LA PROTESTA PREMIA – Le elezioni di ieri hanno dimostrato per l’ennesima volta che nulla è cambiato nella testa degli italiani. Una realtà che dimostra quanto male abbiano fatto gli ultimi governi, un incredibile decrescendo dagli anni settanta ad oggi.

La classe politica uscita dalla Seconda Guerra Mondiale (speriamo l’ultima anche se i segnali di una terza non ci lasciano tranquilli) è pian piano degenerata fino all’intervento di Mani Pulite che ha messo lo stop ai grandi imbrogli di chi si era approfittato del potere per crearsi imperi personali con i soldi del popolo.

Da quel momento, invece di far tesoro degli errori del passato, è iniziata una protesta (sempre giusta secondo me) che è diventata l’arma vincente per tutte le competizioni elettorali fino a ieri.

Iniziò Silvio Berlusconi nei primi anni novanta promettendo mare e monti che equivalevano a sparare sulla Croce Rossa, dopo quello che era successo con i vari Craxi, Forlani, Andreotti eccetera. L’ex premier, con un’Italia gravata dai debiti accumulati in precedenza, per i motivi che ho detto sopra, invece di predicare umiltà e provare a risollevarla con intelligenza (che a lui non manca e nemmeno alla maggioranza dei miei connazionali), onestà, fermezza e spirito comunitario, diventò sempre più egoista e più  interessata ai lauti stipendi dei parlamentari, dimenticando che per gestire una Nazione serve tanta materia grigia aggiunta a cambiamenti, per l’Italia diventati necessariamente epocali.

Proseguì Matteo Renzi, dopo che l’epoca di Berlusca era finita in governi tecnici, sicuramente migliori (o meno peggiori) ma non scelti dal popolo che dovrebbe essere l’elemento essenziale in ogni vera democrazia. Renzi colpì per la sua voglia di rinnovamento e quindi di contestazione facile-facile a quanto stava accadendo. A qualche ‘ritocco’ vero e necessario fecero però contrasto presunti scheletri nell’armadio e la presupponenza tipica toscana che lo relegarono ad un ruolo marginale da quale si sta affannando inutilmente per uscirne fuori: sbagliata per Calenda ma anche per Renzi stesso un’alleanza che è servita soltanto a farli restare parlamentari. Il movimento La Nuova Destra sbagliò clamorosamente quando continuò ad appoggiare Calenda  nel momento in cui preferì la porta larga (restare onorevoli) a quella stretta: iniziare una protesta che probabilmente nei prossimi anni avrebbe emulato chi aveva usato la stessa strategia… vincente.

Nel 2010 fu la volta di Beppe Grillo che provò, riuscendoci, a ribaltare l’Italia con proclami che personalmente apprezzai moltissimo perché la sua protesta era mirata più a cambiare l’uomo (accecato da stipendi faraonici) e a togliere al politico di turno quell’aurea di superiorità che esiste solo in Italia, ritenendo che un un deputato, un senatore, un ministro era uomini che non dovevano avere privilegi ma considerati persone normali come tutto il popolo. Persone con voglia di “sacrificarsi” per il popolo che lo ha delegato a rappresentarlo. È successo che, invece di ringraziarlo perché molti di loro senza Grillo starebbero ancora a fare le commesse o a fare lavori umili, comunque apprezzabili. Raggiunto lo scopo in molti di loro è prevalsa l’ingordigia di arrivare a stipendi (immeritatissimi) semplicemente rinnegando chi in Parlamento o in Senato li aveva ‘sistemati’. Una vergogna che ieri hanno pagato, soltanto in parte perché in molti non hanno visto in Giuseppe Conte il proseguo di chi li aveva traditi e/o perché l’ex premier ha continuato a spingere sul Reddito di cittadinanza.

Dulcis in fundo Giorgia Meloni che, a conferma del motivo principale che ha ispirato questo mio DisAppunto, ha usato la strategia del dissenso per arrivare a dove è arrivata ieri, approfittandosi del fatto che una coalizione appoggiata a Draghi non poteva fare miracoli in così breve tempo per cui il suo isolamento, sulla scia di Berlusconi, Renzi e Grillo, non poteva che risultare vincente.

Auguro alla probabilissima nuova premier di realizzare tutti i suoi buoni propositi che, secondo me, troveranno più ostacoli dalla sua coalizione che in Letta e Conte in particolare. Specialmente se penserà di ottenere più potere, ‘regalando’ poltrone a Lega e Forza Italia e/o affidandosi a ministri “dilettanti” che non la contrastino più di tanto.

Chiarisco il mio ultimo concetto con un esempio calcistico: un allenatore inizia la fase discendente quando ritiene che sia più importante e decisivo lui che i calciatori.