PORTO SAN GIORGIO – Ospite della trasmissione web Arti & Scienza, Attilio Ascani che è stato il primo volontario in Etiopia per il C.V.M. dove è rimasto per 12 anni. Attilio torna spesso in Etiopia perché è il coordinatore dei progetti del C.V.M. e attualmente ne sta coordinando quattro.

Il CVM (Comunità Volontari per il Mondo) è un gruppo di persone che condividono ideali, esperienze, ma soprattutto un’utopia: un mondo migliore è possibile. Da oltre quarant’anni, la ONG promuove nel Sud del Mondo progetti di autosviluppo e in Italia iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui problemi dello squilibrio fra Paesi.

Attilio Ascani, ci ha raccontato la sua esperienza vissuta in Etiopia e in Tanzania, le difficoltà incontrate, ma anche i traguardi raggiunti.

Una  tra le difficoltà incontrate è stata la comunicazione con la popolazione per la diversità delle lingue. In Tanzania la lingua ufficiale è lo swahili, lingua che si riesce ad apprendere dopo breve tempo, tanto da rendere la comunicazione con le persone non troppo complicata. In Etiopia la realtà della lingua è molto più complessa, racconta Attilio: “C’è la lingua ufficiale che è l’amarico, ma convivendo diverse etnie nel Paese, le lingue parlate sono più di ottanta. L’amarico è di origine semitica e presenta quindi affinità con l’aramaico, l’ebraico, l’arabo. Con le persone che hanno studiato si comunica con la lingua inglese, ma con coloro che non hanno avuto istruzione, come per esempio i ragazzi di strada e la popolazione rurale comunichiamo con la mediazione dei colleghi locali”. “Si tratta”, aggiunge Attilio “di una modalità diversa di operare e la lingua ha una complessità legata al contesto culturale del territorio”. Molto importante è il progetto ST.RE.AM (Streghten Street Resilience in Amhara) di cui si occupa Attilio in Etiopia che ha tre obiettivi, il primo è di far fronte ai bisogni e ai diritti di 200 bambini/adolescenti di strada e favorire la loro integrazione. Il secondo è quello di promuovere l’impegno da parte del governo nazionale e delle autorità regionali e locali della Community Care Coalition per dare priorità alle necessità dei bambini e degli adolescenti di strada e il terzo è favorire l’accesso all’istruzione in un ambiente sicuro ai bambini/adolescenti di strada. Tale progetto ha portato a raggiungere traguardi, come per esempio, su 200 bambini di strada assistiti, il 91% si sono integrati nelle classi e nella formazione professionale. Gli stessi ragazzi hanno avuto una formazione in comunicazione e teatro, acquisendo competenze comunicative e hanno modificato il loro comportamento. Hanno anche praticato attività sportive. “I bambini di strada vivono in un contesto di povertà”, continua il coordinatore dei progetti C.V.M. “l’intervento è anche economico cioè cercare di legare un sostegno economico al ragazzo e alla famiglia con la finalità di un rientro scolastico dell’adolescente. Questo è un intervento difficile, soprattutto quando il ragazzo ha abbandonato la scuola da molto tempo e ha acquisito un comportamento tipico da ragazzo di strada. Per reindirizzare i giovani alla frequentazione della scuola si inizia con laboratori di attività sportive, ludiche e attività teatrali eseguiti in strada per ricreare una capacità relazionale che consenta loro, anche un reinserimento scolastico. Per i ragazzi oltre i 15 anni, più che puntare sul reinserimento formale alla scuola dell’obbligo cerchiamo di indirizzare il giovane a un percorso di professionalizzazione”. L’altro ambito sul quale il C.V.M. lavora in Etiopia e in Tanzania è quello delle lavoratrici domestiche che spesso sono minorenni, sempre legate a situazioni di povertà e anche in questo caso cerchiamo di promuovere il rinserimento scolastico.

Un altro progetto che si sta portando avanti, sia in Etiopia che in Tanzania è la professionalizzazione delle lavoratrici domestiche, in quanto molte di loro, che arrivano dalla campagna, si trovano spaesate e svantaggiate in un contesto urbano e fanno il lavoro domestico senza capacità e competenze. Attilio afferma che: “In Tanzania abbiamo avviato un protocollo nazionale di formazione per lavoratrici domestiche che è stato riconosciuto dal ministero dell’educazione con percorsi formativi standardizzati su tutto il Paese per fare la cura dei bambini e degli anziani, cucina e gestione della casa e in futuro speriamo anche in un maggiore riconoscimento legale del lavoro come contratti scritti in quanto in questi due Paesi il lavoro domestico non è riconosciuto come tale. Le lavoratrici domestiche incontrano tante difficoltà come abusi, sfruttamento, condizioni di vita non accettabili”.

Cosa possiamo fare noi occidentali per favorire lo sviluppo dei Paesi del sud e diminuire la povertà?  Secondo il referente dei progetti del C.V.M., si deve avere coscienza dei fenomeni di tipo planetario: dal cambiamento climatico alle disuguaglianze, acquisire quindi una migliore capacità di ragionare in termini globali e non solo locali. È con questa coscienza che devono formarsi queste giovani generazioni e non solo, affinché possano comprendere i legami che ci sono tra il nostro quotidiano e il quotidiano in Africa e in altri continenti. Inoltre la responsabilità di ognuno porta anche alla corresponsabilità.

Altro progetto sul quale il C.V.M. lavora da tanti anni è WASH Up, si tratta di impiegare tecnologie sostenibili per l’accesso all’acqua potabile e il miglioramento dell’efficienza energetica delle comunità rurali in 8 woreda dell’Etiopia. L’obiettivo principale di tale progetto è quello di fornire fonti di acqua sicura per bere e cucinare, per l’igiene personale e la pulizia della casa, cavare pozzi e dedicarsi anche alla manutenzione di 7 pozzi scavati a mano.