
Riceviamo e pubblichiamo da don Gianni Croci, responsabile della Caritas diocesiana e parroco della chiesa San Filippo Neri
Il riferimento è ad una foto diffusa sui social e nella quale un ospite della struttura sta dormendo su una panchina. Le considerazioni di don Gianni possono avere diverse spiegazioni anche contrarie al suo pensiero ma sicuramente devono portare a riflessioni importanti. Una su tutte: l’importanza di mettersi nei panni dell’altro. Se tutti lo facessimo sempre, il mondo andrebbe sicuramente meglio e… mi fermo qui.
Il Direttore
SAN BENEDETTO – “Adam è un ragazzone dagli occhi azzurri, con un po’ di barba bionda, un bonaccione. Potrebbe essere mio nipote. È arrivato in Italia dalla Tunisia con un sogno: trovare un lavoro, aiutare i familiari, riscattarsi. Mi confida di aver lasciato nel suo paese la moglie, un bimbo, e che sua suocera lavora alla Caritas di una città vicina alla capitale.
Qualche tempo fa, non sapendo dove andare, su indicazione di qualcuno, Adam ha bussato proprio alla Caritas. Non è sempre facile sistemare i documenti, trovare un tetto, poter lavorare. In attesa di una sistemazione, che purtroppo non è ancora stata trovata, nonostante i numerosi tentativi, dormiva sotto la tettoia dell’ingresso della Caritas. Di fronte alle proteste di un gruppo del quartiere, denominato “decoro e sicurezza” e della conseguente vigilanza interna messa nella struttura, non gli è più stato permesso di entrare la sera.
Adam aveva espresso la sua paura di dormire all’aperto appena arrivato. Ora, di notte, si sdraia sulla panchina, vicino alla recinzione, così si sente in qualche modo protetto. Questa mattina mi ha fermato e mi ha chiesto: “Perché vengono a fotografarmi mentre dormo sulla panchina? Non sai quanto mi vergogno! Non ho fatto nulla di male a nessuno, solo non so dove poter riposare la notte e sembra che nessuno riesca ad aiutarmi.” Ha aggiunto: “Non sai quanto mi piace l’Italia e questa città e come vorrei rimanere qui, ma ho sentito tante cose brutte da alcune persone su di noi.”
Un Pensiero che ritorna: “Potrebbe Essere Mio Nipote”
Nella mente continua a ronzarmi questa idea: “Potrebbe essere mio nipote”. È di carne e ossa come i figli delle nostre famiglie, è solo, lontano dai suoi. E non so perché, mi è tornata in mente una testimonianza del giornalista Nello Scavo che, parlando della terribile rotta balcanica, raccontava che i migranti erano abbastanza tranquilli finché vedevano i minareti, ma cominciavano ad avere tanta paura quando intravvedevano i campanili. Lì, dove stavano i cristiani, i respingimenti erano peggiori, disumani.
Ho preso in seria considerazione i problemi del quartiere: chi non desidera che ogni luogo della città sia vivibile e decoroso?! Ma chi si deve occupare di queste persone? La caritas può porre qualche segno. Questa gente è della città e chi si deve occupare del bene comune? Ma la cosa che più mi preoccupa, come volontario è un’altra per me che cerco di essere cristiano: cosa dice il Vangelo a tal proposito?
Può la nostra fede consistere in pellegrinaggi, feste patronali, belle prediche, devozioni, ascolto della Parola di Dio e poi dimenticare che alla fine tutto si giocherà su quella pagina di Vangelo che Papa Francesco diceva essere necessario imparare a memoria?
“Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: ‘Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi.’ Allora i giusti gli risponderanno: ‘Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?’ E il re risponderà loro: ‘In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’” (Mt 25,31-39).
Tra ricordi e amarezze
Nella mente si affollano tanti ricordi: quanti volti, quante storie, quanti sogni di gente incontrata che fortunatamente si è integrata, ha trovato un alloggio e sta dando un contributo, attraverso il proprio lavoro nelle campagne, nella ristorazione, anche al nostro paese. Nello stesso tempo, il pensiero va ai fallimenti, alle persone che non sono riuscite a rialzarsi e si fa preghiera per i fratelli e le sorelle che sono morti: Nadia, Adil, Maikol, Nicola…
Non nascondo che in questi giorni una certa amarezza si fa strada nel vedere come tante persone che vivono alla Caritas, che studiano, lavorano, si mettono a servizio, da un po’ di tempo a questa parte non sorridono più. A chi non dispiace sentirsi etichettare come delinquenti, ladri, nullafacenti… e peggio ancora. Quanta povertà umana e culturale nel leggere certe frasi sui social… forse più preoccupante della povertà economica! Anche perché chi delinque è un problema per tutti!
Mohamed mi faceva notare che tutti teniamo al decoro e alla sicurezza, ma ancora di più al rispetto della dignità di ogni persona e alla necessità di lavorare insieme per migliorare le situazioni. In questo momento siamo tutti preoccupati delle sanguinose guerre innescate da politici senza scrupoli, e allora viene da chiedersi se non sia il caso di evitare ogni tipo di “guerra” per cercare soluzioni pacifiche.
Costruire insieme
Una vecchia pubblicità faceva vedere come una famiglia ammirava compiaciuta la nuova e lussuosa mansarda acquistata e ristrutturata da poco, ma non aveva considerato che la casa su cui poggiava era cadente e da lì a poco tutto crollò. La pandemia dovrebbe averci insegnato che non ci salva da soli ma insieme!
Ha detto Papa Leone XIV: “Guardiamoci attorno, però. E leggiamo nei volti l’uno dell’altro una parola che mai tradisce: insieme. Il male si vince insieme. La gioia si trova insieme. L’ingiustizia si combatte insieme. Il Dio che ha creato e conosce ciascuno – ed è più intimo a me di me stesso – ci ha fatti per essere insieme. Certo, esistono anche legami che fanno male e gruppi umani in cui manca la libertà. Anche questi, però, si vincono solo insieme, fidandoci di chi non guadagna sulla nostra pelle, di chi possiamo incontrare e ci incontra con attenzione disinteressata” (Discorso del Santo Padre Leone XIV in occasione della Giornata Internazionale contro la Droga, giovedì 26 giugno 2025). Perché nessuno debba vergognarsi per una sua foto messa social solo perché non ha una casa dove alloggiare”
Don Gianni Croci
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