SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Lo sport sambenedettese vede un’altra piacevole notizia: il pugile Luca Di Loreto si posiziona tra i primi dieci pugili professionisti d’Italia nella categoria dei supermedi, dopo il risultato positivo in Belgio a Charleroi, vince a Ferrara contro Domenico Bentivogli portando a casa fino ad oggi 4 vittorie, 1 pari e 1 sconfitta. Visti i grandi risultati, anche per poter parlare di altro, abbiamo deciso di intervistarlo.

Luca, intanto complimenti per il risultato! Che emozioni ti da questa notizia? Sei emozionato?

“Grazie davvero, attualmente sono nono nella classifica dei supermedi in Italia. Ti dico la verità sono contento ma nemmeno troppo. L’obiettivo è quello di arrivare ad essere il numero uno e ancora di strada ne ho da fare. La cosa mi rende felice, dopo tanti anni di sacrifici finalmente qualcosa sta tornando indietro”.

Facciamo un bel passo indietro e ti vorrei chiedere: come ti sei avvicinato al mondo del pugilato? C’è un ricordo particolare delle prime volte che hai indossato i guantoni? Come nasce la passione per questo sport?

“Mi sono innamorato di questo sport grazie ai film di Rocky. Devo ringraziare Sylvester Stallone se oggi sono dove sono, non sarebbe mai iniziato questi amore per questa disciplina senza i suoi film. Ho iniziato a tredici anni con l’obiettivo di salire sul ring e combattere. Non sono una persona violenta ma ho sempre amato l’idea di fare a pugni sul ring e mi piace davvero. Devi essere un po’ strano per fare questo sport ed io ero partito davvero bene.

Il ricordo più bello è quando a diciassette anni feci la mia prima sessione di sparring con un professionista, le presi di brutto ma ero davvero contento di averci fatto i guanti perché sentivo che stavo crescendo e mi motivò a voler diventare ancora più forte. È una delle emozioni più belle che provai ad allenarmi con lui, molto più emozionante e bello è il pensiero che quel professionista oggi è il mio allenatore da più di sei anni”.

Hai qualche sogno in particolare nel cassetto? C’è un obiettivo preciso che vuoi raggiungere?

“Il sogno è quello di vincere la cintura di Campione Italiano ma so che non mi basterebbe. Per questo vorrei puntare ancora più in alto e provare a vincere qualche titolo europeo o mondiale. Con l’impegno e il duro lavoro tutto può succedere in questo sport quindi mai arrendersi.

Per ora la cosa che più desidero è quella di organizzare un match di livello a San Benedetto e combattere davanti alla mia gente nel periodo estivo di quest’anno. Ho combattuto sempre fuori casa e ho tante persone e amici che mi supportano. Glielo devo un match qui a casa nostra. Inizierò ad organizzare e a cercare sponsor non appena avrò una data”.

Sono anni che pratichi il pugilato, se dovessi guardare indietro tutta la strada che hai fatto, ti senti fiero e realizzato? Riesci ad analizzare il tuo percorso di crescita? Se sì dove pensi di essere migliorato?

“Si lo sono assolutamente. Ho fatto tutto quello che potevo fare e l’ho sempre fatto al cento per cento. Delle volte mi sono fermato e ho preso dei momenti di pausa considerando tutti i miei errori fatti in passato con le categorie di peso e match che non avrei dovuto fare ma mi è servito tutto a trasformarmi in quello che sono oggi. Sono contento di tutti i risultati ottenuti da dilettante e di come sta andando ora l’esperienza da professionista.

Sto accettando tutti i match fuori casa perché mi interessa fare combattimenti veri e crescere. Non mi interessa di tenere il record immacolato solo per raccontare agli altri quanto sono forte, non vivrei bene con me stesso. Ho fatto un pareggio in Belgio a gennaio contro un pugile molto forte che aveva 5 vittorie e 1 sconfitta. Da poco sono stato contattato per andare in Danimarca contro un pugile imbattuto ed ho accettato, ora siamo in fase di trattativa e al più presto avrò delle conferme.

Tutto questo, ovviamente, va incastrato con il lavoro, l’università, le rinunce e lo stare a dieta per fare il peso, non è proprio una passeggiata. Perdere dieci kili mentre stai preparando tre esami non è poi così semplice ma bisogna farlo. Quando mi capitano occasioni come queste di andare all’estero o fuori, io le prendo al volo perché voglio farmi conoscere e voglio arrivare il più in alto possibile”.

Se ti chiedessi, su due piedi, alla fine della tua lunga carriera di dover allenare. Accetteresti?

“Sì, un giorno mi piacerebbe insegnare anche se andare all’angolo di un ragazzo che alleni e a cui vuoi bene non è per niente facile. È una cosa che si impara con l’esperienza, però sì mi piacerebbe farlo. Un giorno toccherà a qualcun altro portare avanti la Ruffini Team e se toccherà a me lo farò con estremo piacere”.

Ultima domanda: pensi che il pugilato abbia dei margini di crescita in termini di pubblico e soprattutto anche in termini di atleti che lo praticano?

“Negli ultimi anni è aumentato molto l’interesse verso questo sport e anche il numero di persone che lo praticano, soprattutto a livello amatoriale. Vengono coinvolte sempre più persone dai bambini ai più grandi. Molto spesso si organizzano criterium per i più piccoli e tornei gym boxe.

Grazie ai social media e ad alcuni personaggi pubblici, il pugilato ha un pubblico molto più ampio ed è solo un bene per noi. Abbiamo bisogno della gente che paghi il biglietto per venire a vederci”.