Di Diana Cameli

GROTTAMMARE – Il rapporto della nostra città con bici e ciclisti è sempre stato un rapporto amorevole e di rispetto.

Sono stati preposti lavori per la ciclabile, senza riserve. L’obiettivo è, da tempo, quello di dedicare uno spazio apposito che mette più in sicurezza non solo chi va in bici, ma anche i pedoni.

La gestione delle soluzioni per lo stazionamento delle bici, però, non è mai stata funzionale né irreprensibile. Il Comune ha mantenuto negli anni un rapporto critico con le rastrelliere.

Di seguito una “storiografia” recente delle rastrelliere grottammaresi aiuta la memoria ad un fine dimostrativo. Uno dei primi formati di rastrelliera per cui si è optato era quello a semicerchi spessi, mediamente ravvicinati. Il nome specifico è “rastrelliera millepiedi”. I grottammaresi le hanno viste arrugginire sotto i colpi del tempo, prima di essere rimosse. C’è stato, poi, quello più sottile e spigoloso che potrebbe vantare il miglior distanziamento delle postazioni.

Ci sono state e si conservano tutt’ora le rastrelliere semiverticali. Queste da una parte assicurano una comoda manovra di stazionamento e, dalla stessa parte, la assicurano ad un massimo di cinque bici. Sono osservabili nei pressi del fiume Tesino, lato Nord.

Lo scorso anno, prima dell’estate, sono spuntate rastrelliere colorate disseminate nel Comune. Di nuovo il formato dei semicerchi, spessi, ma non mediamente ravvicinati, lusso non più concesso. Gli inviti alle ruote erano circa dieci, ma potevano a stento ospitare quattro biciclette, si intenda posizionate nei due lati opposti ed in direzioni diverse. Anche queste sono ancora presenti a Grottammare.

Con il nuovo lungomare, per finire, sono state rimosse gran parte delle vecchie rastrelliere e di nuove sono state posizionate lato Ovest. Sono note con il nome di “rastrelliere ad archetto”, praticamente dei rettangoli che da terra si ergono con gli altri tre lati. La struttura normalmente arrotondata agli angoli, qui è spigolosa ed estremamente slanciata. Questa scelta è frequente nelle grandi città ed è considerata una delle più utili e funzionali. È doveroso tenere a mente, però, che nelle grandi città ci sono intere zone con centinaia di “pezzi”; nel nostro comune lo spazio riservato è di un’insenatura del marciapiede che ospita, al massimo, tre rastrelliere ad archetto. Se la capienza massima e forzata è di sei biciclette, è lecito domandarsi dove finiranno le altre.

Di tutte le installazioni del tipo molte sono ancora vuote ed inusitate. Sono certamente state realizzate col fine stilistico di restare in linea con la nuova camminata. Molti, però, hanno avuto difficoltà a comprenderne immediatamente l’uso. Preso in esame lo scarso consenso perpetuato, c’è da credere che altri ancora continuino a non cogliere la loro funzionalità.

Dopotutto la storia, fra corsi e ricorsi, si ripete, nonostante la buona volontà. È il caso di dire che trovare un equilibrio fra il troppo spazio degli inviti nelle rastrelliere ed il troppo poco resta un nucleo problematico. Si può guardare a paesi come il Belgio e l’Olanda, che, per antonomasia, sono i paesi delle biciclette, per cercare soluzioni funzionali. Lì il tipo di rastrelliera più usata è sì, la rastrelliera millepiedi, ma i diversi posteggi hanno anche diverse ed alternate altezze. Questo garantisce di poter inserire le bici anche nello stesso verso e di gestire, nella maniera più acuta, lo spazio ridotto. In aggiunta basti dire che catene e lucchetti sono completamente diversi da quelli a cui siamo abituati ed hanno, piuttosto, una forma a ferro di cavallo. Questa non richiede di avventurarsi nella calca dei mezzi in questione.