SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Lo sport sambenedettese, così come la cultura, ha attraversato tempi migliori. Lo sanno bene gli atleti, i dirigenti e gli allenatori di Pool Nuoto, Cogese e Delphinia, caduti sotto la lama affilata dell’amministrazione Piunti, che in un lustro ha tagliato tanto e cucito poco.

Ma andiamo con ordine. Dopo più di un anno di lockdown, con riaperture a singhiozzo e provvedimenti dalla durata incerta, a giugno 2021 è arrivata l’ordinanza dell’allora sindaco Pasqualino Piunti che disponeva la chiusura della piscina “Gregori”, considerata pericolosa per la pubblica incolumità.

Com’era prevedibile, le proteste non si sono fatte attendere, soprattutto da parte delle società sportive coinvolte, che, dopo un periodo di estrema difficoltà, pronte per ripartire, dalla sera alla mattina si sono ritrovate a dover riorganizzare l’attività estiva e a prendere atto di aver rischiato la vita durante gli allenamenti. O almeno questo è quello che l’urgenza della disposizione ha indotto a pensare.

Le associazioni hanno chiesto di essere ascoltate, di cercare insieme una soluzione che conciliasse le esigenze di tutti, ma le istanze sono cadute nel vuoto, tra scuse raffazzonate da parte dell’assessore allo sport Pierfrancesco Troli e dell’assessore ai lavori pubblici Pierluigi Tassotti e goffi mea culpa del sindaco Pasqualino Piunti, che ha ammesso di aver compiuto degli errori, però in buona fede, perché la sua intenzione era quella di riqualificare tutta la piscina, anche quella esterna. E che altro avrebbe potuto dire?

Contro la chiusura è stata indetta una manifestazione pacifica, svoltasi il 9 luglio 2021 in piazza Giorgini, alla presenza di tutti coloro che sono stati toccati dalla decisione del comune. Non è passato inosservato l’ardore dell’ex atleta della Pool Nuoto Laura Franceschi, vero e proprio motore della protesta grazie alla sua “Lettera al nuoto”, letta al megafono mentre intorno a lei scrosciavano applausi e sventolavano bandiere e striscioni.

Laura è entrata in acqua per la per la prima volta all’età di due anni, dapprima in “vasca piccola”, poi nella “vasca dei grandi”, dalla quale è uscita alla veneranda a 19 anni. In otto anni di attività agonistica, dieci se si conta anche la categoria Esordienti B, ha collezionato ricordi, insegnamenti e successi, come il titolo italiano Esordienti A a Molveno, che le ha aperto la strada a dodici mesi di continui miglioramenti. L’incantesimo si è spezzato solo quando non è riuscita a piazzarsi tra i migliori alla Coppa Comen, una manifestazione simile ai Giochi del Mediterraneo, ma riservata ai giovanissimi. È stato comunque un grande onore per lei indossare i colori della Nazionale italiana. “A essere onesta, forse, i momenti che ricordo con maggiore accoramento sono tutti successivi al 2011, come il quarto posto italiano nella categoria Cadetti a cinque decimi dal podio nel 2016, che è stato l’ultimo grande palco che ho calcato – dice – Undici mesi dopo ho chiuso la mia carriera da atleta per proseguire con quella di studente universitario. Ho sentito che il mio momento era finito, non potevo dare di più, ma non è qualcosa che si è rotto, si è semplicemente sopito. Spero che un giorno possa risvegliarsi”.

Ecco l’intervista che ci ha concesso a otto mesi da quel pomeriggio infuocato.

Laura, qual è stata la tua prima reazione quando hai saputo dell’ordinanza che disponeva la chiusura della piscina “Gregori”?

