SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si è chiusa con grande partecipazione di pubblico e ampio consenso, facendo registrare anche questa volta il sold out, venerdì 28 aprile, al pub Medoc di San Benedetto del Tronto, la rassegna letteraria e musicale In Art, a cura dell’associazione culturale Rinascenza e con la direzione artistica di Annalisa Frontalini.

L’ultimo appuntamento di In Art Winter, dal titolo “Che bella la mia ferita”, ha visto ospiti la poetessa Vivian Lamarque, che ha presentato il libro “L’amore da vecchia”, e il Luiz Lima Trio, composto da Luiz Lima alla chitarra e voce, Roberto Pascucci al contrabbasso e Leo Angeletti alla batteria, che si è esibito nel concerto “Brazilian Jazz Night”; ha dialogato con gli ospiti la critica d’arte, drammaturga e scrittrice Alessandra Morelli. Un’ultima serata sempre all’insegna della letteratura e della musica di qualità, che ha concluso splendidamente una rassegna ricca e variegata, con al centro l’arte come espressione di talento, creatività, bellezza e alta rappresentazione del mondo. Si è anche chiusa la mostra fotografica “Natura Umana” dello psicologo e fotografo Andrea Salvucci, che è stata esposta per la prima volta al pub Medoc durante tutto il corso della rassegna, ricevendo numerosi apprezzamenti. In questi mesi, “Natura Umana” ha avuto anche diversi riconoscimenti e premi a livello nazionale. L’esposizione raccoglie una serie di scatti che prendono spunto dalla storia di una giovane coppia che ha rilevato alcune terre incolte nella campagna marchigiana per dedicarsi alla loro rigenerazione, progetto che nel tempo si è esteso e quelle terre sono diventate anche luogo di incontro dove amici, collaboratori e volontari provenienti da tutto il mondo cercano un’esperienza di profonda condivisione di vita naturale. Protagonista della mostra è proprio l’esperienza di piena sintonia che i ragazzi hanno con la natura e il senso di benessere profondo e appagante che scaturisce da questa simbiosi prolifica e sana.

“Mi piace la parola vecchia – ha esordito Vivian Lamarque alludendo al titolo del suo libro. “L’amore da vecchia è un amore più diffuso, mentre quello giovanile è più passionale e concentrato su una sola persona. L’amore da vecchia è un amore che mi vivo da sola senza dichiararmi”.

“Scrivo da 70 anni per parlare di meno – ha continuato. “Ho scritto in treno poesie ferroviarie, ho scritto poesie cinematografiche su una serie di film dagli anni ’50 ad oggi, scrivo di morte, tema ricorrente alla mia età, anche se pure gli adolescenti ne parlano, ma in modo leggero. Infanzia e vecchiaia sono le due età che mi sento più addosso, perché le età di mezzo sono sempre state un po’ misteriose per me”.

Vivian Lamarque ha anche raccontato delle ferite della sua infanzia, quella a dieci anni, quando ha scoperto di essere stata adottata, ferita poi lenita dalla lettura di favole, genere di cui lei è stata non solo lettrice, ma anche autrice, e quella, ancora più grande, che risale a quando aveva solo quattro anni, quando ha perso in un incidente stradale l’amato padre adottivo. Eppure, ci ricorda la Lamarque: “Bisogna vivere il presente senza pensare a ciò che non si è avuto” e nemmeno “pensando sempre al giorno della morte”. E, citando dei suoi versi, ha concluso: “Siamo poeti. Vogliateci bene da vivi di più, da morti di meno che tanto non lo sapremo”.

Ritmo, swing, passione, sentimento e, soprattutto, la malinconia e l’allegria racchiuse nella “saudade” portoghese, potentemente espressa dalla musica brasiliana, hanno dato vita a un concerto di musica d’autore che ha coinvolto, entusiasmato e trascinato il pubblico in un crescendo di emozioni a cavallo tra nostalgia e gioia di vivere. Melodie suadenti e accattivanti, legate alla tradizione del Choro, della Bossa Nova, del Samba jazz e del Bajon, attraverso un repertorio che ha spaziato da composizioni originali di Luiz Lima a brani di autori come, ad esempio, Antonio Carlos Jobim e Luis Gonzaga, hanno condotto i presenti in un appagante viaggio senza né tempo né confini, dove solo la vera musica è stata l’indiscussa protagonista, insieme al talento e alla bravura di musicisti che hanno saputo regalare al pubblico tutto lo spettro delle sfumature tonali e timbriche dei loro strumenti. Perché la musica, ci ha ricordato questa serata, sembra lenire ogni ferita che, nel suo rimarginarsi, si rigenera a nuova vita.