SAN BENEDETTO – Nel mondo della globalizzazione, in cui Internet fa da padrone, dove la comunicazione avviene tramite social o mezzi informatici che, da una parte sono frutto di presunto progresso, ma dall’altra ci tolgono il piacere di guardandoci negli occhi, parlare dell’importanza del dialetto potrebbe essere fuori luogo e anacronistico.

A “Culturando” invece abbiamo deciso mettere in luce e riscoprire questo patrimonio di inestimabile valore, dialogando con Vittoria Giuliani che, alla veneranda età di 86 anni, ci ha fatto riscoprire, con la sua testimonianza, l’importanza del nostro caro vernacolo, trasportandoci in una società dove i valori autentici non venivano svenduti e il lavoro era nobile perché finalizzato a vivere in modo semplice e senza alcuna pretesa

“Il dialetto è cultura perché siamo nati con il dialetto, è stato il primo nostro linguaggio, è la nostra radice e non va dimenticato perché è molto importante trametterlo ai giovani” ha affermato la nostra ospite.  “Non c’è nessuno che possa aiutare a far capire che questo dialetto deve rimanere nella testa di tutti anche di quelli che verranno dopo perché tutto ciò che le nostre generazioni hanno vissuto non deve andare perduto” ha continuato ad asserire con forza Vittoria Giuliani

Bellissimo lo squarcio della San Benedetto del Tronto di alcuni decenni fa in cui i funai, i marinai e i pescatori erano i protagonisti di un contesto sociale e di una vita in cui ci si accontentava di un pezzo di pane ma si era felici. Storie semplici, genuine, spontanee. “Con quella povertà che c’era si era contenti e felici perché eravamo tutti uguali e non si pensava che un giorno saremmo stati meglio. Accettavamo quell’ “andare”, quella vita. Ed era bello”.

Nazzareno Perotti, direttore di Riviera Oggi, sambenedettese da 4 secoli, ha letto poi alcune poesie del noto scrittore Giovanni Quondamatteo facendoci risentire e rigustare tutta la bellezza del dialetto della nostra amata San Benedetto, sapientemente espressa in poesie come Sammenèdette o Jè Nnatà