Foto e video di Giancarla Perotti
SAN BENEDETTO – Domenica 22 settembre 2024, presso la Palazzina Azzurra, alle ore 18, è stato presentato, dall’Associazione I luoghi della scrittura, presieduta da Mimmo Minuto, il libro “Il cantico delle creature VIII centenario “La lode che cambia il mondo Francesco d’Assisi” edito da Ignazio Pappalardo.
Dopo i saluti del sindaco Antonio Spazzafumo, e l’onorevole Giorgia Latini, grande sostenitrice dell’iniziativa, sono intervenuti il prof. Padre Ferdinando Campana, docente di Liturgia all’Istituto Teologico Marchigiano, il prof. Stefano Papetti responsabile e curatore scientifico delle collezioni comunali di Ascoli Piceno e Ignazio Pappalardo editore.
Il testo contiene la prefazione di Enzo Fortunato, noto giornalista, saggista, frate minore conventuale che dal 1997 al 2021 ha diretto la Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, ora Direttore della comunicazione della Basilica di San Pietro. Ha insegnato presso la Pontificia Università Antonianum, l’Istituto Teologico di Assisi e la Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura. Mentre la postfazione è di Davide Rondoni scrittore e poeta che ha scritto diverse raccolte di poesia, pubblicate anche all’estero e ha fondato il Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna.
Padre Ferdinando Campana, ha delineato l’origine e il significato dell’opera di Francesco: “Quando Francesco ha terminato a comporre il Cantico delle creature, in Assisi c’era la guerra politica tra il podestà e il vescovo, tra il mondo ecclesiastico e il mondo civile, non si parlavano, erano tutti e due un po’ superbi, non volevano umiliarsi l’uno verso l’altro e Francesco sapendo di questa situazione mandò i frati a cantare Il cantico delle creature e aggiunse una strofa «Laudato sii mi Signore per quelli che perdonano per lo tuo amore, et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli che sosterranno in pace che da te Altissimo saranno incoronati». Quando il vescovo e il podestà sentirono queste parole compresero che avevano sbagliato e si riconciliarono”.
Aggiunge padre Campana “L’ultima strofa, Francesco la compose poco prima della sua morte, frase straordinaria: cantare e benedire la morte «Laudato sii, Signore per nostra sora morte corporale dalla quale nessun uomo vivente può scappare, guai a quelli che moriranno in peccato mortale. Beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male». Perché conclude padre Ferdinando che c’è una morte fisica, ma c’è una morte ancora più tremenda, terribile quella spirituale, quella del niente, della vanità totale, del vuoto e invece Francesco annunciava che c’è una pienezza di gioia che dura per l’eternità. “Con questo canto Francesco concluse la sua vita”. Conclude padre Campana: “Il cantico delle creature non è il cantico della fine della vita di Francesco, ma è il cantico di tutta la vita del santo e disse a fra Pacifico, francescano marchigiano, di musicare il canto e di cantarlo dappertutto”.
Molto interessante anche l’intervento del prof. Stefano Papetti, docente Storia dell’arte, di Museologia e Restauro, il quale ha spiegato che: “Nella tradizione del cristianesimo, se noi ci riferiamo agli anni a cavallo fra il 1200 e il 1300, quando vengono realizzati gli affreschi alla Basilica superiore di Assisi, intorno quindi al 1295, c’è stata proprio, per merito di Giotto, di Pietro Cavallini”, (pittore mosaicista italiano dell’VIII sec.), “ e gli artisti di quella generazione, una profonda trasformazione nel campo della pittura di cui erano consapevoli anche gli esegeti del tempo. Una trasformazione che aveva comportato una maggiore modernità nel comunicare. Si abbandonano le immagini ieratiche, distanti dalle persone che proponevano gli artisti di estrazione orientale. Quelle immagini straordinarie che noi vediamo a Cefalù, nella Basilica di san Marco che non ci parlano della nostra vita. Anche i brani di natura che ci parlano di quei mosaici realizzati prima della fine del 1200 sono semplicemente accenni degli angeli stilizzati, delle montagnette. Se invece noi andiamo ad Assisi, a vedere appunto il cambiamento realizzato dall’opera degli artisti della generazione di Giotto, vediamo che lì la natura ha un ruolo molto importante, soprattutto nelle storie francescane della Basilica superiore. Chiunque le abbia realizzate vuol fare in modo che chi guarda innanzitutto capisca che quella è la natura dell’Umbria”.
Molto soddisfatto del successo di questo testo è stato l’editore Ignazio Pappalardo.
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