BORGESE: “Per la partita di Jesi un giornalista di Chieti mi ha dato 6,5”

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Quello che traspare dal telefono – più della voce, e dell’accento vagamente siculo – sono un paio di spalle larghissime. In campo la responsabilità ce l’hai su una giocata difficile – che può costare un gol (Agnone) o portare la vittoria (Termoli) – fuori, ce l’hai su te stesso. Borgese non dà l’impressione di spaventarsi, e risponde semplicemente con un lucido orgoglio che sa di voglia di rivincita.

Molti tifosi (e alcuni giornalisti) sono stati un po’ critici, nei tuoi confronti. Come stai affrontando la situazione?

Di sicuro le critiche non fanno piacere, ma alla fine è il campo a parlare. Io dico solo che – persino dopo la sconfitta con la Jesina – un giornalista obiettivo di Chieti (non influenzato dalle voci sambenedettesi) mi ha messo 6.5. A me le critiche non infastidiscono ma secondo me in molti casi c’è un giudizio prevenuto; cerco di dare poca importanza a quello che scrivono, ecco.

Scartozzi, De Rosa, Zebi, Traini: alla Samb, da tre anni a questa parte, tutti quelli che hanno giocato nel tuo ruolo sono stati criticati…

È un ruolo importante, chi gioca in questa posizione è molto criticato perché ne va del gioco della squadra. Io devo crescere, sto crescendo, ma non ho mai fatto così male come ha scritto qualcuno. E non lo dico secondo me, ma secondo chi lavora nel calcio e vive di calcio. A dir la verità non mi va tanto, di parlarne, ma non mi dà fastidio; sono tanti anni che giro piazze importanti, queste cose succedono.

Allenatore, squadra e società ti hanno sempre difeso a spada tratta.

Sono contento ….

L’INTERVISTA COMPLETA SU RIVIERA OGGI N. 1008, pagine 16 e 17. OGNI SABATO IN EDICOLA

BATTISTA  CRESCENTI: “La pesca è in crisi per colpa della politica””

Giovanni Battista Crescenzi, meglio conosciuto come “lu ‘Nglese”, per trentasei anni ha solcato i mari di tutto il mondo, come comandante. “Sono cresciuto nella piccola pesca, dato che mio padre lavorava in questo ambito. Ne vado molto fiero”.

Quanti anni aveva quando ha iniziato a lavorare in mare?

“Il mio primo e vero imbarco risale a dopo il servizio militare, sul motopeschereccio “Giovanni Marchegiani”. Nonostante avessi la patente come “padrone marittimo”, m’imbarcai come semplice marinaio perché volevo conoscere i sacrifici di questa figura professionale. Feci sei viaggi come marinaio, lavorando in Atlantico. Nel 1964 m’imbarcai come secondo ufficiale sul peschereccio atlantico “Antilope” e lì rimasi quasi un anno. Dopo il fallimento della società che gestiva questo motopesca, m’imbarcai a bordo del “Marchegiani terzo” come primo ufficiale ed avevo come comandante Grossi Domenico. Dopo due viaggi come primo ufficiale e dopo le dimissioni del comandante, presi in mano le redini del “Marchegiani terzo”.

Nel 1968 esplorammo la pesca in Perù per sopperire una crisi alimentare spaventosa e per cercare di far valorizzare una delle risorse che fosse diversa dalla pastorizia. L’armatore sambenedettese Antonio Marchegiani stipulò un contratto di affitto con la municipalità del Perù. La barca si sarebbe impegnata nella pesca, ma anche nella sua promozione. A quel tempo, in Perù, questo settore era sconosciuto. In quel mare, molto pescoso, il pesce moriva di vecchiaia in quanto non c’erano le attrezzature che consentissero la cattura.

L’INTERVISTA COMPLETA SU RIVIERA OGGI N. 1008, pagine 18 e 19. OGNI SABATO IN EDICOLA

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