“Ho provato una forte empatia verso i miei compagni di squadra, ho pensato a come avrei reagito io se a 15-16 anni mi avessero tolto la piscina, che per me all’epoca era davvero un ‘centro di gravità permanente’. Successivamente ho cercato di mettermi nei panni degli allenatori, in particolare i miei. Tutti si sono impegnati molto in tempo di pandemia per continuare a garantire un supporto ai ragazzi, non solo dal punto di vista dell’allenamento, ma anche nel senso di assicurare un minimo di socialità, quindi immagino che si siano trovati improvvisamente senza pavimento sotto i piedi. Non ho le competenze per pronunciarmi sulla chiusura e sull’opportunità del provvedimento, anzi, credo che la prevenzione sia l’arma migliore. Quello che mi rincresce è che si sia dovuti giungere a una decisione così estrema e in maniera così improvvisa che ha lasciato tutti, ragazzi, allenatori e lavoratori, a casa. Non c’è mai stata una vera e propria ristrutturazione dell’impianto, hanno condannato questa struttura alla fatiscenza. Come si dice? Roma non è stata costruita in un giorno… temo che nemmeno la chiusura della piscina abbia seguito queste tempistiche”.

Nonostante tu non sia più un’atleta, hai deciso di scendere in piazza il 9 luglio 2021 per protestare contro la chiusura della piscina e di pronunciare un discorso molto accorato. Cosa ti ha spinto a questo gesto?

“So che sembra impossibile che dopo una vita di 200 farfalla io abbia chiuso la mia carriera con un 100 dorso, ma è andata così ed è per questo che mi sono sempre ripromessa di tornare in acqua prima o poi. Quando ci penso, non riesco a immaginarmi in nessun altro posto se non a San Benedetto con Andrea e Valeria. Quella piscina è ancora la mia piscina. Avrei forse potuto trovare una motivazione più forte di questa? Io non credo”.

Cosa significa per un atleta dover stare fermo per così tanto tempo o doversi spostare in altre città per allenarsi? E quanto costa alle società sportive in termini di danni economici e non?

“Sul lato economico non posso pronunciarmi, non ho cifre da snocciolare, ma basti pensare a quanti genitori non iscriveranno più i loro figli a nuoto o a quanti ragazzi decideranno di abbandonare questo sport perché i sacrifici richiesti dagli spostamenti sono improvvisamente diventati inconciliabili con i loro impegni scolastici ed extrascolastici, per non parlare del danno di immagine che hanno subito le società non potendo più garantire un luogo dove allenarsi agli atleti che li avevano scelti a inizio dell’anno”.

Pensi che a San Benedetto venga riservata poca importanza agli sport che non siano il calcio?

“Temo che in questo caso si possa fare un discorso globale. Se ci pensiamo, ogni stato ha il proprio sport nazionale che sposta importanti flussi di denaro e su cui si punta più che sulle altre discipline. Da persona che ha praticato per anni uno sport figlio di un dio minore, sono dispiaciuta che non venga riservata la stessa rilevanza a tutte le discipline, soprattutto perché spesso gli sport di cui si hanno meno notizie sanno regalare emozioni esattamente come quelli considerati più importanti, solo che non si lascia loro la possibilità di farlo. Immagina quanto sarebbe bello riempire una piscina di tifosi o mettere su un merchandising. Se se ne parlasse di più, sono sicura che i flussi di denaro si creerebbero”.

Qual è il tuo auspicio per il futuro?

“Spero che San Benedetto, dopo il rifacimento della piscina, possa diventare un punto di riferimento per il nuoto nelle Marche e non solo, anche perché nelle nostre zone la vasca da 50 metri è soltanto a Pescara e a Pesaro. Richiamerebbe tanto pubblico, movimento, e ci sarebbe un bel ritorno di immagine. Investire nello sport significa inoltre formare dei cittadini consapevoli e corretti. Gli sportivi sanno giocare in squadra, sono affidabili, responsabili, quindi puntare su impianti sportivi funzionanti, con un bel clima di collaborazione all’interno, vuol dire creare delle persone rispettose anche dell’ambiente circostante”.