SAN BENEDETTO – Necessaria una premessa. Ritengo che il 99% dei cittadini di San Benedetto del Tronto e dintorni abbiano condiviso le mie considerazioni sul tragico momento che sta attraversando la nostra gloriosa e centenaria Sambenedettese Calcio. Nell’1% che manca ci metto quei tifosi che si nascondono dietro la dicitura “Curva Massimo Cioffi” (Massimo era un mio amico ed estimatore) e purtroppo chi rappresenta  la politica sambenedettese.

Vado al punto, anzi ai punti:

1-Nel 2021 la Sambenedettese Calcio finì all’asta e tal Roberto Renzi fece un’offerta assurda (420 mila euro) togliendola all’americano-coreano Kim Dae Jung che era venuto a San Benedetto proprio per acquistare lui la Samb, insieme al calciatore Maxi Lopez. La città accolse la notizia con indifferenza, nonostante che il curricula di Renzi non rispondesse alle caratteristiche  di un imprenditore più o meno facoltoso. Io provai a farlo capire ma non fui ascoltato, non ci vedevo chiaro per più motivi. Venni addirittura insultato da certi tifosi.

2-Nel corso del secondo campionato “renziano”, la situazione è precipitata fino a diventare drammatica: giocatori e dipendenti non prendono lo stipendio dallo scorso novembre.

3-Nel frattempo la seconda squadra di San Benedetto, il Porto d’Ascoli, proveniva da due onorevoli campionati di serie D. La logica lasciava pensare che poteva anche migliorare la sua classifica finale  con adeguati rinforzi, come in effetti sta facendo in questi giorni.

4-Con la Samb sull’orlo del precipizio, bastava attenderne la scomparsa (se così sarà) e diventare l’unica squadra in serie D e tentare pian piano di conquistare la delusa tifoseria rossoblu. E magari nel tempo identificarsi con la stessa, anche prendendone lo stesso nome o uno molto simile. Perché, invece,  alcuni tifosi rossoblu si augurano la ‘morte’ di una società che, nel bene e da alcuni anni nel male, ha fatto la storia calcistica del nostro territorio?

5-Invece di auspicarne la morte in più modi, leciti e non leciti, si dovevano semplicemente attendere gli eventi. Che al momento sono questi: la scomparsa definitiva dal calcio della AS Sambenedettese e, in caso contrario, monitorare l’eventuale acquirente in modo diverso da come è stato fatto finora.

6-Nel secondo caso, vedasi cambio di proprietà, il sindaco Antonio Spazzafumo dovrebbe semplicemente mettere precisi paletti (quelli che ha messo non servono a nulla) sia per l’uso dello stadio sia per evitare che quanto successo in passato non accada più. A detta di due super esperti delle dinamiche del calcio, Costantino Nicoletti e Mattia Grassani, c’è oggi una sola soluzione: una fidejussione bancaria certificata corrispondente a quanto si intende investire o per lo meno equivalente agli incassi che arrivano da Lega, spettatori e sponsor. Se non altro perché, chi non ha la possibilità di garantire come pegno la cifra di circa un milione nelle mani del sindaco, come può pensare di poter condurre tranquillamente una squadra di calcio con ambizioni extra dilettantistiche? Prevenire è meglio che curare. Oltre a rifiutare l’uso dello stadio “Riviera delle Palme” per motivi preconcetti, quindi non accettabili. Magari un pagamento anticipato per l’affitto sì, insieme alle garanzie che al momento (tale è la fidejussione) non prevedono esborso di denaro ma la potenzialità sì.

7-Tornando indietro: quando è nato il Chievo Verona (un quartiere della città felsinea), il proprietario ha fatto il suo percorso indipendentemente dalle sorti del Verona anche quando la storica società felsinea si è trovata in situazioni simili a quelle della nostra Samb. Vi immaginate un gruppo di tifosi gialloblu che spingevamo e chiedevano la fine dell’Hellas perché una quadra della stessa città la stava superando sia sul piano sportivo sia sulla stabilità societaria. E si parlava di Chievo in serie A con il Verona in categorie inferiori.

8-Qui il calcio non c’entra: come è possibile che il sindaco di una città (San Benedetto del Tronto) e l’intero consiglio comunale possano accettare l’idea che le cose si ottengano con intimidazioni pubbliche, accompagnate da minacce di ogni tipo e non democraticamente: “Se giocate vi ammazziamo”,  “Non provate (ad Antonini e Angelini) ad avvicinarvi alla Samb”, con un ‘sennò’ facilmente intuibile.  “Perotti sei un venduto”, rivolto al sottoscritto. I primi due modi , pur dettati da precedenti scottature, non dovevano passare inosservati da un consiglio comunale democratico e quindi obbligato a far rispettare elementari regole di civiltà. Come minimo il sindaco, in primis, avrebbe dovuto condannare comportamenti che sono più da mafia, camorra e ndrangheta che da città civile. Tra parentesi noi fummo l’unico giornale a condannare quei ‘gesti’.

Per quel che riguarda la mia persona il silenzio delle istituzioni è ancora più grave: dietro all’intimidazione c’è anche un falso evidente che sindaco e consiglio comunale hanno il dovere di conoscere. Essendo io una persona pubblica contraria da sempre a chi si vende, a volte anche per un tozzo di pane. Un esempio, sei anni fa non caddi alla tentazione di un lauto stipendio, rifiutando un incarico per il quale molti italiani venderebbero anche la propria madre. Per me i soldi sono un optional, figuratevi se mi vendo a chicchessia. E l’intero consiglio comunale sambenedettese lo sa. Io non voglio semplicemente vivere in uno stato di paura.

Dietro, però, potrebbe esserci una motivazione che, se giusta o no, la lascio decidere ai lettori. Il silenzio e quindi la mancata condanna di gesti infami e della mancanza di solidarietà nei miei confronti, si può ‘giustificare’ con la paura di procurarsi uno striscione simile e/o con la possibilità di perdere voti nella prossima campagna elettorale. Ma dove siamo arrivati?

Per tutto questo mi vergogno di essere sambenedettese, per di più da quattro secoli. Anche se risiedo a Grottammare.