
Come abbiamo già avuto modo di accennare, la società in cui viviamo, dominata dal pensiero relativista, effimero e all’insegna del tutto e subito, sta stravolgendo l’idea dell’educare.
Il valore dell’educazione è antico quanto il mondo perché fin dalla comparsa dell’uomo sulla terra questa dimensione è stata sempre un’esigenza primaria. L’ambito pedagogico fu uno degli aspetti fondamentali della civiltà greca e già Omero nell’Iliade e nell’Odissea ne mette in risalto tutta l’importanza. Fu anche al centro delle prime disquisizioni dei filosofi greci a partire da Socrate che insieme a Platone elaborò un’importante teoria che consiste in un metodo che permette di palesare ciò che l’individuo ha in potenza. Successivamente impegnò, nel corso dei secoli, uomini e donne non solo nella definizione ma anche nella messa in atto di ciò che, in qualche modo, atteneva al processo educativo di cui sarebbe troppo lungo parlare.
Una delle etimologie delle termine educare deriva dal latino educĕre che significa “trarre fuori” “condurre fuori” e con questo vocabolo ci si riferisce a quel percorso attraverso il quale si accompagna il bambino e/o il ragazzo a uscire da se stesso per sviluppare i doni, le qualità e le caratteristiche positive che ha dentro di sé e che concretamente può esprimere.
Educare implica, come abbiamo accennato nel precedente articolo, l’autorevolezza, altra parola latina che deriva da “augeo” che significa “far crescere”, “aumentare”. Una persona autorevole è una persona che mira a questo obiettivo senza sbavature o compromessi. Quando c’è autorevolezza c’è coerenza tra parole e vita, trasparenza e lealtà perché il fine è la crescita e la maturazione di chi hai davanti, secondo verità. L’autorevolezza è strettamente legata dunque alla testimonianza. La persona autorevole possiede un valore aggiunto per esperienza, conoscenza, età, cultura e saggezza. L’azione dell’educare, dimensione indispensabile e precipua della vita dell’uomo, è strettamente congiunta all’assunzione di responsabilità e alla testimonianza, perché i valori si comunicano anzitutto con la vita, consentendo alla persona edotta di poter, a propria volta, educare altri.
Oggi purtroppo ci troviamo di fronte a uno scenario senza precedenti nel quale ogni riferimento oggettivo è stato scardinato nella sua essenza, dove va bene tutto e il contrario di tutto, dove la parola “valore” è stata depotenziata e ridotta solo a mero significato economico. La lente di ingrandimento, la cifra che si evince dal mondo dei giovani e degli adulti è la parola “fragilità” sinonimo di ansia e paura. In ogni settore della realtà ciò che emerge in modo esponenziale sono solo stati d’animo privi di certezza e solidità, asfaleia (in greco), che dovrebbero animare i gesti e le azioni di ogni uomo.
Ai giovani non viene più comunicato il senso della vita, il suo affronto, il fascino della sfida, il gusto dell’avventura e la scoperta della bellezza. Tutto è sotto l’insegna del non senso, del non vero, del non importante. La cultura, che dovrebbe formare le coscienze, creare identità e generare quel tessuto umano di cui tutti sono disperatamente alla ricerca, non solo è diventata un optional ma è stata scalzata e sostituita da finti surrogati, da pillole di saperi fai dai te e slogan da stadio. È stata esorcizzata la fatica come metodo sereno, adeguato e opportuno per compiere il cammino di maturazione e crescita della persona nella sua totalità. Se la fatica fa parte della vita e ne è una delle componenti essenziali come si può pensare che non ci debba essere, che si possa eliminare?
La scuola che ruolo ha in questo panorama? La scuola rispetto al passato ha una veste totalmente diversa che molti definiscono nuova, all’avanguardia, al passo con i tempi ma che forse non è corrispondente alla sua vera natura, al motivo per cui è nata ed è sempre esistita, alla sua missione cioè quella di introdurre e condurre i discenti all’affronto di tutti i fattori della realtà con impegno e fatica perché solo così si può insegnare a vivere la vita. Adesso l’intelligenza artificiale, come sappiamo e abbiamo avuto modo di dire, sta entrando dappertutto con l’intento di semplificare, facilitare, agevolare, alleggerire ma soprattutto risolvere. Con ChatGPT oggi si trova tutto pronto: temi, schemi, riassunti, risposte a domande di qualunque tipo per cui è chiaro che un ragazzo sceglie la strada più facile e che non comporta alcuno sforzo dicendo “ma chi me lo fa fare a investire il mio impegno e tempo su un obiettivo che posso egualmente raggiungere solo facendo una semplice domanda ad un computer?”. Ma questo va logicamente a cozzare con quello che è il normale processo educativo e di maturazione della persona. È purtroppo considerato “strano” se l’insegnante chiede di sfogliare le pagine di un libro nel quale leggere, sottolineare e ripetere ma si può solo parlare di schemi, mappe e riassunti, tra l’altro, già fatti da un robot, senza renderci conto che si mettono i ragazzi nelle condizioni di atrofizzare pian piano quelle che sono le loro grandi potenzialità, capacità e attitudini. Se gli insegnanti chiedono studio, impegno, responsabilità sono considerati anacronistici, di vecchio stampo, fuori luogo. Se invitano al rispetto delle regole, sono addirittura “cattivi”, non empatici, poco sensibili perché purtroppo la regola o non esiste o me la interpreto come voglio Ma l’atteggiamento più grave viene dalla posizione degli adulti che non spingono i figli a lottare, a crescere e a combattere prendendosi le loro responsabilità, sicuri che tenendo i figli dentro campane di vetro o evitando loro di cadere e rialzarsi, magari anche con il ginocchio sbucciato, sia un bene, senza capire invece che, parafrasando la grande mistica santa Teresa d’Avila, “a camminare si impara camminando” e questo necessariamente implica il cadere. Il dolore e la fatica sono componenti della vita essenziali e imprescindibili. Giustificare continuamente figli che non fanno niente, che non si sporcano le mani e non impegnano la mente e la volontà per raggiungere una meta, uno scopo, un obiettivo va contro il loro bene e vuol dire non introdurli nel cammino della vita che non è una strada dritta o senza curve ma prevede salite, discese, buche, sassi, rupi per non parlare delle nebbie, delle piogge, del vento e delle bufere. Quali uomini del futuro ci saranno se oggi chiedere di imparare una poesia a memoria genera ansia, paura e stress, se chiedere di sapere quali siano il soggetto, il predicato e il complemento oggetto viene considerata una richiesta d’altri tempi o studiare storia viene visto come tempo perso? Dante? Un perfetto sconosciuto! Leopardi? Il solito cliché dello “sfigato”! Se qualcuno poi lo menziona è solo “per sentito dire”. Per non citare poi Foscolo e Manzoni, solo due nomi, forse sentiti, ma senza identità!
Stiamo legittimando il disconoscimento delle nostre radici, della nostra storia, della nostra coscienza, della nostra cultura e questo senza nessun dolore, senza alcuna preoccupazione e soprattutto senza nessuna consapevolezza.
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