SAN BENEDETTO – La Città di San Benedetto ha celebrato la 79ª Festa della Liberazione con la tradizionale cerimonia istituzionale che prevede l’omaggio dinanzi ai tre monumenti cittadini che conservano la memoria dei Caduti.

Nella tarda mattinata di giovedì 25 aprile, autorità civili e militari, in testa il sindaco Antonio Spazzafumo e il sottosegretario Lucia Albano, si sono radunate in largo Luigi Onorati, dinanzi al primo monumento della terna protagonista della processione civile.

Il corteo, accompagnato dall’esibizione del Concerto Bandistico “Città di San Benedetto del Tronto”, ha quindi attraversato il centro cittadino fino a raggiungere la locale sede dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, dove l’on. Albano e il Sindaco hanno condiviso una personale riflessione sul significato della Festa della Liberazione.

 

Il Sindaco ha condiviso questa riflessione: “Saluto e ringrazio tutti coloro che hanno partecipato a questa cerimonia, le autorità civili, le autorità militari, i rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma, i cittadini che hanno voluto condividere con noi questo momento di festa e di riflessione.

Il 25 aprile è senz’altro un momento di festa: è la festa di un’Italia che, 79 anni fa, in questa giornata, si scoprì libera di decidere il suo destino, libera dal dominio nazifascista che l’aveva soggiogata e poi l’aveva trascinata in una guerra devastante per l’altissimo prezzo pagato in termine di morti, distruzione e disperazione. Quella di oggi è anche la Festa del ricordo di tante persone, uomini e donne che, con coraggio e determinazione, hanno creduto in un futuro migliore, arrivando, a volte, a portare alle estreme conseguenze il loro sacrificio.

Non c’è nulla di retorico nel cercare una sintonia con la felicità e i sentimenti dei nostri padri, o dei nostri nonni, nei giorni in cui conquistavano una libertà costata sangue, sacrifici, paure, eroismi, lutti, laceranti conflitti personali: è la festa della libertà di tutti.

Ciò detto, non possiamo dimenticare che la giornata odierna deve essere anche occasione di riflessione.

La cerimonia di oggi è stata certamente simbolica, ma al contempo richiama tutti noi ad un compito preciso: dobbiamo lavorare, soprattutto noi che abbiamo ruoli istituzionali e quindi responsabilità maggiori di un comune cittadino, affinché nella coscienza pubblica si rafforzino quei valori che contraddistinguono questa giornata. Sto parlando di senso delle istituzioni, di valore della democrazia come forma più alta di governo di una comunità, di conquista e difesa della libertà come elemento fondante della dignità di una persona.

Celebrare il 25 aprile non deve comportare il rischio di commemorare una ricorrenza vuota di significato.

Oggi parlano alle nostre coscienze le voci dei cittadini oppressi, delle vite perdute dei partigiani, dei 600mila soldati deportati nei campi di concentramento che ci esortano a non dimenticare. Non per generare nuovo odio, esacerbare le divisioni ma semplicemente per ribadire che la Resistenza e la Liberazione dal nazi-fascismo, come ha detto il presidente Mattarella, hanno rappresentato per l’Italia un nuovo Risorgimento in cui la nazione ha ritrovato la propria dignità.

A quel movimento popolare che ha preso il nome di Resistenza, infatti, hanno dato il loro prezioso contributo rappresentanti di forze e movimenti politici di ogni colore, accomunati dalla insopprimibile esigenza di veder restituita all’Italia, come ha detto il presidente della Repubblica, la propria dignità attraverso la riconquista del valore democratico della scelta del proprio futuro.

Ed è bene ribadire che la democrazia, al pari della libertà, non è mai conquistata una volta per tutte; è un patrimonio che ci è stato consegnato e che, nei mutamenti epocali che stiamo vivendo, dobbiamo essere capaci di trasmettere alla generazioni future.

Voglio, infine, ricordare che il processo di riconquista della libertà e della democrazia in questo Paese si è svolto di pari passo con la liberazione dalla sanguinaria oppressione nazifascista di gran parte dell’Europa, dove tanti sono stati i movimenti di resistenza in analogia con quanto accaduto in Italia. Così come europei sono stati tanti soldati che, accanto ai partigiani, qui hanno combattuto e sono caduti per restituire dignità e libertà all’Italia.

Alla vigilia del voto per il rinnovo del parlamento europeo, la più alta espressione di questo spirito europeo che condividiamo dal dopoguerra, questo fattore non può essere dimenticato. Inutile negare che negli ultimi anni l’entusiasmo degli italiani per l’Europa unita si è andato affievolendo, e certo le istituzioni comunitarie non sono esenti da colpe. La guerra che è tornata a generare morte e distruzione in Europa ha certo responsabilità precise da parte dell’aggressore russo nei confronti dell’Ucraina, ma certo pone importanti interrogativi su quanto abbia fatto l’Europa per evitare che si arrivasse a dare la parola alle armi.

È dunque indispensabile recuperare il senso originario dell’unità europea, quello dei padri costituenti europei: ovvero che essa sia l’unico modo per prevenire i conflitti. Per loro un’Europa unita non avrebbe certo dovuto sostituire i singoli Stati, ma avrebbe consentito loro di integrarsi e sostenersi a vicenda e di lavorare insieme.

Lo disse con grande chiarezza un grande italiano a cui il Paese deve molto, Alcide De Gasperi: “Il futuro non verrà costruito con la forza, nemmeno con il desiderio di conquista ma attraverso la paziente applicazione del metodo democratico, lo spirito di consenso costruttivo e il rispetto della libertà” .

Viva il 25 aprile, viva la Repubblica antifascista, viva l’Italia”.