occhio nudo anche dalla costa, stavano pescando in coppia molto vicino agli scogli, quando il limite minimo per la pesca a strascico è fissato sulle tre miglia da terra. Nel tardo pomeriggio di mercoledì, il personale della Capitaneria di Porto stava ancora svolgendo le operazioni di conteggio delle quantità di pesce sequestrato, che poi sarebbe stato congelato per essere in parte donato in beneficenza.
Arrivate a terra le barche tranesi scortate dalla Guardia Costiera, mentre i militari salivano a bordo per verificare quanto pescato ci fosse, è scoppiato il parapiglia.
Pescatori sambenedettesi e martinsicuresi del comparto del pesce azzurro hanno inveito contro i tranesi, accusando gli armatori Enzo ed Angelo Raffaele di aver palesemente violato le dichiarazioni di buoni intenti fatte alla stampa il giorno prima, quando avevano assicurato che i loro metodi di pesca erano del tutto regolari e che fra i marittimi locali esistesse una sorta di invidia verso i loro successi commerciali.
In prima fila nella contestazioni tenute a bada da Carabinieri e Polizia Municipale erano i martinsicuresi della cooperativa Abruzzo Pesca, che lamentano il fatto che gli ospiti tranesi inflazionino il mercato, non rispettando le consuetudini della marineria locale, come la divisione delle casse di pesce tirato su oltre le quote massime, che vengono compartite con le barche che hanno pescato di meno.
Negli ultimi giorni gli armatori tranesi sono tornati a vendere il loro pescato sui banchi del mercato ittico comunale, mettendolo all’asta insieme al resto della marineria. In precedenza, invece, lo vendevano direttamente ai grossisti, che lo venivano a caricare a San Benedetto portandolo in altri mercati con i loro grossi camion.
Per comprendere in pieno lo spirito della protesta, ecco una dichiarazione da noi raccolta al porto fra i martinsicuresi: «C’è stato un periodo in cui facevamo base ad Ortona. Beh, le marinerie locali ci consentivano al massimo di sbarcare. Qui invece i tranesi sembra facciano il bello e il cattivo tempo. Sembra che le regole non esistano, a San Benedetto, o che esistano solo per gli equipaggi locali».