TERAMO – Di seguito un comunicato stampa, diffuso l’11 giugno, dalla Provincia di Teramo.

La Corte di Cassazione, prima sezione civile, con la sentenza 16395/2021, depositata ieri, ha rigettato il ricorso presentato dalla società Strada dei Parchi e ad adiuvandum dall’Associazione italiana delle concessionarie autostradali (Aiscat) contro la Provincia di Teramo.

Questa Provincia, fra i primi enti locali in Italia, a far data dal 2007, ha richiesto sia a Strada dei Parchi, per la A/24, sia ad Autostrade per l’Italia, per la A/14, il pagamento del canone Cosap per l’occupazione degli spazi soprastanti le strade provincial mediante i viadotti autostradali e tale pretesa è stata contestata da ambedue le concessionarie, che si sono sempre opposte alle sentenze di merito favorevoli alle tesi dell’Ente, frattanto pronunciate sia dal Tribunale di Teramo che dalla Corte d’appello de L’Aquila.

Ieri, la Cassazione, nel giudicare il ricorso di Strada dei Parchi ha ritenuto che “assumono decisivo rilievo e prevalenza …l’attività di gestione economica e funzionale del bene, effettuata dalla società concessionaria..e le finalità lucrative proprie dell’attività d’impresa..con l’effetto di escludere l’estensione dell’esenzione”, prevista per lo Stato, “alle occupazioni connesse e conseguenti a tali attività..”

Già la Corte di Appello de L’Aquila, con la sentenza 1156/2014 oggetto del ricorso,  aveva rimarcato che la società concessionaria gestisce l’infrastruttura con l’assunzione del rischio di impresa, traendone utilità economiche rilevanti e che il contrattto viene stipulato fra Anas e società concessionaria (e non quindi con lo Stato).

Secondo la Suprema Corte la decisione della Corte di appello de L’Aquila: ” è immune da vizi laddove ha ravvisato il presupposto soggettivo passivo dell’obbligazione nell’occupazione di fatto realizzata dalla società, concessionaria per la gestione dell’infrastruttura autostradale per un lungo periodo di tempo, destinata a ritrarre dalla gestione un proprio utile economico (…), con effetto di escludere,  alla luce dei ricordati principi l’applicabilità dell’esenzione prevista in favore dello Stato” (…).

Afferma la Cassazione, in particolare, che l’occupazione risulta essere “abusiva“, in quanto “attuata in assenza di titolo concessorio della Provincia” e “a nulla rileva che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da una persona giuridica che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni……Ben può essere condivisa, quindi, l’affermazione della Corte di appello secondo la quale l’obbligazione di pagamento del canone grava solo sul soggetto che occupa lo spazio pubblico in modo abusivo e di fatto, per avvalersene ai fini dell’attività d’impresa svolta”.

Tutta la materia è stata oggetto di studi e approfondimenti da parte dell’Avvocatura dell’ente diretta da Antonio Zecchino, il quale ha rappresentato la Provincia nei vari gradi di giudizio e che in Cassazione è stato coadiuvato dal professore Vincenzo Cerulli Irelli .

“La prova che non esistono colossi intoccabili se si sta dalla parte dei cittadini e che vale sempre la pena di fare una battaglia se questa persegue il bene pubblico. Devo ringraziare l’avvocato Antonio Zecchino che in questi anni non ha mai arretrato conducendo studi e approfondimenti su una materia che non è di facile composizione – commenta il presidente della Provincia Diego Di Bonaventura – Una vicenda, questa,  che attraversa tre consigliature, una scelta confermata da tre presidenti a partire dal compianto Valter Catarra, e che idealmente arriva a me, quasi come un lascito benefico, in un momento nel quale noi enti locali ci troviamo sempre più spesso ad affrontare in maniera critica il rapporto con le società autostradali e a contestare molti aspetti dei contratti concessori a causa degli evidenti disservizi per i cittadini e il territorio: basta dare un’occhiata alle lunghe file sull’autostrada A/14, non proprio un simbolo positivo dell’Italia che riparte” .