SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Martedì 21 marzo, in occasione della giornata mondiale della Poesia, ha debuttato al teatro Concordia di San Benedetto del Tronto lo spettacolo “Ardiente Paciencia – La mia vita con Pablo Neruda” a cura di VisionAria Associazione multiculturale, interpretato e cantato da Valentina Pacetti, su testi e musiche di Francesco Tranquilli. Abbiamo intervistato l’autore dello spettacolo, Francesco Tranquilli, e l’interprete, Valentina Pacetti.

“Come è nata l’idea di questo spettacolo?”

Francesco Tranquilli: “Nel luglio del 2020 io e Valentina abbiamo fatto la presentazione del libro di Roberto Ippolito “Delitto Neruda”, un’inchiesta sulla morte di Neruda in cui si paventava l’ipotesi che il poeta non fosse morto di morte naturale ma, come è stato poi dimostrato, in seguito a un’iniezione di botulino, di cui tra l’altro si parla anche nello spettacolo e di cui racconta anche Matilde Urrutia nella sua autobiografia. Già nel 2020, quindi, mi era venuta l’idea di approfondire la cosa e di prendere spunto per un eventuale spettacolo; nel corso degli anni poi l’idea è maturata e io, dopo aver letto tante biografie e consultato tanto materiale a riguardo, nel novembre nel 2022 ho iniziato a scrivere il copione di questo spettacolo che, un mese dopo, a dicembre, ho dato a Valentina. Mentre progettavamo questo monologo abbiamo anche pensato di arricchirlo inserendo delle musiche per bandoneón, che pur non essendo cileno è comunque uno strumento musicale sudamericano, cui ho pensato di aggiungere l’accordéon e la fisarmonica, che rappresentano rispettivamente le tre zone principali legate a Neruda e a Matilde: il Cile, Parigi, dove Matilde ha vissuto per tanti mesi, e Capri. Dopo aver scritto la canzone introduttiva, “Lamento”, invece di mettermi a cercare i vari brani, ho deciso di scrivere io tutta la musica, cosa che ho fatto anche con l’aiuto dell’arrangiatore Marco Primavera.

“Come è strutturato lo spettacolo?”

F.T.: “Lo spettacolo è ispirato all’autobiografia di Matilde ed è diviso in tre parti: la prima inizia con il colpo di stato e la morte di Neruda; la seconda, la più lunga, racconta la sua storia d’amore con Neruda, durata all’incirca dal ’50 al ’73, mentre nella terza parte Matilde, rimasta vedova, porta avanti nel Cile della dittatura il ricordo e la testimonianza di Pablo. Ho pensato di inserire anche delle canzoni in ogni parte di questo monologo perché Matilde Urrutia, prima di conoscere Neruda, faceva la cantante. In sostanza, si tratta della storia di una serie di rinascite di questa donna che è morta più volte e più volte ha ricominciato a vivere. Voglio aggiungere che, non dovendo andare io stesso in scena, ho visto questo monologo nascere e crescere e per me è stata come una lunga gestazione e poi un parto, ma senza dolore”.

“Come ti sei approcciata al personaggio di Matilde?”

Valentina Pacetti: “Ho innanzitutto studiato molto leggendo contemporaneamente sia il copione che la biografia di Matilde e, mentre leggevo il testo di Francesco, mi sono sentita emotivamente molto coinvolta non solo dal copione, che trovavo incantevole, ma anche dal personaggio di Matilde, di cui una cosa in particolare mi aveva colpito: che aveva, come diceva di lei Neruda, il cuore di terra, e io avevo sempre considerato la terra il mio elemento. Dopo il primo coinvolgimento emotivo, quando abbiamo cominciato a provarlo, mi sono sentita calata dentro il personaggio e mi sono trovata a mio agio perché sono riuscita a trovare dentro di me tutto quello che mi serviva per interpretarlo”.

“Quindi, non hai dovuto adottare nessun tipo di strategia interpretativa, ma ti è venuto tutto abbastanza naturale?”

V.P. “Sì, è venuto tutto naturalmente perché ho trovato dentro di me tante emozioni di cui aveva bisogno Matilde per parlare. Mentre mi muovevo tra gli oggetti di scena, mi sono sentita una specie di ragno che tesseva una tela e poi mi sono resa conto che Francesco aveva già visto il disegno della tela, mentre io ci ho messo un po’ di più, ma quando ho capito che cosa stava venendo fuori, ho sperato che, nel momento in cui l’avremmo portato in scena, anche il pubblico sarebbe riuscito a vedere quella specie di luce che si riflette sulle tele”.

“Quanto c’è di te nel personaggio di Matilde Urrutia?

V.P. “C’è tutto di me in questo personaggio: Matilde si considerava e voleva essere libera, ma a un certo punto si è sentita ancorata all’amore di un uomo e non se lo aspettava, però ha capito che le due cose potevano convivere.”

Potete ritenervi soddisfatti del risultato ottenuto?

V. P.: “Per me è stata un’impresa che non avevo mai affrontato prima perché non avevo mai tenuto la scena da sola per così tanto tempo, quindi una prova sia a livello emotivo che fisico molto impegnativa. Inoltre, il tempo che abbiamo avuto a disposizione per realizzarlo è stato abbastanza breve anche se, d’altro canto, ero da sola in scena, quindi ho avuto una maggiore possibilità di concentrarmi. Un’altra cosa che mi ha aiutato è stato il fatto di aver potuto provare nello stesso teatro in cui lo spettacolo è andato in scena.”

F.T.: “Io per natura non sono mai soddisfatto di quello che faccio. La mia prima regia teatrale è del 1990 e, dopo tutti questi anni, posso finalmente dire che questa è la prima volta in cui mi sento completamente soddisfatto del risultato. Di più, orgoglioso.”

Avete altre date in programma per lo spettacolo?”

F. T.: “Contiamo di portare lo spettacolo in giro per la regione e per l’Italia; al momento, però, la prossima data certa è il 23 settembre al Teatro delle Energie di Grottammare.”