LA STORIA  È STORIA. Quale momento migliore per parlare della storia della Sambenedettese. E quindi perché è così famosa in Italia nel calcio professionistico. Del resto oggi parlare della nostra beneamata, tra bufale, smentite, futuro sconosciuto eccetera, è veramente inutile.

Per quanto riguarda la campagna acquisti e cessioni, da una vita, noi riteniamo che la cosa migliore sia quella di sapere dalla società (tramite interviste) le trattative in corso e non da procuratori interessati a far girare i nomi dei propri assistiti, tramite giornali che hanno interesse anch’essi a farlo, non curandosi della confusione che creano tra i lettori.

Ma passiamo alla storia che è meglio. Basterebbero le due foto che pubblico in primo piano per capire la mia premessa. Riguardano i campionati di serie A e B 1958/59 ma anche quelli tra il 1956 e 1962 sono sulla stessa falsariga.

Controllateli. Sono gli anni nei quali la Sambenedettese veniva considerata un fenomeno calcistico italiano, la società pioniera dell’Italia centrale. Sfido chiunque a contraddirmi.

Possiamo definirla l’anticipo di quelle che saranno in seguito due miracoli, il Chievo (un quartiere di Verona) e il Sassuolo (una città di 30 mila abitanti). Con la differenza che lì sono partiti dagli ‘schei’ dei panettoni Paluani e del cemento Mapei, la Samb dai sudori del proprio popolo, pescatori in primis.

Guardando il quadro della serie B, mi viene in mente la rabbia delle società nordiste che con l’ingresso della Samb nel calcio professionistico, dovevano sobbarcarsi per la prima volta viaggi in pullman o in treno di almeno sei ore: con le strade e le ferrovie di quei tempi, tanto era. Nel sud invece c’erano grandi città raggiungibili facilmente in aereo. Anche per quelle di serie A, in Coppa Italia, raggiungere San Benedetto del Tronto era quasi un ostacolo prima sconosciuto.

Ricordo che nel 1961 la Juventus, che aveva giocato la domenica a Bari in campionato, dovendo fare gli ottavi di Coppa con la Samb il mercoledì seguente, non tornò a Torino ma fece tappa a San Benedetto. Per la gioia di Omar Sivori che ritrovava il campo in terra battuta come quelli che praticava in Argentina. Fu una sua dichiarazione.

Un ricordo sicuramente nostalgico per quelli come me ma può essere utile per ricordare ai ladroni che hanno fatto scivolare più volte la Samb tra i dilettanti, il gravissimo danno che hanno fatto ad un’intera popolazione, tra Umbria, Marche e Abruzzo. Sportivi che per più di un lustro erano abituati a vedere il calcio vero nelle loro vicinanze, in quei 100 metri per 60 rappresentati dal mitico stadio campo sportivo “F.lli Ballarin”.

PS Un mio amico sambenedettese, al quale ho mostrato la foto tratta da Vikipedia, mi ha confessato che si è commosso quasi ad arrivare al pianto