
BARCELLONA, 6 luglio 1982. La foto risale al giorno dopo quel memorabile 5 luglio, quando gli Azzurri, in una caldissima giornata da 30°C, sconfissero per 3-2 i favoritissimi brasiliani allo stadio “Sarrià”, casa dell’Espanyol.
Eravamo partiti all’alba di domenica 4 luglio, alle quattro del mattino, per arrivare alle sei di sera a Lloret de Mar, località turistica a circa 60 km da Barcellona. Il giorno dopo, a mezzogiorno, eravamo già davanti allo stadio. I biglietti li acquistammo da un peruviano: 24 pesetas. Eravamo gli unici italiani nella curva occupata dai tifosi brasiliani.
Tempi ben diversi da oggi, quando per vedere una partita del Mondiale servono prenotazioni da prenotazione medica — e a costi impossibili.
Lo posso confermare anche per esperienza personale: nel 1998 andai a Lione per seguire alcune partite dei Mondiali. L’Italia giocava a Marsiglia, ma a me toccò andare a Saint-Étienne con i miei due figli per assistere a Messico–Olanda. I bagarini chiedevano tra le 700 e le 800 mila lire. Ricordo ancora un giapponese che, dopo aver comprato un biglietto ed essere corso verso l’ingresso, tornò indietro in lacrime: gli avevano rifilato un tagliando di una partita già giocata.
Tornando al 1982, dopo la vittoria euforica e l’accesso alla semifinale al “Nou Camp” (che poi vincemmo contro la Polonia per 2-0), io, mio fratello Pino, Ennio Olivieri e il compianto Luigi Grannò decidemmo di andare a trovare gli Azzurri nel loro ritiro a “El Castillo”. Muniti di sciarpe tricolori, dall’esterno del centro sportivo vedevamo i futuri campioni del mondo rilassarsi a bordo piscina. Facemmo un po’ di rumore per attirare l’attenzione e, con nostra grande emozione, fu proprio Giacinto Facchetti – grande uomo e dirigente – a venirci incontro e posare per una foto con noi.
Nel gruppo si intravede anche un volto noto agli appassionati: il famoso “messicano” che appariva spesso in TV, sempre presente dove c’erano calciatori, italiani e non solo.
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