GROTTAMMARE — Si è tenuto venerdì 7 giugno presso la sala consiliare del Comune di Grottammare l’incontro dell’Associazione Hikikomori Italia Genitori.

L’evento, oltre a essere stato un’occasione per sensibilizzare sul tema delle buone pratiche da tenere con un figlio in una condizione di ritiro sociale, è stato anche un momento di confronto tra i membri dell’Associazione, che hanno avuto modo di raccontare le loro esperienze.

La dottoressa Lucia Callarà — psicoterapeuta sistemico relazionale e referente dell’Associazione nella zona Marche sud — e la dottoressa Ludovica Dell’Avvocato —psicologa— sono state le due relatrici del convegno e, ai nostri microfoni, si sono rese disponibili per rilasciare una breve intervista sul fenomeno dell’isolamento sociale giovanile.

Cominciamo con una definizione necessaria: chi sono gli hikikomori?

Lucia Callarà: «Il termine hikikomori è un termine giapponese che, alla lettera, sta a significare: “stare in disparte”. Si tratta di un’espressione che viene utilizzata per fare riferimento ad adolescenti e giovani adulti che decidono di isolarsi dalla società, vivendo nella solitudine della loro camera da letto. Dal momento che si tratta di un fenomeno che riguarda persone ritirate o che tendono a non interagire con gli altri, esso tende a rimanere invisibile al mondo esterno e, nonostante la sua grande diffusione, è ancora praticamente sconosciuto. Nel nostro paese le associazioni Hikikomori Italia e Hikikomori Italia Genitori — fondate nel 2017 dallo psicologo sociale Marco Crepaldi — sono nate proprio con l’obiettivo di creare una rete di professionisti ed enti interessati al tema dell’isolamento sociale cronico giovanile».

Secondo voi il fatto che il fenomeno del ritiro sociale sia così poco conosciuto contribuisce ad aggravarlo?

Ludovica Dell’Avvocato: «Probabilmente la scarsa conoscenza di questa condizione fa sì che molti genitori applichino degli interventi sbagliati nel tentativo di risolverla. Proprio per questa ragione ci preme molto evidenziare i vari pregiudizi che ci sono sugli hikikomori, come ad esempio: l’idea che gli hikikomori siano portatori di una psicopatologia grave; l’idea che gli hikikomori siano dei fannulloni che vogliono evitare le fatiche della scuola e del lavoro; l’idea che un’educazione permissiva li abbia portati al ritiro sociale (non ci sono prove che sia così); l’idea che, per risolvere il loro problema, si debba ricorrere alle maniere forti (il classico: buttiamoli fuori di casa a calci); l’idea che basti staccare internet per sbloccare la loro situazione e così via. Come associazione il nostro scopo è proprio quello di diffondere tutta una serie di buone prassi che possano portare a dei primi miglioramenti».

Andiamo adesso un po’ più sul tecnico: il vivere in un piccolo centro piuttosto che in una grande città quanto incide sul ritiro sociale di questi ragazzi?

Lucia Callarà: «Sulla base di quello che abbiamo potuto osservare l’isolamento sociale è trasversale a tutte le realtà cittadine, grandi o piccole che siano. Forse è presente una leggera amplificazione di certe dinamiche nelle grandi città (il bullismo, la pressione sociale, etc.); ma fondamentalmente il fenomeno è lo stesso un po’ ovunque».

Esistono delle fasce d’età critiche in cui è più alto il rischio di isolarsi?

Lucia Callarà: «La pre-adolescenza, l’adolescenza e la prima età adulta sono sicuramente i tre momenti più delicati. Il rischio di isolarsi aumenta significativamente nel caso in cui, durante il periodo scolastico, si sia subito bullismo da parte dei coetanei. Tuttavia non è da sottovalutare nemmeno il passaggio dal liceo all’università: non di rado capita che, il brusco cambiamento tipico degli anni universitari, porti un giovane adulto ad isolarsi».

Chiudiamo con una domanda personale: come vi siete avvicinate a questa tematica?

Lucia Callarà: «Mi ha molto colpita la sensibilità di questi ragazzi e, essendo anch’io una persona molto sensibile, mi sono subito sentita vicina a loro. Strada facendo nel corso della mia carriera mi sono imbattuta in una collega che mi ha detto che l’Associazione cercava una psicologa di riferimento per la zona Marche sud; mi sono così lanciata in questa avventura».

Ludovica Dell’Avvocato: «Conoscevo per vie traverse l’Associazione, ma non ero informata nel dettaglio. Io e Lucia ci conosciamo da un po’, così quando lei mi disse che le serviva una collega che la affiancasse nel gruppo Marche sud mi sono subito fatta avanti. Dopo esserci incontrate lei mi ha spiegato in cosa consiste di preciso il fenomeno degli hikikomori, e ne sono rimasta molto colpita. In altre parole: mi ha molto coinvolta la condizione di questi ragazzi, sia per quanto riguarda loro direttamente; sia per il modo in cui le varie famiglie affrontano la situazione».

Da sinistra: la dott.ssa Lucia Callarà e la dott.ssa Ludovica Dell’Avvocato