SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Terza ondata. Attesa e temuta, purtroppo marzo 2021 si apre come il marzo 2020: piena pandemia Covid-19. Ma se dodici mesi fa il numero dei contagi era limitato ad alcune zone d’Italia (Lombardia, Emilia-Romagna, qualche zona del Veneto e del Piemonte, la provincia di Pesaro), oggi il virus corre ovunque, e regioni che allora rimasero sostanzialmente immuni come Basilicata e Molise, oggi sono in zona rossa.

Durante l’estate 2020, in attesa della seconda ondata – che pur si sperava di evitare almeno nel modo rapido con cui si è manifestata ad ottobre – si erano predisposti protocolli di gestione della pandemia che vertevano sul distanziamento sociale e nel tracciamento rapido dei casi.

Se un soggetto fosse risultato positivo, tutta la catena dei propri contatti stretti sarebbe stata sottoposta a tampone nel più breve tempo possibile.

Purtroppo ad ottobre constatammo che il tracciamento veloce era già saltato.

Tamponi e tracciamento, “sistema” saltato? Covid-19 più veloce, i protocolli così non reggono

Oggi occorre ribadire che nuovamente il sistema di tracciamento non riesce a gestire l’elevato numero di contagi giornalieri, che nelle Marche hanno toccato il record assoluto dall’inizio dell’epidemia (919). Questione di risorse umane, di impossibilità ad analizzare centinaia o migliaia di persone al giorno, nonostante lo sforzo profuso.

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Dunque, ad esempio nelle scuole, se un alunno ravvisa sintomi quali febbre o raffreddore poniamo oggi, giovedì 4 marzo, il sistema sanitario lo sottoporrà a tampone forse mercoledì 10 o giovedì 11 marzo. Anche se andrà in quarantena volontaria, i compagni di classe e gli insegnanti non avranno modo di sapere se sono entrati in contatto con un soggetto positivo o meno. E, costretti a lavorare o ad andare a scuola, rischiano di essere soggetti portatori di virus prima ancora che si manifestino gli eventuali sintomi.

In questa situazione i numeri rischiano di crescere in via esponenziale.