SAN BENEDETTO DEL TRONTO – È appena uscita “Echi”, la seconda raccolta di poesie dell’avvocato sambenedettese Gianni Massimo Balloni, pubblicata da Aletti editore nella collana “I Diamanti della Poesia”.

Neretese di nascita e sambenedettese di adozione, Gianni Massimo Balloni è sempre stato appassionato di poesia e, in generale, di letteratura e di arte. Ha anche ricoperto incarichi politici ed è tuttora membro di associazioni culturali locali, oltre che esponente del Lions Club di San Benedetto.

Questa sua seconda silloge poetica, che vanta la prefazione del poeta Alessandro Quasimodo, raccoglie cinquanta liriche, ciascuna formata da quattro quartine in rima alternata, come a voler costruire un quadro preciso ed equilibrato, in cui rigore e armonia disegnano una cornice entro la quale si muovono e rimbalzano, appunto come “echi”, emozioni spesso sopite e recondite (“Lente le emozioni/risalgono dal cuore,/pavide le azioni/nei cambi di umore”), pensieri offuscati dal tempo (“Ruggine su pensieri/folate di memoria,/sconnessi i sentieri/si mescola la storia”), ricordi talvolta nostalgici o malinconici, che affondano le proprie radici in un passato carico di sogni e di speranze (“Cessata la battaglia/si raccolgono sogni, filtra nella boscaglia/il sole che agogni”; “Un pensiero sommerso/nasconde nuova vita,/segni dall’universo/sulla strada smarrita”).

Tanti e importanti i temi che si intrecciano tra questi versi mai lasciati al caso e mai scaturiti da una penna incerta e stanca, ma nati soltanto da momenti di profonda ispirazione e, soprattutto, frutto di una lunga elaborazione e di una sofisticata ricerca della parola giusta e, dunque, di una forma adeguata a esprimere la profondità dei contenuti. Da qui anche l’uso talvolta di termini aulici che, da un lato, sembrano creare una distanza, seppure soltanto apparente, tra l’io narrante e il lettore, ma, dall’altro, aggiungono “poeticità” alla narrazione, che acquista, così, nuova linfa vitale, uscendone rinnovata.

Versi che ci parlano del tempo che passa inesorabile, portando via con sé anche il dolore (“Scorre il tempo lento/nelle terre selvagge,/scivola il tormento/come mari su spiagge”), ma lasciando la porta aperta a nuove inquietudini (“Si perdono gli anni/tra burle e lavori/obliati gli inganni/sull’uscio i malori”); dell’ingenua allegria dell’infanzia (”Dolce la prima vita/scivoli e palloni,/tremula la matita/favole e visioni”) e dell’innocente audacia dell’adolescenza (“L’eco dell’innocenza/all’ombra del palazzo,/distante la prudenza/sul viale schiamazzo”); della violenza della guerra, che semina morte e distruzione, ma oltre la quale si deve necessariamente cercare uno spiraglio di luce per ricominciare (“Le rupestri pitture/i graffiti sul cuore,/dalla guerra brutture/nell’avello un fiore”); dell’annoso dramma dei migranti (“Altere le grida pulsanti/con ritmi di vene sul cuore,/ma sferza l’ondata migranti/di alme bruciate l’odore”); della gloria di un passato racchiuso tra storia e leggenda, tra mito e realtà, tra “dimore funerarie”, “alte guglie di templi”, “quadrate colonne” e “ieratici fregi”; dello spettro della morte, indissolubilmente legata alla vita, come una faccia della stessa medaglia (“la cupa morte vedrò/ nella pace da limbo,”…”nel petalo cadùco/nel cavallo crinito”…”Nella ruga d’anziano/nel volto rifiorito,”); della variegata bellezza di una natura che non fa solo da sfondo a un paesaggio antropomorfo vitale e multiforme, ma diviene con esso un tutt’uno, rompendo i confini che li separano e assumendone volti e sembianze, così che l’umano si fa natura e la natura diventa umana (“scorre il tempo lento/nelle terre selvagge,/scivola il tormento/come mari su spiagge”; “Le sensibili labbra/il bianco dei denti,/la prateria glabra/sfiorata dai venti.”; “Si tendono le reti/litanie al sole,/sermoni da profeti/sull’anima che duole”). E come la variopinta tavolozza di un pittore, anche questo universo umano e naturale dischiude un caleidoscopio di colori e rivela una molteplicità di toni e sfumature: il rosso del vulcano, il verde di giardini e colline, il rosa del tramonto, l’oro dell’elianto, il bianco dell’inverno, il giallo del fiordaliso, della mimosa e della sabbia, il bruno delle foglie, i riflessi dell’ambra, il bagliore della luna.

Una poesia dei luoghi, delle cose, delle persone, dei gesti, in cui tutto ha un inizio e una fine, ma anche un nuovo principio, come le stagioni che si susseguono ciclicamente o l’onda del mare che continuamente lambisce il bagnasciuga, e che, facendo dell’artifizio poetico uno strumento fondamentale, non è soltanto espressione e veicolo di sentimenti interiori, ma è anche rappresentazione di mondi esterni, che il poeta osserva attentamente e poi introietta, restituendoli al lettore attraverso la propria visione. Una visione del tutto personale, incontro e crasi tra esplorazione del mondo e conoscenza di sé.