DIRITTI AL PUNTO – UNA RUBRICA DELL’AVVOCATO ANDREA BROGLIA

A tale quesito ha risposto la Corte di Cassazione Penale con la sentenza n. 8986/2020.

Un cittadino extracomunitario si rendeva responsabile dei reati di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate nei confronti della compagna.

Nel corso del giudizio penale, l’imputato si difendeva sostenendo che si sarebbe dovuto dare rilievo alle particolari connotazioni culturali e religiose caratteristiche del proprio paese d’origine chiedendo quindi che il Giudice “giustificasse” tali condotte.

La Corte di Cassazione ha respinto con fermezza le tesi sostenute dall’imputato.

Non si può riconoscere una posizione di buona fede in chi, trasferitosi in un Paese diverso, con cultura e costumi diversi dai propri, presume di aver un diritto, non riconosciuto da nessuna norma di diritto internazionale, di proseguire in condotte che, seppur ritenute culturalmente accettabili nel Paese di provenienza, risultino oggettivamente incompatibili con le regole proprie della compagine sociale in cui ha scelto di vivere.

Sulla scorta di tali argomentazioni la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente alle spese.

 

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